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Scuolafilosofica Posts

Agostino – Felicità, godimento della contemplazione di Dio

[Originariamente pubblicato in data 20 novembre 2022]

https://en.wikipedia.org/wiki/Augustine_of_Hippo#/media/File:Saint_Augustine_by_Philippe_de_Champaigne.jpg

La storia del pensiero antico sulla felicità si è incentrato su alcuni concetti e termini comuni. La felicità è il risultato dell’applicazione della virtù ed essa è alla portata dell’uomo, purché quest’ultimo si concentri nel pieno dispiegamento della sua stessa natura che, come abbiamo visto, è concepita essenzialmente nella sua razionalità. “Sii la tua ragione” poteva essere il comandamento comune alle teorie considerate sino ad ora e la visione dell’uomo come essere razionale è il fil rouge che unisce le teorie dell’antichità classica. Ma con l’avvento del cristianesimo si introduce un nuovo termine nella complessa equazione il cui risultato è la suprema felicità: il Dio creatore cristiano.

In queste pagine abbiamo già incontrato la figura del dio, ora declinata come puro pensiero di pensiero (il caso di Aristotele), ora declinata come provvidenza immanente nel mondo (come nella filosofia stoica), ora concepita come semplice entità indifferente rispetto alle sorti degli esseri umani (come sosteneva Epicuro). Ma nella filosofia cristiana e, come vedremo, nel pensiero di Agostino, il ruolo di Dio, un Dio creatore la cui essenza è l’amore, è di gran lunga di maggior spessore anche perché in Lui Agostino rintraccia la fonte stessa della felicità umana. Per tale ragione, il nostro percorso inizierà proprio da una succinta analisi di cosa sia il Dio di Agostino e quale sia la sua connessione con l’uomo e la felicità.

VENERE IN CORNICE – L’allodola al porto traccheggiante dell’arpa / The skylark at the dillydallying harbour of a harp

Con Davide Rondoni, esteticamente la poesia è un’allodola di fuoco, alla leggiadria del sole abbagliante, tramutando l’umidità ed il fumo in un piercing emozionale o sentimentale, per una lingua che gusti direttamente dal cuore. Cecilie ha posato al mezzobusto, per uno scatto al bianconero. C’è il piercing al naso, con la musicalità delle nacchere che potrà influenzare il passo di danza, se l’orecchino “lunare” non mostrerà sempre la stessa faccia. Ricordiamo che Cecilie ha studiato psicologia sociale e culturale. La dialettica riguarderà lo svelamento intimo d’una personalità, alla “cassa di risonanza” con l’alterità. Ma quanto l’ala a “cucchiaio” del vestito, complice la bretella, si farà risucchiare da una “tromba d’aria” della mano destra? C’è un glamour psicanalitico, nel transfert, al di là dell’aiuto che il terapeuta dà al paziente disinibito?

La musica e la natura del tempo

Copyright: Pexels, Pixabay

I soli paradisi autentici sono i paradisi che abbiamo perduto”

Marcel Proust [1]

Dissertare sulla natura del tempo e del suo scorrere ha senso nella società in cui viviamo, votata all’accelerazione e alla velocità più sfrenata, in cui più mostri di essere rapido – anche se impreciso o approssimativo – e più appari competente e in controllo?

Eppure, una riflessione sul concetto di tempo si rivela utile oggigiorno proprio perché in grado di stimolare il pensiero su altre questioni salienti: la nostra capacità di vivere il momento presente, di godere dell’attimo fuggevole; l’effettiva abilità di lasciarsi andare al flow dell’esperienza; il nostro rapporto con il passato e con i nostri ricordi – che sono il fondamento della nostra identità -; il nostro continuo immaginare un futuro che è formato di aspettative e molto altro ancora. Non possiamo esimerci da un confronto con il concetto di tempo, poiché il tempo, “è il cuore della vita […] Non è sufficiente che [lo] comprendiamo in modo appropriato dobbiamo imparare a viverlo; ogni altra cosa ruota su di esso.”[2] Ma il tempo, questo apriori della sensibilità, per dirla con Kant, così ineffabile e inafferrabile, può essere “immaginato” e pensato secondo diversi poli e assumendo differenti prospettive: omogeneità/eterogeneità; atomismo/flusso; reversibilità/irreversibilità (Kern, 1995), tutti punti di vista capaci di mettere in luce qualcosa di diverso rispetto al fenomeno stesso. Forse dovremmo parlare di “tempi” piuttosto che di “tempo” al singolare.

