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Storia delle bombe atomiche

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Abstract

La storia delle bombe atomiche e dei test nucleari merita di essere considerata a parte rispetto alla guerra fredda, se non altro perché essa continua a proseguire nonostante la fine del conflitto USA-URSS. Inoltre, la storia delle bombe atomiche merita di essere considerata a parte perché è necessario confrontarsi direttamente rispetto al problema della coscienza atomica di bobbiana memoria: comprendere la natura, la storia e i problemi delle armi atomiche dovrebbe essere un impegno civile di ogni singolo responsabile all’interno della nostra incerta contemporaneità. La cui incertezza è determinata almeno in parte proprio dalle armi strategiche.


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La storia delle bombe atomiche come tema in sé è interessante per almeno tre ragioni, di cui due intimamente connesse: la storia delle armi atomiche mostra la grandezza e la bassezza della natura umana applicata agli affari strategici, allo stesso tempo il corso storico delle armi strategiche consente di vedere l’evoluzione degli affari internazionale dai tempi della guerra fredda ai giorni nostri. In particolare, esse mostrano una delle nervature su cui si è evoluto il conflitto freddo tra USA e URSS tra il 1945 e il 1991. Per tale ragione non considereremo la genesi della prima bomba atomica ma partiremo direttamente dal 1945 non solo perché è l’anno in cui la prima bomba venne sganciata su Hiroshima, ed è anche l’unica volta in cui un ordigno nucleare è stato effettivamente impiegato in guerra, ma è anche l’anno in cui gran parte della posta dei vari ministeri della difesa tra le due cortine si gioca anche e in modo determinante sull’arma atomica.

Le vaste ricerche sul come sfruttare la fissione atomica a scopi militari è stata pianificata da almeno tre paesi: USA, Gran Bretagna e Germania. E’ ormai noto come la Germania nazista stesse lavorando al progetto della produzione di un’arma nucleare in cui partecipò anche uno dei massimi fisici del XX secolo, Werner Heisemberg.[1] Anche in Gran Bretagna si portavano avanti seri studi sull’atomo, ma viste le difficoltà (probabilmente), il progetto UK venne parzialmente trasferito e inglobato in quello americano (il progetto Manhattan) e d’altra parte gli USA e GB mantennero, come vedremo, uno scambio di studi e informazioni sull’atomo. Il progetto Manhattan, in cui confluirono i massimi scienziati americani ed europei espatriati e parte delle ricerche portate avanti in Gran Bretagna, riuscì per primo nell’intento di produrre energia dalla fissione dell’atomo e, successivamente, produsse i primi ordigni nucleari, di cui il primo test fu nel poligono militare di Alamogordo nel deserto di Jordana nel New Messico il 16 luglio del 1945. Le prime due bombe atomiche furono fatte detonare sul Giappone nell’agosto del 1945.

E’ controverso il motivo per cui gli Stati Uniti decisero di usare l’arma atomica. Una delle giustificazioni consisteva nel fatto che il Giappone avrebbe protratto la guerra ancora per diversi anni (avendo mantenuta ancora in gran parte intatta la sua forza produttiva) a discapito delle forze americane, che avrebbero avuto un carico di morti inaccettabile. D’altra parte, questa è una tesi difficilmente sostenibile per diverse ragioni. In primo luogo, è accertato che Stalin chiese l’appoggio USA per invadere il Giappone.[2] In secondo luogo, dopo che le forze dell’asse erano state definitivamente battute in Europa e la Germania nazista in particolare, rimaneva il solo Giappone da battere per le potenze alleate, costituite dalla coalizione dei tre stati militarmente più equipaggiati, USA, URSS, GB. La motivazione più plausibile è da guardare nelle ragioni di politica estera americana a breve e lungo termine.

Con la Cina ancora divisa nella lotta fratricida tra Koumintern e Partito Comunista, conquistata dal Giappone imperiale, ridotta all’isolamento dalle potenze europee, non rimaneva che il solo paese del sol levante a frenare il controllo del Pacifico da parte degli USA. Inoltre, gli USA e la Gran Bretagna avevano dovuto fare di necessità virtù nel trovare nell’ingombrante URSS un alleato indispensabile per vincere la guerra contro la macchina da guerra nazista, dal 1943, probabilmente sin dopo gli accordi di Postdam, tanto gli USA quanto la GB si ritrovarono unite nella consapevolezza che l’URSS si sarebbe imposta come potenza mondiale, il cui arsenale militare sarebbe stato difficilmente contenibile. Gli USA, dunque, avevano una duplice forte ragione per impiegare il suo neonato arsenale nucleare: eliminare per primo il Giappone dallo scacchiere politico e militare (effettivamente abbreviando i tempi di chiusura della guerra) e mostrare all’URSS che l’arma atomica esisteva, poteva essere usata ed era stata effettivamente impiegata. Va detto, comunque, che nessuno ancora aveva ben chiari i risultati a lungo termine della produzione di radiazione nucleare, il che non significa invocare una difesa morale per l’uso degli ordigni nucleari. Semplicemente, però, è importante saperlo: ancora oggi vengono effettuati studi sugli effetti a lungo termine delle radiazioni nucleari, di cui comunque non c’è una conoscenza esaustiva.

