Press "Enter" to skip to content

Petronio e il Satyricon

Iscriviti alla Newsletter!

Consigliamo Cicerone e Percorso di letteratura latina


L’esistenza di un letterato latino chiamato Petronio è oggi ancora molto controversa: infatti, non sono molte le attestazioni che ci riportano notizie riguardo il grande genio letterario che ha scritto forse la più conosciuta (o per lo meno sentita) opera letteraria latina, il Satyricon. Le poche notizie pervenuteci dunque, sono arrivate tramite la storiografia di Tacito che però nei suoi Annales ci parla di un tale chiamato T. Petronius Niger; “an account that may be supplemented, with caution”, notizie quelle di Tacito che vanno prese con le dovute precauzioni.

Pare che Petronio fu un console del 62 d.C. suicidatosi quattro anni più tardi per volontà di Nerone. Nelle trascrizioni del Satyricon è riportato l’autore “Petronius Arbiter” ed è probabilmente da ricollegare a una definizione di Tacito che riferiva  che Petronio fosse un arbiter elegantiae. È per questo che la maggioranza della critica e degli studiosi accetta di buon grado di attribuire a questo Petronio la paternità dell’opera. Rimaniamo comunque all’interno della sfera cronologica dell’età Giulio Claudia.

L’opera massima di questo letterato è senz’altro il Satyricon. Ci è stato tramandato un lunghissimo frammento narrativo in prosa e, purtroppo, siamo orfani dei capitoli finali: non sappiamo di quanti libri fosse composto il romanzo; le parti conservate sono dei frammenti dei libri dal 14 al 16 e l’intero libro 15. È stato questo senz’altro quello che possiamo considerare il primo “romanzo moderno” che ispirò i romanzieri del Seicento e del Settecento che potevano usufruire della stessa versione dell’opera pervenuta a noi.

Come l’autore, anche la data, il titolo, il significato del titolo e altri particolare sono a noi quasi estranei. Tutti gli elementi di datazione interni all’opera, ci fanno presumere di trovarci all’interno dell’epoca del principato di Nerone (54 – 68 d.C.): i personaggi storici, le figure del romanzo e gli ambienti sono tutti riconducibili a questo periodo e niente ci può far pensare che sia stato composto in epoca più tarda. Ciò che ha comportato più difficoltà nello studio dell’opera (oltre tutti i dettagli già accennati), è senz’altro il fatto che si tratta di un’opera con uno stile del tutto innovativo, con dei volgarismi linguistici inconcepibili in tutti i generi letterari antecedenti: l’autore fa uso di un linguaggio “non letterario” o per lo meno inedito. Quest’opera è dunque anche una preziosa attestazione del linguaggio usato dal popolo, il sermo quotidianis. Come vedremo a breve, l’uso di questo linguaggio scurrile si fonderà perfettamente con l’intreccio narrativo del romanzo, anche se il narratore (Encolpio) riterrà più giusto usare un linguaggio più distaccato, e dunque più colto, da quello dei liberti.

Quando dobbiamo parlare della trama di quest’opera non possiamo fare a meno di lottare con la realtà frammentaria di ciò che ci è giunto e delle difficoltà ad esse connessa. Tuttavia possiamo comunque delineare una certa continuità da ciò che ci è giunto, con momenti di grande letteratura, come tale viene considerato il capitolo della cena trimalcionica. La storia è narrata in prima persona dal protagonista Encolpio, l’unico personaggio assieme ad Gitone che compare in tutti gli episodi del romanzo. Egli sarà protagonista di improbabili peripezie, che renderanno la storia ricca di colpi di scena divertenti ed imprevedibili, con descrizioni alle volte minuziose (come la cena già citata) e altre volte scarne e frettolose.

Il romanzo inizia con Encolpio che discute faccia a faccia col suo maestro di retorica, Agamennone, riguardo la decadenza dell’oratoria stessa, solamente che il mentore di Encolpio appare come un professore “fantoccio” che elargisce consigli e pareri un po’ arrembanti.