L’estetica del Monte Vulture fra l’immaginazione materiale e la natura morta

Una conferenza di filosofia estetica di Paolo Meneghetti, a Rionero in Vulture (PZ) Mercoledì 30 Luglio 2025, e per interessamento dell’Associazione “Centro Studi Leone XIII” (presieduta da Pasquale Tucciariello, presente in sala)

Edmund Husserl dice che, abbandonando l’idealismo, noi abbiamo sempre coscienza < di > qualcosa. Ma come provare ad allacciarvi un materialismo? Gaston Bachelard invita a prendere fiducia verso la propria intimità, dall’anima. Questa è l’immaginazione materiale. Gli elementi classicamente naturali dell’aria, dell’acqua, della terra e del fuoco si renderanno percepibili per immedesimazione. Conta il coinvolgimento della coscienza, oltre la mera constatazione d’un realismo. L’impressione percettiva garantisce un “ripasso” su quello che si conosce. Ad esempio il giallo d’una sagoma può volgere sul viola: per la stanchezza dell’occhio, col concorso della luce, vagheggiando dall’emotività ecc…

Letteratura latina e il cristianesimo delle origini

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Leggi la scheda su La letteratura latina in cinque capitoli storici


[Originariamente pubblicato in data 4 giugno 2014]

Con l’editto di Costantino del 313 d.C. si segna una tappa cruciale della storia dell’impero romano d’occidente e non solo: con esso si sancisce per la prima volta una “religione di stato” propriamente detta e pone fine alle persecuzioni verso i cristiani (si rivolgono da questo momento verso chi si rifiuta di convertirsi, cosa che spesso si tralascia di ricordare). Il progressivo estendersi del cristianesimo portò non solo a un nuovo assetto politico e la formazione del clero cristiano, ma anche l’elaborazione di un nuovo assetto letterario. Attraverso il pensiero di tre importanti letterati analizziamo la nascita di questo nuovo assetto programmatico letterario.

Arnobio nacque in Africa intorno alla metà del III secolo d.C. e fu maestro di scuola a Sicca Veneria: convertitosi al cristianesimo in età avanzata, morirà nel 327 d.C.. Delle sue opere ricordiamo l’Adversus nationes, composto di sette libri: fu scritto dopo le persecuzioni nei confronti dei cristiani da parte di Diocleziano, convinto pagano. Nell’opera di Arnobio si nota molto come egli si fosse convertito in età adulta. Egli forza un’aggressività antipagana e sulle inesattezze dottrinali, e su questi due binari egli alterna un linguaggio forbito e di elegante retorica a bizzarre costruzioni fantastiche. I suoi strumenti stilistici erano la sagacia, il senso del ridicolo e la capacità di scoprire flagranti contraddizioni in tutto ciò che andava confutando.

Emojis Logics – How to Explain Logical Thinking to a Four-Year Old

Emoji Logic, Author

Run out and find me a four-year-old child. I can’t make head or tail out of it. – Groucho Marx

 

Introduction to Emoji Logics and Caveats

For many years I studied formal logics and set theory alongside everything else. They were the intrinsic foundation of my background work, the one that never appeared on the surface because it was too personal and too specific at the same time.[1] Moreover, in spite of many applications of formal logic thinking from war to society, I never fully embraced the sheer love for machinery or formal symbolism because I am much more semantically driven.[2] In fact, I am obsessed by semantics and natural language and the more I think about them the deeper the obsession. Although I have been always skeptical on analytic philosophy implicitly share belief that it is all about bad use of unclarified language and truth-values, I am in fact as obsessed as the later Wittgenstein or Kant in the three major critiques, which are essentially a quest for understanding how our judgements (statements) is even possible. In fact, I even argued that the deconstruction of judgement through language was ultimately what Kant achieved in the Critique of Pure Reason.[3]

However, this does not change my sheer admiration for those pillars of thought who elaborated formal logics how we know it and Kurt Godel has been my logical hero since I started my logical quest twenty-four years ago.[4] As a result of my effort to teach formal and informal logics, I arrived to conceive an idea to how teach basic principles of formal logics to kids. I am not very versatile with very young kids, that is, less than 14 and I don’t have any evidence of specific applications of the system I am proposing here, but the idea is very simple. Formal logic is about creating a system of codified symbols to be manipulated syntactically, that is, through the ‘simple’ application of rules, we can be creative in selecting what symbols we want to use. What if we are creative and use emoticons for formalizing propositional logic?

With this intuition in mind, I propose the following formal logic game that could be used for teaching logic to kids. I welcome any reader to try and report what happened and how it worked in the comments section.