Sin dal suo primo apparire, l’arma atomica si mostra nella sua duplice veste: elemento visibile di intenzioni e elemento deterrente di portata strategica. Con “portata strategica” vorremmo intendere genericamente il fatto che esiste qualcosa che influisce sulle decisioni a lungo termine nella pianificazione della politica estera di un paese. E’ evidente, dunque, che possedere un’arma atomica costituisce un pesante elemento nella bilancia su cui i ministeri degli esteri e della difesa devono inevitabilmente fare i conti. Già questo spiega perché tutti i paesi che hanno avuto ambizioni globali si sono presto o tardi muniti di armi atomiche, e sono ancora a tutt’oggi i principali attori politici nell’agone internazionale: USA, URSS, GB, Francia, Israele, India, Cina e altre potenze minori le cui ragioni sono da trovare nel contesto specifico della regione in cui risiedono (come la Corea del Nord).

Dopo la detonazione delle due bombe A su Hiroshima e Nagasaki, le bombe che sono poi la base per la formazione degli ordigni più potenti, gli studi sull’atomo proseguirono e nel 1946 vengono fatte detonare le prime due bombe atomiche all’idrogeno, le bombe H (per via del simbolo atomico dell’idrogeno sulla tavola periodica). Le due bombe vengono fatte esplodere sotto l’acqua e vennero osservate da 42.000 persone. Mezzo miglio di acqua si innalza imponente determinando un semidisastro ambientale.

Gli USA erano convinti probabilmente di poter mantenere intatta la propria supremazia in termini di studi e armamenti di base atomica. Tuttavia Stalin si rese immediatamente conto di quanto potesse pesare il ruolo dell’arma atomica (per questo detta anche “arma strategica”, non senza un certo senso del pudore) sicché avviò un progetto di ricerca per produrre il primo ordigno nucleare sovietico. Il progetto fu guidato da Igor Kurchatov nell’area sovietica segreta nota come Artamas-16. Dopo l’esplosione delle due bombe atomiche l’URSS accelerò gli studi per la produzione della propria arma strategica, cosa che avvenne il 29 agosto del 1949. Joe-1 (tutte le armi vengono catalogate dagli americani e il nome Joe-1 per l’arma sovietica è chiaramente stata data dagli USA) venne fatta detonare e la sua potenza era di 22 kilotoni.

Un aereo da ricognizione americano appositamente munito di rilevatori sensibili alle possibili informazioni che potessero segnalare l’esplosione di ordigni nucleari rilevò tracce di radioattività. Nonostante lo sconcerto di Truman e dei quadri americani, venne accettata l’idea che l’URSS disponesse di armi atomiche. E da questo primo avvio si genera una delle tipiche manovre che si avranno più volte nel corso del confronto atomico a distanza nella guerra fredda tra URSS e USA: gli USA, per rispondere all’arma sovietica, accelerano le ricerche per lo sviluppo della bomba all’idrogeno, ancora rimasta a livello di studio.

Prima di procedere nella nostra disamina non sarà fuori luogo fare alcune osservazioni che spesso passano inosservate ai non esperti nel campo e che, invece, gli esperti danno per scontato. In primo luogo, un’arma atomica non nasce come arma, ma come detonazione sperimentale di materiale che produce energia attraverso la fissione di atomo più eventuali altre catene che possono poi produrre esplosioni ancora più potenti: la bomba H richiede l’esplosione preliminare di un ordigno di tipo A. In altre parole, una cosa è produrre dell’esplosivo, un’altra cosa è produrre un mezzo in grado di usare quello stesso esplosivo come un’arma. Per intenderci, senza pretesa di precisione, un sistema d’arma è quello che complessivamente riesce a trasportare, dislocare e far detonare un certo materiale esplosivo di natura atomica. Dunque, bisogna sapere che non tutti i test nucleari, comprese esplosioni di grande magnitudine, sono state apportati per mezzo di strumenti d’arma, ma semplicemente come test sperimentali organizzati per produrre energia rilasciata dall’atomo.

Test nucleari a scopo sperimentale (come quasi tutti) sono stati eseguiti in tutte le superfici possibili nella Terra (non mi risultano test atomici nello spazio): area, acqua, terra e alta atmosfera. Questa informazione anch’essa di una certa importanza perché si può comprendere meglio il motivo per cui alcuni trattati impongano la cessazione dell’uso di armi o test nucleari in ogni superficie, laddove normalmente si potrebbe credere si tratti solo di terra (magari in superficie) o acqua. In realtà, appunto, sono stati effettuati test nucleari sia sottoterra, sia sott’acqua, che in atmosfera e in alta atmosfera.

