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Categoria: Storia della Letteratura

Lucrezio – Vita e Opere

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Consigliamo Percorso di letteratura latina e Epicuro – Vita e Filosofia


Le notizie biografiche più ampie e più importanti che ci sono arrivate su Lucrezio compaiono nella traduzione fatta da San Girolamo del Chronicon di Eusebio. Non è facile affermare con certezza la data di nascita e quella di morte, ma per stile, forma e ambientazione stimiamo che nacque attorno al 90 a.C. e morì verso la metà degli anni 50 a.C.. Gli anni 98 a.C. e 55 a.C. sono generalmente ritenute le date più verosimili dopo un accurato studio delle fonti. Ancora, nulla di concreto si può affermare sulle origini geografiche di Lucrezio, anche se sembrerebbe provenire dalla zona compresa fra Napoli, dove c’era una fiorente scuola epicurea, e Pompei dove era venerata la Venus fisica, cara a Lucrezio, alla quale dedicò il proemio della sua opera il De rerum natura.

Politica e cultura dall’età dei gracchi al periodo cesariano (133-44 a.C.) e la figura centrale di Catullo all’interno della poesia e cultura romana

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Consigliamo Percorso di letteratura latina e Storia romana parte I


CENNI STORICI

Il periodo storico che inizia con l’età dei Gracchi fino alla dittatura di Silla fu molto importante perché segnò l’inizio della crisi che portò al tracollo definitivo della repubblica aristocratica. Nel 133 a.C. il tribuno della plebe Tiberio Gracco presentò una nuova legge agraria. Da qui nacquero i primi problemi, come sempre accadeva in Roma sin dai primordi della repubblica, quando venivano proposte leggi agrarie che prevedevano una ridistribuzione delle terre: Gracco proponeva, mediante una nuova distribuzione di terra, di ricostruire il ceto dei piccoli proprietari agricoli, scomparsi negli anni precedenti per dar vita al fenomeno del latifondo. L’aristocrazia terriera non permise l’attuazione di questo corretto principio di redistribuzione delle risorse e Tiberio Gracco venne fatto uccidere. Dieci anni dopo nel 123 a.C., il fratello Gaio Gracco, anch’egli tribuno della plebe, ripropose il programma del fratello di più ampio respiro. Dopo il fallimento anche di questo progetto, si può parlare del “fallimento dei Gracchi”: il nodo della questione agraria era destinano a rimanere al centro della vicenda politica e sociale della tarda repubblica. Il programma dei fratelli Gracchi si era scontrato contro l’aristocrazia formata dai grandi capi militari, alla testa di milizie di proletari, per i quali l’assegnazione di terre rappresentava la ricompensa di lunghe campagne militari. Il fatto che ogni generale avesse un proprio esercito personale, portò ai conflitti che sfociarono alla guerra intrasociale dove da una parte dello schieramento c’erano i sillani, dall’altro invece i mariani. Silla, alla fine, ebbe la meglio e la sua vittoria portò all’instaurazione di una dittatura di cui era il dictator, che però non eliminò le cause profonde della crisi politica e sociale che scuoteva le basi della repubblica, come avviene spesso durante un dominio dispotico. 

Letteratura latina alla fine della repubblica romana

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Consigliamo Percorso di letteratura latina e Storia romana parte I


Alla fine della repubblica a Roma sono presenti le più varie forme di modelli letterari e molti sono ancora in sviluppo, come ad esempio lo sono la filologia, la biografia e l’antiquaria. Come ovvio questi tipi di orientamenti di ricerca furono trasmessi ai romani direttamente dalla cultura greca.

Per quel che riguarda la filologia era vista proprio come una ricerca, non solo dell’etimologia della lingua, ma anche come forma di studio delle origini, dei costumi e delle istituzioni romane antiche. Uno dei motivi per cui questi studi vengono accelerati è il fatto che proprio in quegli anni ci fosse una generale perdita dei valori romani del mos, crisi avviata dal periodo di Catone. Dunque i romani sentono la necessità di rifarsi alle loro origine per capire e rielaborare il percorso storico culturale che li ha portati ai problemi sociali e morali del loro tempo presente. Sempre sullo stesso filone di pensiero si irrobustisce lo studio dell’antiquaria, nel quale predomina la venerazione del passato romano che, però, non significava per gli antiquari un ripudio delle idee e dei valori portati dallo straniero (principalmente greco). Ciò non toglie la presenza di un certo elemento critico, come vedremo, in Varrone e in Cornelio Nepote.

