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Autore: Giangiuseppe Pili

Giangiuseppe Pili è Ph.D. in filosofia e scienze della mente (2017). E' il fondatore di Scuola Filosofica in cui è editore, redatore e autore. Dalla data di fondazione del portale nel 2009, per SF ha scritto oltre 800 post. Egli è autore di numerosi saggi e articoli in riviste internazionali su tematiche legate all'intelligence, sicurezza e guerra. In lingua italiana ha pubblicato numerosi libri. Scacchista per passione. ---- ENGLISH PRESENTATION ------------------------------------------------- Giangiuseppe Pili - PhD philosophy and sciences of the mind (2017). He is an expert in intelligence and international security, war and philosophy. He is the founder of Scuola Filosofica (Philosophical School). He is a prolific author nationally and internationally. He is a passionate chess player and (back in the days!) amateurish movie maker.

11. La ragione e i suoi limiti e scopi

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…la filosofia dal suo autentico scopo, che consiste nel mettere in chiaro le illusioni di una ragione ignara dei propri limiti, e nel ricondurre con un’adeguata chiarificazione dei nostri concetti, la superbia della speculazione a una modesta ma consistente conoscenza di sé.

Immanuel Kant

Pur essendo la prima critica una “critica della ragione” (epistemologica), per il momento la ragione non fa la sua comparsa da nessuna parte. Questo è motivato dalla peculiare natura della conoscenza umana, almeno secondo Kant. La conoscenza, espressa sottoforma di giudizio, è molto più legata alle nozioni di spazio-tempo e intelletto di quanto non lo sia alla ragione. Anzi, come abbiamo cercato di mostrare, la conoscenza è materia dell’intelletto in combinazione con i sensi e le relative intuizioni fornite dal senso interno (tempo) ed esterno (spazio). Per conoscere i fatti, per ottenere la conoscenza nei termini della contemporanea filosofia analitica, non c’è bisogno d’altro che di sensi, intelletto e dati di senso. Senza entrare nel merito, come ho cercato di mostrare in altro loco, l’epistemologia kantiana può essere divisa in due progetti: il progetto normativo e il progetto descrittivo. Il primo è il tentativo di fornire una serie di principi attraverso cui fondare il giudizio e pervenire a conoscenza. Il secondo, invece, è l’operazione di ricostruzione razionale di come la conoscenza sia possibile. Questo secondo progetto è investigato nella prima critica e, a mio giudizio, è compatibile con alcune versioni di affidabilismo o, almeno, di esternismo ovvero l’idea generale che le condizioni di conoscenza non sono tutte interne al soggetto e che esse dipendano dalla relazione che il soggetto intrattiene con il mondo. In questo senso, allora, la ragione sembra essere superflua, tanto che anche nelle attuali teorie epistemologiche esterniste essa è ridotta esclusivamente al ‘ragionamento inferenziale’, così detto. Ma la ragione gioca un ruolo di primo piano nella teoria kantiana.

Ontology as Systematic Classification System

Personal observations and understanding of realist applied ontology


Abstract

The paper is about my observations and notes on applied ontology as systematic classification systems. The post explores what an ontology is, what is aimed for, how it shaped, what is its philosophical foundation, why this foundation is compatible with multiple philosophical positions. Inside the document, digression and further specifications and arguments are drawn to arrive at a deeper understanding of several multiple facets of the complex universe called ‘applied ontology.’ This is the second step toward the elaboration of a consistent ontology for my family enterprise, which will ultimately be used to ground its expansion in the market. Even though practically oriented, the observations can turn to be useful for all the researchers and scholars who are struggling to understand what an ontology is. That is to say to those who are not driven by a philosophical perspective (only). This is a working progress, and I will be ready to reply to any inquiring, comments, and questions from the interested reader.

Salario Minimo… all’Italiana!

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Tutti sanno che in Italia gran parte delle aziende si può ben definire una “azienda di famiglia”, ovvero dove i dipendenti sono principalmente congiunti di primo grado di parentela con il proprietario. Esistono anche relazioni più sottili indotte dal genere di assunzione (ad esempio, in molte banche si preferisce assumere persone che sono direttamente parenti con altri dipendenti della stessa banca). Non mi addentrerò nella disamina di questo secondo caso perché riguarda la modalità di assunzione ma non la ragione dell’assunzione. Vorrei invece mostrare perché il salario minimo, che sembra una buona idea, induce a dei curiosi paradossi. Non solo. Ma come questi “paradossi economici” vengono poi infatti aggirati e incoraggiati in altro modo in Italia e, dunque, perché le aziende familiari sono preponderanti. E la tesi è semplicissima: le aziende familiari italiane non hanno salario minimo per tutti i lavoratori che sono congiunti di primo grado. Un disclaimer prima di iniziare. Il mio intento è dimostrativo non doxastico. Non ho alcuna intenzione di difendere pareri emotivi né mi sentirò di rispondere a nient’altro che ad argomenti, come è mia consuetudine. Inoltre, non mi interessa dimostrare la validità di alternative al salario minimo per come è configurato in Italia perché l’onere della prova non sta a me, ma a chi sostiene la presenza di un salario minimo di tipo italiano e, allo stesso tempo, non ne accetta le conseguenze. Dato il fatto che l’onere della prova sta a chi produce i paradossi, e non in chi li denuncia, mi auguro di aver chiarito il mio punto di vista.