Un ordigno nucleare può essere utilizzato sostanzialmente attraverso tre sistemi: sistema di sganciamento mediante bombardiere nucleare, sistema di lancio di un missile con testata nucleare, sottomarino appositamente studiato per lanciare un missile con testata nucleare. Quando si è reso necessario per ragioni politiche (che vedremo) aumentare la potenza dell’arsenale atomico senza aumentare il numero di vettori totali, la soluzione è stata quella di avere missili con testate multiple. Con queste informazioni in mente, possiamo ora tornare alla storia delle bombe atomiche.

Successivamente all’esplosione della bomba atomica sovietica, gli americani si apprestarono a rafforzare il loro arsenale nucleare.

Tuttavia, se già durante l’elaborazione del progetto Manhattan incominciava a serpeggiare qualche dubbio sulla stessa liceità morale dell’esistenza di ordigni atomici, con la fine della seconda guerra mondiale e con l’avvio della guerra fredda diversi fisici non riconobbero più alcun senso nella ricerca e nello sviluppo di armi atomiche ancora più potenti. Robert Teller supervisiona le ricerche nello sviluppo della bomba all’idrogeno USA, nonostante un gruppo di scienziati influenti (Oppenheimer, Fermi, Rabi…) si rifiuti esplicitamente di condurre ulteriori esperimenti. Oppenheimer fu anche oggetto di attacchi personali a seguito del suo crescente distacco dalla politica americana, ormai impelagata all’interno di una visione politica sempre più a somma zero nel conflitto freddo con l’URSS.

Nel 1950 Truman annuncia la produzione della prima bomba all’idrogeno. Il primo novembre del 1952 nell’atollo di Enewetak nelle isole Marshall viene fatta detonare la prima bomba H della storia. L’esperimento fu molto complesso e non si trattava di un ordigno nucleare. Furono contaminate da radiazioni persone che vivevano ad oltre 300 km di distanza e la stessa sorte toccò ad alcuni pescatori giapponesi che morirono di tumore pochi giorni dopo. Nonostante il governo americano non si accolli eventuali colpe, risarcì le famiglie dei deceduti.

Trascinati nella logica di potenza e di deterrenza, l’URSS procedeva spedita in esperimenti che potessero darle un arsenale atomico equivalente, e possibilmente più efficace, degli USA. La logica dell’escalation nell’armamento atomico aveva ormai imposto che per ogni azione diretta o indiretta di uno dei due contendenti, l’altro dovesse in qualche modo replicare. Il risultato fu una crescente sensazione di instabilità reciproca, in cui nessuno dei due paesi riusciva a riconoscere l’altro nelle sue legittime rivendicazioni. Come nella logica di escalation proposta da Clausewitz (1837) il conflitto si avviava verso la formazione di arsenali sempre maggiori, proprio perché nella logica pura della guerra si vuole che al crescere di una delle parti, debbano crescere tutte le altre per imporre uno stato virtuale di parità. Ma alla fine, paradossalmente nell’ottica clausewitziana, USA e URSS tenteranno più e più volte di trovare accordi e mediazioni per interrompere il perverso circolo vizioso.

Il 12 agosto del 1953 i sovietici effettuano il primo test della loro bomba termonucleare.

Il gruppo di ricerca era guidato da Andrei Sacharov, che poi diventerà pacifista (come altri scienziati anche Sacharov dal principio collabora con il progetto atomico della propria nazione, fino a quando non realizza gli effetti di tale attività di ricerca). Il 22 novembre del 1955 i sovietici realizzano la loro prima bomba H. Nel 23 ottobre del 1961 realizzano la prima bomba all’idrogeno con una potenza di 68 megatoni. In questa sede, non è secondario osservare che spesso riportiamo i dati della potenza delle bombe fatte detonare e anche ordigni dello stesso tipo hanno potenze diverse. Questo vale soprattutto per le bombe H, le quali consentono di creare reazioni a catena sempre maggiori, il cui limite è imposto dalle capacità di avere più materiale fissile all’interno della stessa bomba. Noi non siamo in grado di riportare i dettagli del fenomeno, ma il principio è quello di una reazione a catena innescata da una bomba A. Per questa ragione non c’è un limite a priori per la potenza di una bomba H, ma è determinata solamente dai limiti di materiale.

Nel 1953 viene scoperta una talpa all’interno del sistema scientifico americano. Fuchs era il responsabile della fuga di informazioni dalle ricerche atomiche americane a quelle sovietiche. Fuchs venne imprigionato per sette anni, poi emigra nella Germania Est e viene insignito della carica di deputato. Morirà nel 1988. Il caso Fuchs gettò molte ombre all’interno dei servizi segreti USA.