Oratoria e storiografia in epoca della Roma arcaica: Ennio, Catone e altre figure

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Consigliamo Percorso di letteratura latinaSallustio


ORATORIA E STORIOGRAFIA IN EPOCA ARCAICA

Catone è sicuramente il più grande oratore del II secolo a.C., di cui è rimasta nota la fama. Fra i contemporanei di Catone spiccavano Scipione l’Africano Maggiore, Quinto Fabio Massimo detto il cunctator e Lucio Emilio Paolo. Su quest’ultimo non ci sono giunte molte informazioni.

A Catone, come vedremo più avanti più approfonditamente, oltre ad essere il maggiore oratore del suo tempo, viene attribuita l’istituzione storiografica in lingua latina, con la stesura delle Origines. I temi letterari all’epoca erano molto influenzati dall’opinione dell’élite senatoria e della classe dirigente.

In precedenza non v’era stata alcuna produzione storiografica in latino, piuttosto un’annalistica scritta in greco da componenti della classe dirigente: la scelta del greco era un chiaro segnale di rottura dagli schemi degli annales pontifices ed era motivata dalla necessità di raggiungere il pubblico non latino di ambito mediterraneo in una sorta di propaganda anti-cartaginese. Il primo di questi annalisti fu Fabio Pittore, appartenente ad una classe familiare piuttosto potente a Roma, la gens Fabia. La sua opera storica partiva dalla fondazione di Roma sino alla seconda guerra punica: era notevole infatti l’interesse verso le origini di Roma, sia per l’età regia che, per gl’inizi della Repubblica, da cui si facevano risalire molte delle tradizioni romane e dei loro usi e costumi, interpretazione tradizionale che verrà ripresa anche da Tito Livio.

La deformazione storica determinata dall’opposizione con Cartagine, secondo Polibio, faceva sì che il resoconto di Fabio Pittore risultasse del tutto inobbiettivo; stesso discorso valeva per il filo-cartaginese Filino. Un altro annalista, di cui invece Polibio e Dionigi di Alicarnasso riconosceranno obiettività, fu Lucio Cincio Alimento che non va confuso con un omonimo scrittore di antiquaria di epoca successiva. Altri annalisti che scrivessero in greco furono Gaio Acilio e Aulo Postumio Albino. Quest’ultimo fu canzonato e deriso da Catone, il quale criticò l’uso di un greco alquanto imperfetto.

Da Livio Andronico a Plauto, passando per Nevio e Cecilio Stazio: gli albori della letteratura latina

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Consigliamo Percorso di letteratura latina e Sallustio


LIVIO ANDRONICO

 FONTI

Quello che noi conosciamo di Livio Andronico è basato sulle informazioni che ci ha tramandato Cicerone nel Brutus e Tito Livio. La biografia di Livio Andronico rimane comunque oscura per buona parte, oscurità dovuta ala fatto che Accio in disputa con Cicerone, scriveva che Andronico era giunto a Roma nel 209 a.C. e non ben prima come si tramanda in altre fonti. Ciò infatti sposterebbe il culmine dell’attività letteraria di Livio, ma pare strano che potesse essere contemporaneo di Ennio e Plauto: proprio per questo ci affidiamo alle fonti di Cicerone e Tito Livio che appaiono più attendibili.

