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Beethoven – Quarto Concerto per Pianoforte e Orchestra

https://www.flickr.com/photos/hansthijs/3630615912

Qualche mese fa, ho ascoltato per la prima volta il Quarto Concerto per pianoforte di Ludwig Van Beethoven, fatto raro poiché il 95% di tutta la mia conoscenza musicale deriva dalla registrazione. Di recente ho sentito il secondo di Shostakovich pianoforte concerto, che è uno dei migliori mai scritti, paragonabile a quelli di Beethoven. Quindi, è stata davvero una grande emozione. Ero così concentrato nell’ascoltare tutti i diversi dettagli e sfumature che ho tenuto gli occhi chiusi in un’analisi approfondita per tutta la durata del concerto. A mio avviso, il quarto concerto è uno dei brani musicali più stimolanti di sempre. È calmo e pieno di momenti di gioia ma sempre con una sorta di cadenza sospetta. Ho sempre associato il primo movimento alle sensazioni che ho trovato nelle indagini razionali o ad alcuni momenti dell’analisi di Sherlock Holmes. È dettagliato ed emozionante, come quando ti rendi conto che stai attraversando qualcosa di grandioso e stai aprendo la profondità del campo davanti a te. È uno stato mentale emotivo di calma. La calma della ragione che svela la verità e il profondo apprezzamento che ne deriva: questo è quello che ho sempre visto in esso. È così difficile spiegare a coloro che vivono di “emozioni” disgiunte dalla ragione che non ci ho quasi mai provato, essendo una sorta di platonico-agostiniano in questo senso: accetto l’idea che solo pochi possano relativamente comprendere ciò che sto dicendo. Sto parlando della profonda connessione tra ragione e apprezzamento, per quanto calma e profonda essa sia. Mi ricorda la concezione stoica ed epicurea dello stato d’animo ideale: contemplazione razionale della verità senza ulteriori emozioni.

Il secondo movimento è più curioso e contemplativo, come quando si finisce di pensare profondamente e ci si rende conto che la logica e gli esseri umani, dopo tutto, non seguono lo stesso schema. E tu sei solo nella tua stanza con i tuoi appunti, e ti chiedi se potrebbe esserci qualcosa di diverso. È triste ma comunque calmo e meditativo, come quando stai considerando solo una possibilità, un’alternativa, ma non necessariamente ciò che pensi o credi veramente. Sai che c’è, ed esplori quell’incertezza con onestà ma senza necessariamente approvare la possibilità come reale. È sempre possibile che il pensiero ordinario sia migliore della ragione e della comprensione. Forse una vita più facile per qualsiasi standard, forse stai facendo qualcosa di sbagliato nel pretendere così tanto da te stesso e, direttamente o indirettamente, dagli altri. Ma osserva quanto è breve il movimento, come una nuvola nella mente brillante che deve essere considerata perché è troppo onesta per scaricare qualsiasi possibilità senza puro peso e calcolo. Ma deve anche andar via, esser lasciata passare.

E poi, il 3° movimento, che è una perfetta combinazione della visione concettuale già espressa nei termini dei temi presentati nel primo. È più positivo e più energico, ma non va oltre una certa soglia nella pura espressione dell’esperienza gioiosa della ragione. L’elaborazione di una delle calde espressioni di amore per la conoscenza che abbia mai trovato ovunque è sottile. È un’autocontenuta espressione di ammirazione per la comprensione di come stanno le cose, com’è la verità. C’è sempre il senso di una natura esplosiva sotto la superficie della mente razionale; sembra che il movimento debba far esplodere tutto da un momento all’altro come in altre composizioni di Beethoven (ad esempio il secondo movimento della 9a sinfonia).

E invece, invece!, non raggiunge mai quel momento, quella soglia. Ma l’assoluta possibilità, la profonda consapevolezza che cresce dentro di te riguardo a quel potenziale esplosivo, che non viene mai pienamente raggiunto, crea un senso di combinazione di tensione e agio e calma che solo poche persone nella vita, credo, possono provare. È l’apice di quando contempli ciò che hai appena fatto attraverso l’esplorazione più profonda della tua ragione, di ciò che hai appena capito, analizzato e fissato una volta per tutte. In quel preciso momento, apprezzi che nonostante tutti gli errori malvagi e involontari del mondo, c’è qualcosa di così fondamentale che va anche oltre il bene. Questa è la verità: non è importante che sia buono o cattivo, giusto o sbagliato. È più grande e più semplice di così. È il Dio di Spinoza; è la concezione classica della perfezione. È proprio così; non riguarda noi umani. Non siamo così importanti “in the greater scheme of things”, ma attraverso di noi la verità può finalmente prendere forma; si può esprimere.

Ho sentito il motivo di scrivere questa riflessione sparsa perché ieri ho avuto un momento in cui ho rivissuto, per un breve istante, quelle idee e relativi sentimenti. E ho pensato ancora: questo è così grande, così pieno di pace e razionalmente inconcepibile, che c’è qualcosa oltre lo spazio e il tempo che è così buono da essere anche migliore del bene stesso. Se ho avuto un momento nella vita in cui sono stato in grado di formulare quel pensiero e di significarlo per me, allora la vita  non può essere  ridotta al male qualunque siano gli sforzi della vita per dimostrarmi che avevo torto .


Giangiuseppe Pili

Giangiuseppe Pili è Ph.D. in filosofia e scienze della mente (2017). E' il fondatore di Scuola Filosofica in cui è editore, redatore e autore. Dalla data di fondazione del portale nel 2009, per SF ha scritto oltre 800 post. Egli è autore di numerosi saggi e articoli in riviste internazionali su tematiche legate all'intelligence, sicurezza e guerra. In lingua italiana ha pubblicato numerosi libri. Scacchista per passione. ---- ENGLISH PRESENTATION ------------------------------------------------- Giangiuseppe Pili - PhD philosophy and sciences of the mind (2017). He is an expert in intelligence and international security, war and philosophy. He is the founder of Scuola Filosofica (Philosophical School). He is a prolific author nationally and internationally. He is a passionate chess player and (back in the days!) amateurish movie maker.

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