Una volta che la nuclear bickmanship (la politica di scommessa sullo sfruttamento delle armi strategiche) prese piede nei rapporti internazionali tra le due superpotenze, anche altri attori politici di primo piano si resero presto conto dell’importanza politica e strategica delle armi nucleari. In particolare, la Gran Bretagna e la Francia avviarono ricerche sistematiche per la produzione di armi atomiche appena furono in grado. I due principali imperi coloniali del XIX e metà XX secolo si ritrovarono nel giro di trent’anni da attori politici planetari a potenze internazionali in declino. Ciò nonostante, però, attuarono politiche aggressive, prima per mantenere i possessi coloniali e poi per rimanere all’interno delle principali forze politiche a livello internazionale. Già durante gli anni predenti alla seconda guerra mondiale si parlava di un possibile (per alcuni ineluttabile) declino delle potenze europee, ma solo dopo la disastrosa seconda guerra mondiale si ebbe la definitiva fase reclinante delle potenze imperiali che avevano fatto la storia del globo dal XVIII secolo alla prima metà del XX secolo.

La GB fu la prima delle potenze europee a conseguire con successo esperimenti sull’atomo e, poi, a dotarsi di un’arma atomica. Come abbiamo visto, infatti, la GB fu tra i primi stati ad aver avviato serie ricerche sull’energia nucleare. Il 3 luglio del 1948 la Gran Bretagna produce il primo reattore nucleare. L’8 ottobre 1952 avviene la prima esplosione di un ordigno nucleare GB. Nel 1957 viene fatta esplodere la prima bomba H inglese, fortemente voluta da Churchill. Dalla seconda metà degli anni ’50 del XX secolo gli USA e la GB avvieranno un programma di studi e scambi di ricerche congiunti sull’energia e armamenti nucleari.

La Francia, che aveva avuto contraccolpi più importanti sia rispetto alla seconda guerra mondiale che alle varie guerre di decolonizzazione (Indocina e Algeria), priva di un retroterra scientifico sufficiente (le prime potenze che si dotarono di arsenale atomico erano quelle che avevano già avviato proficui studi durante la seconda guerra mondiale), raggiunse la produzione di armi atomiche successivamente alle altre tre potenze globali: il 13 febbraio del 1960 la Francia guidata da De Gaulle fa esplodere il suo primo ordigno nucleare. Il 24 agosto del 1968 avviene la prima detonazione sulla base dell’idrogeno.

Già da quanto detto si può capire la logica politica che i vari governi delle potenze affermate o emergenti mantennero durante il primo periodo della guerra fredda, almeno per quanto riguarda lo sviluppo delle armi atomiche. Era evidente, infatti, che disporre delle armi strategiche conferiva prestigio scientifico, forza politica e credibilità militare. Per tale ragione, dunque, gli stati che si sentivano sotto minaccia si sforzarono di sviluppare arsenali nucleari. Se gli USA avviarono proficui scambi scientifici e rafforzarono la relazione con la GB, l’URSS intraprese una strada simile con la Cina di Mao, unificata dal partito comunista cinese nel 1949. Con la guerra di Corea (1951-1953) si ebbe un massiccio riarmo generale e uno scontro a viso aperto tra la coalizione dell’ONU (guidata principalmente dagli USA) e le forze comuniste della Corea del nord, supportate dalla Cina e, in via meno diretta, dall’URSS. Durante la guerra di Corea il generale Mc Arthur richiese al governo Truman la possibilità di utilizzare ordigni nucleari in Manciuria, per sconfessare definitivamente la minaccia cinese. Truman, nonostante il suo anticomunismo radicale, si oppose decisamente all’impiego di armi atomiche e dispose di sostituire Mc Arthur. La Cina lasciò sul campo tre milioni di propri uomini e per acquisire sempre maggiore peso sul piano internazionale firmò un trattato con l’URSS per l’assistenza di programmi di armamento nucleare in cambio di uranio grezzo.

Nonostante le varie situazioni di instabilità cino-sovietiche (1950-1960), il difficile rapporto tra Mao e Stalin, acuito dalla reciproca volontà di essere la guida del comunismo globale, la Cina si dotò della prima bomba: il 16 ottobre del 1964 avvenne il primo test nucleare cinese. Dopo soli 32 mesi la Cina predispone e attua il primo esperimento sulla bomba H. Non si conosce di preciso la dimensione degli arsenali nucleari cinesi, ma la Cina, oltre ad essere un paese la cui potenza economica è ormai una realtà, rimane una delle potenze in continua ascesa anche sul piano politico. Inoltre, è una delle poche potenze militari a livello planetario a disporre di un arsenale atomico consistente.