Intervista al professor Silvano Tagliagambe sulla filosofia e la scienza – Parte 2

Questa è la seconda parte dell’intervista! Interessato alla prima parte?

Il professor Silvano Tagliagambe, è professore emerito di filosofia della scienza all’Università di Sassari ed è stato titolare della stessa cattedra all’Università di Cagliari, Pisa e Roma “La Sapienza”. E’ autore di un numero impressionante di studi filosofici e scientifici, pubblicati nei principali e più autorevoli editori reperibili nei principali canali italiani, tra cui ricordiamo, Il sogno di Dostoevskij. Come la mente emerge dal cervello (Raffaello Cortina, 2001), Tempo e sincronicità. Tessere il tempo (Mimesis, 2018), Metamorfosi. Cervello in divenire, benessere psicofisico e nuove strategie terapeutiche, (Mondadori, 2019). Potete anche seguire il professor Tagliagambe nel suo sito personale: http://www.silvanotagliagambe.net/. Egli è anche l’autore della prefazione al libro Anche Kant amava Arancia Meccanica che i lettori di Scuola Filosofica conoscono bene e per la quale gli sarò eternamente grato! A nome del Team di Cultural Promoting Advisor, di Scuola Filosofica, Azione Filosofica, del nostro Eugenio Dessy, e di tutti i nostri numerosi lettori, professor Tagliagambe: grazie!

What Happened? After-Effects of the 2007 Reform Legislation of the Italian Intelligence Community

Fabrizio Minniti & Giangiuseppe Pili (2020)What Happened? After-Effects of the 2007 Reform Legislation of the Italian Intelligence Community“, International Journal of Intelligence and CounterIntelligence, DOI: 10.1080/08850607.2020.1771655


I’m super-proud to present my last paper, “What Happened? After-Effects of the 2007 Reform Legislation of the Italian Intelligence Community” published by the International Journal of Intelligence and CounterIntelligence! It was co-authored by Mr Fabrizio Minniti!, a real intelligence and international security expert! I hope you will find it exciting! Below you can find the abstract!


What happened to the Italian Intelligence Community (IC)? The IC underwent a major reform in 2007, 30 years after its previous one, in 1977, the first since 1945 and positioned between the end of World War II and the start of the Cold War. The paper explores the roots and evolution of the Italian intelligence community during the last decade or so.

Capire che cos’è il capitalismo

Trougnouf / CC BY-SA (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0)

Cosa è il capitalismo? Cercherò di scrivere questo breve testo nel modo più semplice e chiaro che mi è possibile. Infatti, credo nella necessità di far chiarezza per chi ha l’interiore necessità di capire e non di giudicare senza capire. Chi pensa di capire qualcosa senza entrare nel merito o è un ingenuo o è un illuso e in entrambi i casi non sta impiegando al meglio la sua ragione. A chi crede che basta sentire o emozionarsi per poter aver voce in capitolo ribattiamo che, se poi lui o lei tenta di articolare asserzioni motivate, allora ha già ceduto le armi alla ragione. Quindi qui offriamo ragioni e argomenti e chi cerca qualcosa di diverso, lui o lei è invitato a pascersi della propria sicurezza non garantita da solidi argomenti in altri luoghi del web, che sicuramente fanno meglio per lei o lui. Credendo fermamente nell’idea che nessuno meglio della persona sa cosa è meglio per lei, e se il suo meglio consiste nell’emozionarsi a costo zero, bene, qui ci sarà solo l’emozione del seguire un ragionamento. Con questa essenziale considerazione in mente, proseguo senza ulteriori indugi.

Chess, the mirror of geopolitics – Chess as cultural space of world competition

StarFlames (pixabay.com)

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Chess and geopolitics, chess as a mirror of geopolitics! In this short post chess is presented as the representation of the current geopolitical competition. Chess has traveled the history of humanity from East to West. And now probably chess is returning to the (far) East. The strongest players in the world statistically are already non-Westerners: Chinese, Russian and other nations. During the last world championship (2018), two Western players from NATO block countries competed: USA – Caruana, grown in Italy, a long-time NATO country that also hosts the American atomic warheads and has 12,000 American soldiers, thirds or quarters by number exceeded only by Germany, Japan and South Korea; and Magnus Carlsen from Norway, a NATO country and among the closest to the UK-US influence at least since the Arctic ice has stirred the joint interest of Russia, China and the United States for the control over the new routes of maritime trade, which moves 90% of all world commercial traffic.

Chiarimenti sul liberalismo – Parte 2

Per capire meglio la natura del pensiero liberale a seguito dei due articoli sull’efficienza morale e sulla valutazione morale delle istituzioni pubbliche


Queste note sono nate da una bella conversazione con un nostro interessato lettore, che ha posto molte obiezioni pertinenti e classiche al pensiero liberale. Vivendo in un periodo che dice di essere liberale ma invece è illiberale alla radice, tali obiezioni sono interessanti per qualunque lettore di SF. Riporto solo le mie risposte.