VENERE IN CORNICE – L’omaggio floreale della farfalla sul mare / The floral gift of a butterfly on the sea

Per Roger Deakin, esteticamente la Natura ha creato le farfalle come un omaggio per i fiori, portando la bellezza in volo. Sarà anche un insegnamento al rispetto, quando l’entomologo ricorrerà alla retina. Camilla ha posato sulla battigia, al mare. Pare che l’abbigliamento omaggi le onde, tramite la “clessidra” del busto con la strozzatura d’un fiocco. Se noi guardiamo il mare, è anche affinché la memoria ci ispiri. Ma quanto il braccio sinistro, piegandosi, avrebbe assunto la configurazione d’una retina per farfalle? Il petalo deriverebbe dal sole all’orizzonte, coi propri raggi sull’acqua. Più realisticamente Camilla danza. Il boxer da donna si percepirebbe all’infiorescenza per la rete, e da un’incandescenza che riposasse col rosa.

Espellere l’indicibile: una lettura filosofica tra psicoanalisi e dialettica

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1.  Introduzione: il negativo come condizione del pensiero

In questo scenario, filosofia e psicoanalisi si incontrano: entrambe sono chiamate a pensare l’impensabile, a trattenersi presso il negativo senza cedere alla tentazione del senso immediato. Il pensiero, in quanto tale, si origina sempre da una frattura: «Pensare è sempre pensare contro se stessi», scriveva Adorno, rifiutando ogni riconciliazione prematura (Adorno, 1966)[5]. È su questa frattura che questo saggio intende soffermarsi, per pensare il trauma non come un limite, ma come una soglia: il luogo stesso in cui si apre la possibilità della trasformazione.

La difficoltà a simbolizzare l’esperienza traumatica ha prodotto un incremento di fenomeni regressivi: violenza, panico morale, negazione, agiti collettivi. Tali manifestazioni possono essere comprese come “deiezioni psichiche”, secondo la felice espressione coniata da Federica Mazzocchini, ossia come espulsioni dell’indicibile che il soggetto non riesce a elaborare mentalmente. Come nota Julia Kristeva, «ciò che viene rigettato non per questo scompare. L’abietto è ciò che inquieta un’identità» (Kristeva, 1980)[4].

La tecnica dodecafonica e la querelle sul “Doctor Faustus” di Thomas Mann

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Arnold Schönberg parla del lungo percorso musicale che lo ha portato a quella che lui chiama la “scoperta” della dodecafonia in una conferenza del 1941 da lui tenuta all’Università della California, poi rivista e pubblicata nel 1950 nella raccolta di saggi Style and Idea. La dodecafonia, spiega, non è un “sistema della scala cromatica”, ma un vero e proprio metodo. Sono stati necessari ben dodici anni di tentativi per riuscire nella titanica impresa di creare un nuovo modo di comporre, in grado di sostituire quelle “articolazioni strutturali” che prima venivano garantite dal sistema tonale. Schönberg chiama questo nuovo metodo da lui ideato metodo di composizione con dodici note poste in relazione soltanto l’una con l’altra. La caratteristica principale di questo nuovo – e complesso – modo di comporre musica è quella di utilizzare soltanto una serie di dodici note diverse per ogni composizione: nessuna nota può essere ripetuta nella serie e questa deve obbligatoriamente utilizzare tutte le dodici note della scala cromatica in un ordine diverso rispetto a quello in cui si presentano nella scala. Come spiega Eimert nel suo Manuale di tecnica dodecafonica, “la musica dodecafonica esiste soltanto come sistema di rapporti tra le dodici note […] la più piccola unità di questa musica è la configurazione delle dodici note…”[1]: se la più piccola unità del sistema tonale è la singola nota, nel metodo dodecafonico, invece, essa diventa la serie.

Elisa Pappalardo – Itaca [Recensione e intervista alla poetessa]

A cura di Elisa Pappalardo e Simone Di Massa

Introduzione:

Nel corso dei secoli, l’arte del poetare ha subito drastici ridimensionamenti, passando dall’essere prerogativa e appannaggio di pochi, spesso dotati di una profonda erudizione, all’essere accessibile pressoché universalmente. Un percorso, certo, di democraticizzazione dell’ars poetandi, e mi arrogo di ritenere che questo carattere di accessibilità ben meglio assolva alla missione salvifica della poesia: in un mondo dai connotati spesso tragicomici, la poesia è il mezzo con cui ognuno può nobilitare il proprio animo. Si ha forse ragione di ritenere che l’anelito poetico sia connaturato all’animo umano, e meglio di me ha saputo dirlo Roberto Benigni nel film La tigre e la neve (2005), con la celebre frase «Cos’è la poesia? Non chiedermelo più. Guardati dentro, la poesia sei tu». Un invito, quello di Benigni, ad abbracciare l’arma della poesia, dono concesso a chiunque lo voglia ricercare, e al contempo a rispettare questa sacra e potente attività («E vestitele bene le poesie! Cercate bene le parole!»).