Dopo la morte di Stalin e la successiva guerra intestina per la conquista del potere, i leader dell’URSS furono tentati da due alternative strategie opposte: (1) sfruttare per quanto possibile gli arsenali atomici a livello politico e strategico, (2) proporre una politica di distensione generale iniziando da un parziale accordo sulla gestione delle armi atomiche (dallo smantellamento al reciproco controllo). Nel 1958 venne firmato il primo trattato sulle armi atomiche, era il Limited Test Ban Treaty (LTBT). Tuttavia, la diffidenza reciproca e le continue tensioni tra le due superpotenze portarono ad una logica perversa in cui si continuavano a studiare e predisporre sistemi per produrre nuove armi, cosicché se una delle due parti sospendeva il trattato, subito anche la seconda rispondeva con nuovi test o produzione di nuove armi atomiche di consolidata tipologia. Nel 1961, alla vigilia della crisi di Cuba, l’URSS sospende la propria adesione al LTBT e due mesi dopo gli USA rispondono predisponendo test su armi atomiche. Nel 1963 113 paesi aderiscono al trattato di non proliferazione delle armi atomiche. Il LTBT è il primo di una serie di trattati che variamente tentarono di limitare la proliferazione delle armi atomiche anche a potenze regionali, ma soprattutto tentavano di porre un limite alle due superpotenze in continua lotta nel pieno della guerra fredda.

Nel 1962-1963 la crisi cubana determina un generale stato di allerta tra gli USA e l’URSS. Sebbene sia ben noto che l’Unione Sovietica fu costretta a ritirarsi da Cuba, in cui comunque avevano costruito delle basi missilistiche operative, l’USA dovette concedere di ritirare le sue basi dalla Turchia, la quale aveva immediatamente accettato di entrare nel patto atlantico per paura di un’imminente invasione dell’URSS nell’immediato e problematico periodo di fine seconda guerra mondiale (1945-1948).[3]

Dopo il fallimento nella crisi cubana, la mai interrotta guerra per la leadership in URSS condusse alla rimozione di Khrushchev al potere. Brezhnev, considerato un uomo semplice e dotato di una sua popolarità interna all’URSS, fu decisamente influenzato dalla sua infanzia al rifiuto della guerra e al confronto su basi puramente militari. A quanto pare fu il padre a segnare la strada del giovane Brezhnev in tal senso, laddove la generazione del padre di Brezhnev conobbe gli orrori della prima guerra mondiale, della guerra civile e Brezhnev della seconda guerra mondiale. Era ben chiaro all’establishment dell’URSS dopo la seconda guerra mondiale che una terza guerra totale sarebbe stata inaccettabile, a qualsiasi costo. Questo era già chiaro sia a Stalin che a Khrushchev, ma allo stesso tempo era consapevolezza comune che non si sarebbe potuta raggiungere una pace stabile e duratura senza la possibilità di gestire il difficile rapporto con le altre potenze vincitrici, tanto più che il confronto politico e la diffidenza reciproca impostata da Truman-Churchill subito dopo la seconda guerra mondiale rese un già paranoico Stalin poco incline a ragionare in termini di un’immediata distensione. Per tale ragione, anche storicamente fondata, tutti i capi dell’URSS furono continuamente combattuti tra un principio di distensione e di pacificazione nelle relazioni internazionali e, allo stesso tempo, un controllo diretto e indiretto di aree il cui controllo era avvertito come strategico.

Nel 1970 i sovietici svilupparono armi atomiche tattiche in grado di colpire l’Europa occidentale. Gli Stati Uniti replicarono con il piazzamento di missili Pershing II per creare la deterrenza.

Nel 1972 Nixon e Brezhnev firmano il Strategic Arm Limitation Treaty (SALT I) come base per un accordo di distensione. Sebbene le intenzioni delle due superpotenze tendessero ad avvicinarsi per trovare un accordo, rimane il fatto che non c’è alcuna regola che possa eliminare la possibilità di essere raggirata, almeno nelle giuste circostanze. In questo senso, si spiega perché gli uomini richiedano spesso agli altri di più che la semplice adesione ad un vincolo: vogliono anche l’assicurazione della buona intenzione. Questo perché solo così è possibile eliminare ogni possibile minaccia indiretta tramite lo sfruttamento a proprio vantaggio delle regole. Nel 1972 le due superpotenze erano ancora troppo invischiate nei reciproci tentativi di guadagnare posizioni rispetto alle armi atomiche (per non parlare della corsa allo spazio e all’influenza nel terzo mondo). Per tale ragione, nel 1979 viene firmato un secondo trattato SALT II, più restrittivo del primo. Tuttavia, dopo l’invasione dell’Afghanistan da parte dell’armata rossa, il presidente americano Jimmy Carter ritirò gli USA dal SALT II.

Sino al 1978 non si ebbero incidenti drammatici per quanto riguarda la produzione di energia atomica a scopi civili. Ma il 1978 nella centrale americana di Three Mile Island avviene un grave incidente, con rischio di alta contaminazione anche per i cittadini. L’incidente determinò un cambiamento nella percezione dell’energia atomica anche negli USA, in cui da quell’anno non viene costruita o ordinata l’erezione di una centrale elettrica atomica.