Liberalismo, causalità e determinismo – Una difesa
Tre osservazioni. (a) Il liberalismo è compatibile con il determinismo forte – come lei suggerisce. Per il liberale ciò che conta è la possibilità d’azione in conformità con l’elaborazione dei valori a seconda di quanto uno crede o pensa. Questo l’ho esposto con molta chiarezza essendo io stesso un causalista (cioè ritiene che il libero arbitrio è un’idea filosofica errata). Questo è stato esplicitamente scritto dall’articolo “Efficienza come precondizione e valore morale“. Lì la posizione va proprio in linea con quelle evidenze empiriche che sembrano mostrare che il libero arbitrio non è in linea con le ultime ricerche scientifiche. (b) Le evidenze empiriche non eliminano la validità di alternative in questo senso. Primo, il libero arbitrio – come sosteneva Kant che era in parte causalista anche lui – è una condizione a priori e quindi non validabile empiricamente tanto è che Kant stesso lo pone come principio morale ma come indimostrabile – né sconfiggibile (come antinomia della ragione). Secondo, le evidenze scientifiche non dimostrano niente perché non sono appunto relative alle scienze dimostrative ma empiriche e, in quanto tali, suscettibili di revisione empirica. Ma in ogni caso, una tesi metafisica come il libero arbitrio rimane valida (difendibile) anche in presenza di limiti. Inoltre, il fatto solo di dire che siamo animali sociali – e quindi limitati nell’azione da elementi esterni – non significa niente se non che esistono limiti esterni. Nessun liberale direbbe il contrario. (c) Siamo passati da una analisi del liberalismo ad una analisi della libertà. Tornando al liberalismo, di nuovo, non c’è scritto da nessuna parte che il soggetto razionale è un solipsista morale. Inoltre, ma una visione alternativa in cui tutti è riposto nei fattori esterni non aiuta neppure le visioni contrarie. Sostenendo quanto sostiene, semplicemente qualsiasi visione politica diventa priva di responsabilità individuale che ricade nel paradosso che allora davvero nulla dipendendo dall’individuo tutto dipende da un non conclamato gruppo. In poche parole, una persona non risponde a me come libero cittadino razionale. Costui non esiste. Costui è un’istanza di un gruppo che si “materializza” (vallo a capire in che modo) e che mi scrive senza alcuna razionalità personale per mezzo di restrizioni naturali e sociali. Come dovrei prendere un’entità siffatta? Dal mio punto di vista, dovrei dire che non piacendo rispondere ad una macchina preimpostata non dovrei neanche rispondere. Invece, io credo che costui ha un suo punto di vista, che probabilmente non condivido ma che ha tutta la libertà e liceità di affermarlo e io ho la scelta di replicare o no. Siccome credo nel libero mercato delle idee e nel fatto che bisogna discutere per migliorare io e il lettore, rispondo supponendo che chi mi scrive sia un individuo le cui azioni sono sue in senso nitido – causalista o non causalista – e che costui è responsabile di esse. La sua storia personale, la sua appartenenza sociale (le varie, dalla famiglia, al rione alla città etc.) non mi interessano perché esse non eliminano la sua individualità e il fatto che costui è libero di causare il mondo in tal modo che io devo leggere e scrivere per dire il mio punto di vista.

Sorites goes to war – For an ontology of war

Metropolitan Museum of Art / CC0

Pili G., (2020), “The wild bunch is enrolled to the army – Sorites paradox and the problems for the ontology of war”, Areté – International Journal of Philosophy, Human & Social Sciences, VOL. 5, 231-249.

It is with my great pleasure to announce the publication of my last peer-review paper! You can find it here! Don’t wait to download and quote it!


Table of contents: 1. Introduction; 2. The wild bunch is enrolled into the army; 3. Toward an
ontology of war thinking through the Sorites paradox; 4. Conclusions


Abstract1 gunshot is not a war, 2 gunshots are not a war… are 1 million gunshots a war? There is no such thing so investigated as war and, at the same time, still so outcasted theoretically. Ambiguity, vagueness and logical conundrums lay unsolved in the very hardcore of the several theories that considered war from a general perspective and, then, philosophically committed explicitly or implicitly. It is not the experience and observational data we lack but the general
ability to generalize and expand our knowledge beyond what we can directly observe empirically and historically. Sorites arguments are everywhere in war theories: vagueness and ambiguities of many shapes inform the literature. Only a philosophical account of war can solve some of those issues: an ontology of war is needed to bring light into the heart of darkness. 

Chiarimenti sul liberalismo – Parte 1

Per capire meglio la natura del pensiero liberale a seguito dei due articoli sull’efficienza morale e sulla valutazione morale delle istituzioni pubbliche


Queste note sono nate da una bella conversazione con un nostro interessato lettore, che ha posto molte obiezioni pertinenti e classiche al pensiero liberale. Vivendo in un periodo che dice di essere liberale ma invece è illiberale alla radice, tali obiezioni sono interessanti per qualunque lettore di SF. Riporto solo le mie risposte.