Lord Jim- Joseph Conrad

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E tuttavia l’umanità stessa, procedendo nel suo cieco cammino, non è forse spinta da un sogno della propria grandezza e del proprio potere sui bui sentieri dell’eccessiva crudeltà e della dedizione eccessiva? Che altro è, dopo tutto, il perseguimento della verità?[1]

Joseph Conrad

Jim è un ragazzo dotato di caratteristiche fuori dall’ordinario. Tutti glielo riconoscono. In particolare, egli è una di quelle persone a cui si ripone volentieri fiducia. Eppure c’è qualcosa nel suo passato che costituisce un precedente inquietante, macchia sufficiente a costituire il dubbio permanente sulla sua reputazione. Jim era un sognatore, un romantico, convinto di poter vincere ogni avversità, di non aver paura di nessuna possibilità perché già prevista, già vagliata dalla sua mente. In se stesso costruiva mondi, avventure concrete nelle quali egli era il protagonista e grazie alle quali avrebbe dimostrato al mondo il suo valore:

In momenti del genere i suoi pensieri erano colmi di imprese valorose: amava quei sogni e il successo delle sue gesta immaginarie. Erano la parte migliore della vita; ne erano la verità segreta, la realtà nascosta. Avevano una splendida virilità e il fascino delle cose vaghe; gli passavano davanti con passo eroico; si portavano via la sua anima e la ubriacavano con il filtro divino di una fiducia illimitata in se stessa. Non c’era niente che lui non potesse affrontare. Era così soddisfatto dell’idea che sorrideva, pur continuando meccanicamente a guardare davanti a sé; e quando gli accadeva di girarsi indietro vedeva la striscia bianca della scia che la chiglia della nave disegnava in linea retta sul mare, come la matita aveva tracciato quella riga nera sulla carta.[2]

Origini della letteratura latina: il teatro romano arcaico e la figura di Livio Andronico

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Consigliamo Percorso di letteratura latinaSallustio


Il momento della nascita “ufficiale” della letteratura latina è stato un elemento molto discusso dagli studiosi del campo che però arrivarono a una conclusione: convenzionalmente è stata fissata nelll’anno 240 a.C. quando Livio Andronico mandò in scena una tragedia sua originale. La storia della letteratura latina ha una storia ben diversa da quella greca: i greci giovarono della figura di Omero, precursore e maestro nel medesimo tempo.

Le primissime forme di scrittura, sono precedenti al 240 a.C. e sono rintracciabili negli inviti a bere ritrovate come iscrizioni in olle e tazze di vino, oppure firme di artigiani nei loro manufatti o ancora proibizioni religiose. A partire dalla Roma medio repubblicana il quadro dell’alfabetizzazione si presenta assai ampio e articolato.

Ugo Foscolo – Poetica e Tematiche

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Consigliamo – Percorso di letteratura italiana


Vita

Foscolo nasce a Zante nel 1778 e muore a Londra nel 1827. Figlio di un chirurgo e di una donna greca, Foscolo si trasferisce a Venezia dopo la precoce morte del padre. Foscolo entra in contatto con i principali intellettuali del periodo e termina i suoi studi universitari all’università di Padova. A Padova riflette sulla cultura della libertà propria del settecento illuminista e ne assume i valori di riferimento. Foscolo è costretto a fuggire dal territorio veneziano, perché accusato di cospirazione contro il benessere pubblico, così ripara a Bologna. Dopo che Napoleone pone fine alla serenissima repubblica di Venezia, Foscolo può rientrare e lì diventa un sostenitore dell’indipendenza della città. Nel 1786 scrive la prima delle tragedie, Tieste, compone anche altri lavori. Nel 1797 si disillude sulla natura “liberatoria” della rivoluzione francese nelle vestigia esportate dal Bonaparte. Si reca, così, a Milano, dove fa la conoscenza di Monti e Parini. Dopo essersi trasferito a Bologna, nel 1798 scrive la prima bozza del romanzo epistolare Lettere di Jacopo Ortis. Foscolo combatte in Emilia e in Liguria contro la coalizione antinapoleonica, rimanendo due volte ferito. In Toscana compie azioni di guerriglia e si innamora di Isabella Roncioni. Dopo la Toscana, Foscolo ritorna a Milano e allaccia una relazione con la contessa Antonietta Fagnani Arese. Nel 1804 Foscolo si reca in Francia per arruolarsi tra le fila francesi per lo sbarco in Inghilterra. Nel 1806 rientra a Milano e pubblica i Sepolcri. Nel 1808 Foscolo ottiene la cattedra di eloquenza alla città di Pavia. Nel 1811 Foscolo viene accusato di manifestare atteggiamenti antinapoleonici che gli procurano l’ostilità della elite culturale e politica milanese, strano a dirsi. Nel 1814 il regno italico viene dissolto e con la restaurazione viene riproposto l’anacronistico dominio austriaco, che sarà l’avvio per il successivo periodo risorgimentale. Foscolo, a seguito di ciò, è costretto a lasciare l’Italia e si reca in Svizzera. Nel 1816 ricercato dal governo austriaco, decide di andare in Inghilterra. A Londra, dopo qualche tempo, si ritrova in gravi ristrettezze economiche e non è più benvoluto dall’intellighenzia locale troppo impressionata dai suoi problemi fiscali e politici per poterne giudicare l’artista senza pregiudizi. Nel 1822 vive con la figlia Floriana in Francia. Gli ultimi anni sono trascorsi nell’indigenza e nel 1824 viene arrestato per debiti. Nel 1827 muore a Londra. Solo nel 1871 la salma viene riportata nella chiesa di Santa Croce di Firenze. A quel punto, la politica può ormai lasciarsi alle spalle il ricordo di guerrigliero e morto di fame, per poter collocargli la corona d’alloro sulla testa che ora non è che un liscio cranio di puro osso umano.