Se l’incidente di Three Mile Island rimase sostanzialmente circoscritto ad un’area e gli effetti a lungo termine furono relativamente limitati, nel 1986 accade una tragedia di proporzioni importanti, capace di segnare l’immaginazione di un’intera generazione.Il 26 aprile del 1986 a Chernobyl  avvenne la fuga di elementi radioattivi di tali proporzioni da essere rilevata sino in Francia e in Italia. Come precedentemente nella crisi di Cuba, anche in questo caso il peso dell’avvenimento viene caricato da una valutazione ideologica, perlomeno non paragonabile alla notizia precedente del disastro a Three Mile Island (di cui quasi nessuno ha sentito parlare). E’ però vero che a Chernobyl  le autorità sovietiche dimostrarono non soltanto incompetenza, ma anche una straordinaria lentezza nel riuscire a risolvere la crisi. Inoltre, era la prima volta che una fuga radioattiva di tali dimensioni arrivava alla placida Europa occidentale, che visse la corsa all’armamento atomico come una questione sostanzialmente lontana. La disgrazia di Chernobyl  mostrò all’Europa quanto la questione atomica fosse un problema comune. A tal punto che l’Italia, nonostante sia priva di risorse energetiche naturali (a basso costo e non rinnovabili, visto che le energie pulite sono ancora sufficientemente costose e non sufficientemente potenti da poter da sole garantire la soddisfazione di tutti i consumi richiesti dall’industria) per più volte ha bandito referendum per disporre dello sfruttamento di energia atomica incontrando l’opposizione dei votanti (e con una affluenza media sorprendente, se paragonata alla normale dimostrazione di interesse per quasi tutto il resto delle cose pubbliche). La cosa è sorprendente, visto anche il fatto che quasi tutti gli altri paesi europei (compresa la vicina Slovenia) dispone di centrali nucleari.

Durante gli anni ’70 del XX secolo l’India e il Pakistan raggiunsero alti livelli di tensione, sicché entrambi avviano programmi di ricerca dello sfruttamento dell’arma atomica. Nel 1974 l’India effettua test nucleari. Nel 1994 gli USA impose delle sanzioni economiche ad entrambi i paesi, come richiesto dagli accordi internazionali. Il Pakistan e l’India tutt’ora dispongono di una hot-line telefonica che collega i premier dei rispettivi paesi, simile a quella istituita tra USA e URSS dopo la crisi di Cuba. Nel 2004 Lo scienziato Khan dichiara che il Pakistan dispone di bombe atomiche. Kahn ha assistito ai programmi di armamento atomico anche di altri paesi che si suppone abbiano avviato ricerche per la preparazioni di armi strategiche: Corea del Nord, Libia, Iran. Gli USA e l’India firmano un accordo nel 2006 per riconoscere la legittimità dell’India ad usare l’energia atomica solo per scopi civili.

Nel 1993 il premier del Sud Africa annuncia che lo stato aveva prodotto ordigni nucleari, quasi subito smantellati in accordo del trattato del 1991.

Notoriamente Israele dispone di uno degli eserciti più preparati e meglio equipaggiati del mondo,[4] per le ragioni storiche, politiche e strategiche proprie dello stato ebraico. Le ricerche in ambito militare coprono anche il programma nucleare, sia in termini di capacità offensive che difensive (deterrenza). Per questa ragione Israele è uno degli stati che non ha firmato il trattato NPT (Non Proliferation Treaty). Negli anni ’50 del XX secolo ha inizio il programma di armamento nucleare israeliano. Negli anni ’60 del XX secolo, con l’assistenza della Francia, Israele progetta e organizza impianti missilistici. L’arsenale militare israeliano è stimato tra le 20 e le 100 bombe di dimensioni a quelle sganciate su Nagasaki. Israele ha dichiarato ufficialmente che non avrebbe introdotto per primo armi atomiche nella regione medio orientale, ma non ha firmato né il NPT né il CTBT (Comprehensive Test Ban Treaty).

L’NPT (Non Proliferation Treaty) è il principale trattato tra le nazioni che tenta di ridurre al massimo la produzione di nuove armi atomiche. L’NPT sancisce che le nazioni non possono né armarsi né vendere tecnologie che possano portare alla formazione di armi atomiche. 185 nazioni hanno firmato il NPT. L’International Atomic Energy Agency (IAEA) è l’agenzia internazionale che controlla il NPT. Nel 1996 il NPT è stato esteso nell’applicazione ad un periodo indefinito.

Il CTBT (Comprehensive Test Ban Treaty) firmato da 150 paesi bandisce ogni test atomico in qualsiasi area e superficie (aria, acqua, terra, alta atmosfera). Il trattato è valido sin dagli anni ’60 del XX secolo. Né il NPT né il CTBT impognono di quantificare gli arsenali esistenti né di rimuoverli, ma sanciscono solamente un limite rispetto ad uno stato attuale in qualche modo accettato. Questo non deve sorprendere perché la logica delle superpotenze, già dotate di importanti arsenali militari con armi strategiche, è sempre stata la stessa: assicurarsi uno status quo comunque vantaggioso, cioè mantenere il vantaggio per quanto riguarda le armi strategiche. Questo modo di ragionare (fissiamo un palo rispetto ad un vantaggio nostro che non vogliamo sia appannaggio anche di altri) è stato caricaturalmente (ma meno di quanto appunto si immagini) reso da Kubrick (1964) ne il Dottor Stranamore  ovvero: come imparai a non preoccuparmi e ad amare la bomba.