Dai primi versi apprendiamo poi che Encolpio sta affrontando un viaggio assieme a un avventuriero dal passato turbolento chiamato Ascilto, e assieme a un giovinetto di bell’aspetto chiamato Gitone. Fra questi tre personaggi nasce un triangolo amoroso ed è qui che entra in scena una matrona chiamata Quartilla che farà partecipare i facenti parte del menage a un rito in onore del Dio Priapo (dio dalla ostentata sessualità maschile, cacciato dall’Olimpo per aver abusato di Estia, la dea della casa). Priapo sarà un protagonista divino pervasivo in questo romanzo: tutti gli episodi infatti, avranno a che fare coi suoi riti o con delle sue raffigurazioni, che daranno vita a scene equivoche e alle volte eroticamente esplicite. Sfuggiti dalle grinfie di Quartilla, i tre vengono invitati ad un banchetto in casa di Trimalcione, un ricchissimo liberto la cui rozzezza segnerà gli eventi della cena stessa. La cena viene descritta minuziosamente e completa nella sfarzosità, dovuta dalla ricchezza del padrone di casa, caso divenuto icastico dell’arricchito rozzo e volgare. Vengono riportati i dialoghi fra i vari convitati ed è un evento casuale che libera Encolpio dalla cena permettendogli di proseguire il proprio viaggio.

È in questo momento che nascono le prime rivalità amorose fra Encolpio e Ascilto: infatti, entrambi sono gelosi nei confronti dell’amore di Gitone. Quest’ultimo, in questa parte della vicenda, fugge via con Gitone e Encolpio ritiratosi solitario in una pinacoteca ha (stranamente) una conoscenza imprevista con un nuovo personaggio: Eumolpo. Egli è un poeta vagabondo di una certa età dal grande spirito di avventura e si presenterà ad Encolpio narrandogli le storie della conquista di Troia. Dopo diverse peripezie Encolpio recupera il suo compagno Gitone e riesce a liberarsi di Ascilto (il quale non ricomparirà più nella narrazione), ma non di Eumolpo che tenterà a sedurre a sua volta Gitone, infervorando l’ira del protagonista dell’opera.

Si è formato dunque un nuovo triangolo amoroso che si imbarca dopo mille problemi in un mercantile. Sulla nave però il capitano altro non è che il peggior nemico di Encolpio, Lica, le cui vicende fanno parte della parte soppressa dell’opera. All’interno del mercantile, viaggia anche una signora dai dubbi valori, chiamata Trifena, già conosciuta ad Encolpio. Quest’ultimo è in balia di Lica che vuole vendetta, e a nulla servono i tentativi di Eumolpo di fare da mediatore con la famosa narrazione della Matrona di Efeso. Fortunosamente una tempesta si abbatte sul mercantile e grazie alla violenza delle onde, Lica verrà scaraventato fuori bordo e dopo che la nave affonda il trio (Trifena riesce a fuggire con una barchetta) si ritrova sulla riva di una spiaggia.

Si ritrovano nelle vicinanze di Crotone: la città è in mano a ricchi che si ritrovano tutti sfortunatamente senza eredi e ai cacciatori di testamenti, che cercano invece di rabbonirsi i ricchi per trarre vantaggio dai loro beni. Da qui alla fine della parte a noi conosciuta si frammentano episodi molto divertenti come la perdita delle facoltà sessuali da parte di Encolpio, perseguitato dal Dio Priapo, e da un raggiro ideato dal trio ai danni dei ricchi crotoniati, i quali però scoperta la truffa, si rifaranno su Eumolpo, Encolpio e Gitone con un episodio di cannibalismo.

Non sappiamo come si conclude la vicenda di Crotone, né il resto del romanzo e immaginare un finale risulta impossibile, vista la congerie di eventi eterogenei e intrecci creatosi dall’inizio della narrazione. La nostra fantasia è dunque libera di ricreare un finale alla storia (ma anche un inizio, non scordiamoci infatti che noi abbiamo conoscenza dell’opera già a metà intreccio narrativo) e di cercare di capire quanto sia vicino ai nostri romanzi moderni.

Analizzata la fitta trama di quest’opera, è doveroso ripercorrere i passi che tracciano il genere letterario del Satyricon: infatti, appare chiaro che si tratta di un’opera anomala per l’epoca, con uno stile letterario del tutto nuovo. Qualche studioso, infatti, mette in dubbio la paternità dell’opera e la stessa datazione, ritenendolo un falso storico: ma allora perché non ci è giunta per intero? Il Satyricon usciva tanto dagli schemi, da non avere delle trattazioni teoriche da parte dei letterati latini che si limitavano a definire questo schema narrativo historia, fabula o Milesia; molti letterati non approvavano testi simili, un po’ troppo arditi e coloriti nelle metafore erotiche secondo gli schemi letterari dell’epoca e troppo frivoli.