 

Il popolo degli abissi – Jack London

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Consigliamo – Martin Eden a cura di Francesco W. Pili


Nella prefazione della Robin Edizioni vien detto che il Popolo degli abissi risulta un’opera dimenticata. Altrove, in rare recensioni su internet, ci si imbatte nelle parole “opera sconosciuta”, “opera misconosciuta”. Insomma del Popolo degli abissi dell’intramontabile London, il lettore italiano, ne sa veramente poco. È per questo che mi son voluto cimentare nella lettura di questo libro, che nasce come reportage, si sviluppa come reportage, ma che, soppesata la natura dello stile, non mi sbaglio a definire ‘romanzo’. Romanzo d’inchiesta, volendo dare un appellativo al genere in modo più stringente.

Il capitano Jens Munk – Torkild Hansen

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Consigliamo – il capolavoro di Hansen Arabia Felix


La maggior parte dei sognatori si rivelano dei buoni perdenti, statene pur certi. Aspirano alle stelle e ti ringraziano se porgi loro una pietra.

Quel che è comune ai membri di questa categoria è il fatto che tutto ciò che ne sappiamo sono il nome e la data di morte. Non si sono ancora presentati al mondo, che già sono costretti a tacere, è come se la storia si fosse interessata a loro solo al momento di liberarsene. Giusto il tempo di un nome e una tomba.

Thorkild Hansen

Jens Munk. Un nome che non dirà niente a nessuno e verrà probabilmente associato al più celebre pittore. Ma con il pittore Jens Munk non c’entra niente ed è vissuto un paio di secoli prima di lui. Si tratta di un marinaio, di un capitano che è degno di essere ricordato per il suo tentativo di trovare il passaggio a nordovest, famosa via che avrebbe dovuto realmente congiungere via mare il vecchio continente con le Indie, quelle vere. Probabilmente presto si formerà spontaneamente un “passaggio”, proprio ora, che disponiamo di rompighiaccio, ma all’epoca non c’era nessuna strada aperta per l’oriente attraverso i ghiacci. Ma bisognava scoprirlo. E Jens Munk era andato in quelle terre inospitali proprio per questo. Ma Jens Munk non è solo un marinaio, non è solo un capitano e non è solo il figlio della sfortuna. Egli ha una lunga storia, fatta di buona e, soprattutto, cattiva sorte. Egli è il figlio di Erik Munk, un nobile, un uomo che riuscì a distinguersi per la brutalità perpetrata ai danni della popolazione sua suddita e, soprattutto, riuscì a rendersi inviso a gran parte della nobiltà danese, motivo per il quale i suoi avversari riuscirono a condannarlo, a spogliarlo di ogni bene, a recluderlo nella più terribile delle prigioni e a condannare la sua famiglia ad una vita di interminabile frustrazione. Sì, perché è dalla capitolazione di Erik Munk e la sua perdita del titolo nobiliare, non trasmesso ai figli, che nasceranno gran parte delle disavventure del figlio più piccolo, Jens.