, immortale pellicola in cui i politici e gli scienziati ragionano esattamente nel modo indicato.

In ogni caso, ci sono stati vari trattati sanciti per limitare il numero delle armi atomiche: i due Strategic Arms Limitation Treaty (SALT I del 1972 e SALT II del 1988). Al termine della guerra fredda gli USA e l’URSS firmarono il Intermediate-Range Nuclear Force Treaty (INF). Il 31 luglio del 1991 viene firmato il Strategic Arms Production Treaty (START). Dopo Ma dopo il crollo dell’URSS nel 1991 si formano altre nazioni con armamento atomico: Belarus, Russia, Kazakhstan, Ucraina. Con il trattato di Lisbona (START II) gli stati nati dal crollo dell’URSS rinunciano agli arsenali atomici. A parte la Russia, i paesi dell’ex URSS smantellano integralmente i propri arsenali nucleari. Attualmente rimangono tra le 2500-3500 armi nucleari.

La storia delle bombe atomiche è tutt’altro che conclusa. Innanzi tutto, la tecnologia atomica è stata mantenuta dalla superpotenza nucleare rimasta dalla guerra fredda (gli USA), in secondo luogo ci sono diverse potenze regionali (Cina, Russia, Israele, Pakistan, India e, probabilmente, Corea del Nord) che hanno arsenali atomici, compresi potenze europee con ancora un loro peso all’interno della geopolitica contemporanea (Francia e Gran Bretagna). Considerato il fatto che la tecnologia atomica è disponibile anche a paesi con un’economia neanche particolarmente sviluppata, che anzi hanno motivazioni importanti per cercare di dotarsi di armamenti nucleari (sono meno costose complessivamente di un esercito convenzionale di vaste dimensioni e di alta qualità operativa e conferiscono immediatamente una grande importanza politica a livello regionale), è evidente che è un obiettivo primario di tutta l’umanità cercare di formarsi una coscienza atomica di bobbiana memoria per tentare di limitare per quanto possibile il numero delle armi nucleari.

E’ difficile tracciare un bilancio dell’era atomica: prima di tutto esiste una grande quantità di scorie nucleari, a tal punto da non essere facilmente conteggiabile. E d’altra parte non sono neppure note con certezza la varietà e la tipologia dei rifiuti stessi (da reattori dismessi ad armi nucleari smantellate piuttosto che le usuali scorie prodotte dal consumo dei materiali radioattivi). In secondo luogo, a seguito degli studi e dei test, ci sono aree decisamente colpite dalla contaminazione da radiazioni. Gli effetti totali sulla salute dei resilienti in aree esposte ai test nucleari non sono noti, come non sono noti tutti gli effetti collaterali delle esplosioni nucleari, su cui continuano gli studi sui risultati dei fallout radioattivi. Infatti, data la relativa novità della scoperta dell’energia atomica, mancano studi affidabili sugli effetti sul lungo periodo. Rimangono gravi problemi a mantenere sicure e protette le aree in cui sono presenti armi atomiche e centrali nucleari (tanto che la Russia ha dovuto richiedere aiuto agli USA per riuscire a mantenere sotto controllo alcune aree di sua pertinenza). Le spese complessive planetarie per l’atomo si aggirano attorno ai 5,5 trilioni di dollari americani. E’ inutile dire che se la luce dell’atomo è intensa, e può anche affascinare, rimane il fatto che l’ombra lunga dei suoi effetti complica enormemente una valutazione serena della sua sensatezza. Se si pensa all’uomo come ad una scimmia evoluta, non si può non rimanere impressionati dalla sua complessiva capacità di produrre e plasmare gli elementi del mondo fino a ottenere un’esplosione di 72 megatoni. Ma allo stesso tempo non si riesce a dimenticare che proprio perché scimmia evoluta è rimasto all’uomo qualcosa della bestia. Cosa che nessuno può dimenticare e, appunto per questo, dopo una fugace esaltazione si può essere colpiti da uno strano senso di terrore e angoscia all’idea di cosa l’uomo può fare, se soltanto avesse la volontà di farlo.


Principali trattati sulle armi atomiche

Limited Test Ban Treaty (LTBT)

Strategic Arm Limitation Treaty  (SALT I & SALT II)

Non Proliferation Treaty (NPT)

Comprehensive Test Ban Treaty (CTBT)

Strategic Arms Production Treaty (START)

Intermediate-Range Nuclear Force Treaty (INF)


Bibliografia

Bobbio N., (1979), Il problema della guerra e le vie della pace, il Mulino, Bologna.

[Libro di analisi della plausibilità del pacifismo. Una pietra miliare della filosofia politica del XX secolo, analizza i problemi dell’uso delle armi atomiche e sostiene la necessità di formare una “coscienza atomica” per limitare i pericoli delle armi atomiche].

Izquierdo A., (2012), Plank, La teoria quantistica, RBA, Milano.

[Libro di introduzione alla figura di Max Plank, fisico tedesco, centrale nella formulazione della fisica quantistica. In alcune parti si considerano le relazioni tra i fisici tedeschi e lo sviluppo di armi atomiche].

Husson J.P., (2014), “Tsahal su tutti i fronti”, Rivista Italiana Difesa, N. 3, Chiavari, pp. 72-81.

[Lungo articolo della migliore rivista italiana sulla difesa (RID) rispetto alla situazione attuale dell’esercito israeliano]

Harper J., (2011), La guerra fredda, Il mulino, Bologna.

[Una buona storia generale della guerra fredda. Utile per capire le dinamiche di fondo delle relazioni tra USA e URSS]

Pili G., (2014), “Storia della Cina contemporanea: dalle guerre dell’oppio all’apertura cinese alla globalizzazione”, www.scuolafilosofica.com, http://www.scuolafilosofica.com/3404/storia-della-cina-contemporanea-dalle-guerre-delloppio-allapertura-cinese-alla-globalizzazione

Pili W., (2013), “La nascita dello stato di Israele e la guerra in Palestina”, www.scuolafilosofica.com, http://www.scuolafilosofica.com/2946/la-nascita-dello-stato-di-israele-e-la-guerra-in-palestina

[Una sintesi della nascita dello stato di Istraele, utile per inquadrare meglio la storia dello stato ebraico]

Yari-Milo K., (2013), “In the eye of the beholder How Leaders and Intelligence Communities Assess the Intentions of Adversaries”,  International Security Vol. 38, Harvard University Press & MIT, Harvard.

[Studio su come i decisori politici prendano le loro scelte sulla base di motivazioni emotive piuttosto che su ragioni ben ponderato. Studio di livello utile agli scopi di chi voglia capire parti della guerra fredda perché riporta dei casi storici del periodo del conflitto tra URSS e USA]

Zubock (2007), A failed Empire: The soviet Union in the Cold War from Stalin to Gorbachev, Chapel Hill, University of North Carolina Press, 2007.

[Opera a suo modo importante, seppure non priva di punti assai controversi data la forte sensazione di forte parzialità dell’autore. Rimane, comunque, un’opera interessante da un punto di vista della storia dell’URSS]

Sitografia

http://www.atomicarchive.com/History/coldwar/

[Sito da cui ho ripreso gran parte delle informazioni sulla storia delle armi atomiche. Un sito eccellente, assolutamente da frequentare]

http://www.datesandevents.org/events-timelines/03-cold-war-timeline.htm

[Sito in cui sono presenti diverse linee del tempo, molto precise e curate. E’ presente anche una linea del tempo per la guerra fredda]

http://www.historylearningsite.co.uk/cold%20war%20chronology.htm

[Sito di linee del tempo. Molto chiaro e molto fruibile. Utile per ricerche mirate]

Filmografia

Kubrick S., (1964), Dottor Stranamore  ovvero: come imparai a non preoccuparmi e ad amare la bomba, USA.

Su Youtube sono presenti inquietanti filmati sui test nucleari. Consigliamo la visione di alcuni di essi perché l’impatto visivo di queste immagini riesce a catturare l’immaginazione più che ogni possibile razionalizzazione.


[1] Izquierdo A., (2012), Plank, La teoria quantistica, RBA, Milano, p. 124.

[2] Si veda il libro di Zubock (2007) in bibliografia.

[3] Per questo periodo, Harper (2011) e Zubock (2007) offrono una precisa panoramica della delicata dinamica post secondo conflitto mondiale, la cui comprensione è fondamentale per l’analisi della successiva guerra fredda.

[4] Si veda Husson J.P., (2014), “Tsahal su tutti i fronti”, Rivista Italiana Difesa, N. 3, Chiavari, pp. 72-81.


Giangiuseppe Pili

Giangiuseppe Pili è Ph.D. in filosofia e scienze della mente (2017). E' il fondatore di Scuola Filosofica in cui è editore, redatore e autore. Dalla data di fondazione del portale nel 2009, per SF ha scritto oltre 800 post. Egli è autore di numerosi saggi e articoli in riviste internazionali su tematiche legate all'intelligence, sicurezza e guerra. In lingua italiana ha pubblicato numerosi libri. Scacchista per passione. ---- ENGLISH PRESENTATION ------------------------------------------------- Giangiuseppe Pili - PhD philosophy and sciences of the mind (2017). He is an expert in intelligence and international security, war and philosophy. He is the founder of Scuola Filosofica (Philosophical School). He is a prolific author nationally and internationally. He is a passionate chess player and (back in the days!) amateurish movie maker.

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