Abbiamo convenzionalmente definito il Satyricon “un romanzo” perché: nella storia latina sole due opere rispecchiavano un genere eterogeneo e queste opere sono appunto lo scritto petroniano e le Metamorfosi di Apuleio. Altri testi greci databili fra il I secolo e il IV secolo d.C. possono far parte della cerchia romanzesca arcaiche e sono il Cherea e Calliroe di Catone, Leucippe e Clitofonte di Achille Tazio, Dafne e Cloe di Longo Sofista e le Etiopiche di Eliodoro. Dunque il dibattito sulle origini di questo filone letterario è ancora aperto.

Il romanzo greco ripercorre delle trame lineari caratterizzate, solitamente, da delle coppie di amanti che affrontano delle peripezie della vita di coppia con degli intrecci mirati a creare una serie di incidenti che ritardano il felice scioglimento finale dei problemi: queste opere sono “piatte” nel senso che caratterizzate da un linguaggio semi-serio. L’amore è trattato con estrema pudicizia, come elemento sacrale, serio ed esclusivo. Questi romanzi greci si rifanno direttamente ai temi della Commedia nuova ateniese. Il Satyricon, dunque, come lo definisce Gian Biagio Conte, è l’antiromanzo greco: nell’amore non c’è spazio per castità e pudicizia, e il protagonista sembra sballottato fra mille peripezie e intrecci sessuali. Qualche studioso si azzarda nell’asserire che Petronio abbia scritto quest’opera proprio per voler parodiare il romanzo greco, tuttavia appare difficile difendere questa tesi in quanto l’esclusività dell’opera tende a fare pensare che Petronio, o chi per lui, avesse l’idea che l’amore, il sesso e l’impudicizia vanno di pari passo, senza voler ironizzare sulla purezza mentale dei romanzieri greci.

Un altro genere da cui Petronio potrebbe aver preso qualche elemento è il filone della letteratura novellistica caratterizzato dalle fabulae milesiae portate a Roma nel I secolo a.C. dallo storico Sisenna e che caratterizzavano i temi dei mimi romani. L’episodio della Matrona di Efeso appare come una classica storia milesia dove i temi della storia stessa si oppongono a qualsiasi idealizzazione della realtà. Come possiamo capire tutte queste incertezze rendono l’opera e l’autore ancora più affascinanti.

Un altro importante elemento nel romanzo latino è l’alternarsi di una prosa narrativa a quello della poesia che fa di questo testo un prosimetron. La libera alternanza di prosa e poesia non ha espliciti riferimenti nella letteratura passata: il punto più vicino di riferimento è senz’altro l’Apokolokyntosis di Seneca. Questo genere, prosa e poesia alternata, ha delle origini ben precise che son da rimandare a Menippo di Gadara.


Bibliografia

Pili G., Satiricon Petronio, www.scuolafilosofica.com, 2011

http://www.britannica.com/EBchecked/topic/454501/Gaius-Petronius-Arbiter

Pili W., La letteratura latina nell’età giulio-claudia: i generi minori, www.scuolafilosofica.com, 2013

Pili W., La letteratura latina alla fine della repubblica romana, www.scuolafilosofica.com, 2013,


Wolfgang Francesco Pili

Sono nato a Cagliari nell’aprile del 1991. Ho da sempre avuto nelle mie passioni, la vita all'aria aperta, al mare o in montagna. Non disdegno fare bei trekking e belle pagaiate in kayak. Nel 2010 mi diplomo in un liceo classico di Cagliari, per poi laurearmi in Lettere Moderne con indirizzo storico sardo all'Università degli studi di Cagliari con un'avvincente tesi sulle colonie penali in Sardegna. Nel bimestre Ottobre-Dicembre 2014 ho svolto un Master in TourismQuality Management presso la Uninform di Milano, che mi ha aperto le porte del lavoro nel mondo del turismo e dell'accoglienza. Ho lavorato in hotel di città, come Genova e Cagliari, e in villaggi turistici di montagna e di mare. Oggi la mia vita è decisamente cambiata: sono un piccolo imprenditore che cerca di portare lavoro in questo paese. Sono proprietario, fondatore e titolare della pizzeria l'Ancora di Carloforte. Spero di poter sviluppare un brand, con filiali in tutto il mondo, in stile Subway. Sono stato scout, giocatore di rugby, teatrante e sono sopratutto collaboratore e social media manager di questo blog dal 2009... non poca roba! Buona lettura

Be First to Comment

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *