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Categoria: Saggi

Una vecchia storia – Uno studio filosofico sull’alcolismo

Una delle principali cause di morte dirette o indirette nell’Occidente è senza dubbio l’assunzione smodata di alcolici. Non solo è impossibile stimare la quantità di persone decedute per malattie correlate all’assunzione di alcol, sia nel tempo (nei secoli) che nello spazio (nei vari continenti), ma è pure impossibile elencare la copiosa quantità di articoli giornalistici, saggistici, moralistici, scientifici e parascientifici dedicati all’argomento. In generale, sembra che in questi ultimi anni l’attenzione sia leggermente cresciuta nella considerazione del problema a livello giovanile, come se il fatto riguardasse esclusivamente i giovani e non tutto il complesso della società. In secondo luogo, sembra sfuggire il fatto che l’origine di questo costume sia difficile da datare. Nella maggior parte dei casi, data la scarsa attenzione generale alla storia dell’uomo, si considera il fenomeno con gli occhi attoniti del presente, senza scrutare in avanti (ragioni) o indietro (motivazioni storiche) in questo fenomeno. Il motivo principale è senza dubbio la scabrosità delle conseguenze che tale problema implica: l’incapacità di fornire una visione positiva della vita da parte di chi accetta o condanna il fenomeno. Questa incapacità è rimarcata dal fatto che, nella storia, l’unico serio tentativo fatto per sradicare il fenomeno sia stato quello di proibire l’assunzione dell’alcol, per ragioni sociali (negli Stati Uniti negli anni ’30 del XX secolo) o per ragioni morali (come prescrive la religione musulmana).

Riflessione sul cosmopolitismo: storia e definizione

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Il cosmopolitismo è una dottrina filosofica per cui l’uomo si pone al centro di una struttura complessa chiamata ‘mondo’. Essa sostiene l’irrilevanza all’appartenenza ad una determinata nazione e difende l’idea invece che l’essenza, nonché il dovere, dell’uomo è quella di essere cittadino del mondo. È dunque una corrente in forte contrapposizione a tutte le spinte e correnti di stampo nazionalistico e razziste.

Perché non ero su facebook

I. Ass.Assumo che la vita privata di un individuo attiene solo all’individuo.
II. Def.: Vita privata: tutto ciò che riguarda le condizioni interiori di un individuo, dalle opinioni ai sentimenti. Tutto ciò che riguarda le condizioni interiori di un individuo riguarda ciò che egli è in quanto essere umano, e non come persona.
II.I. Def. Persona: entità definita in base a un ruolo sociale, passibile di diritti e doveri di natura sociale e legale.
II.II. Ass. Dignità individuale: ogni essere umano gode della dignità di esistere e la dignità prescrive dei doveri etici.
II.III. Ass. Violazione della dignità: posto (II.II) nessun essere umano può privare o limitare la dignità dell’altro senza privare o limitare la propria.
NOTA: Sicché tutti coloro i quali violano la mia dignità sono passibili di ritorsione e sono eticamente condannabili.

Autorità e prestigio – Una analisi di un fenomeno sociale

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L’autorità è una parola che oggi come oggi piace poco. In un’epoca in cui regna sovrano lo scetticismo, sembra impossibile pensare all’esistenza di autorità di qualunque natura esse siano. Alla parola ‘autorità’ si associa sempre qualche personaggio storico a noi poco gradito: qualcuno pensa ad un politico, qualcuno pensa a un religioso, qualcun altro pensa ad un guru sociale. A ognuno la sua autorità sgradita. In particolare, negli scacchi hanno sempre dominato tre generi di autorità: i teorici, i campioni e, più nascosti, i burocrati. Per chi voglia le definizioni di queste tre categorie, dovrà aspettare qualche riga. Due domande: oggi esistono ancora delle autorità? Ma, soprattutto, chi sono le autorità?

La seconda domanda è di importanza capitale, perché si parla spesso di autorità di questo e di quello, senza definire in alcun modo il termine. Inoltre, non è possibile fornire una risposta qualunque alla prima domanda, se non si è preliminarmente definita l’autorità. Si dà spesso per scontata la conoscenza dei termini alla base delle argomentazioni, solo perché la loro investigazione richiede molto più sforzo e tempo. Oppure perché si è talmente invogliati a parlare del tema caldo, che ci si dimentica il lavoro preliminare, come chi alza la vela senza aver mollato il cavo dell’ormeggio. Avanza, ma poco e rischia di perderci la barca.

Oltreuomo – Dopouomo

Il saggio che presento è un abbozzo delle mie idee sull’argomento di quale sarà il gradino evolutivo successivo all’uomo, che spero di sviluppare nel futuro, anche magari grazie ai commenti di casuali lettori – e parlo con Te, nello specifico!

Finalmente abbiamo un’immagine dell’Oltreuomo (o del Dopouomo, come ho deciso di chiamarlo, usando un termine maggiormente neutro, ovvero non indicante per forza di cose un superamento, ma solamente una gerarchia temporale tra l’uomo e quello che verrà appunto ‘dopo’), che non è la narcisistica proiezione dei nostri Difetti in una Bestiaccia Celeste già pronta a cadere ai piedi della nostra meschinità, ma ch’è proprio derivata da una certa analisi (ipotetica) dell’evoluzione della vita, per quanto possibile elaborata a prescindere dal nostro capriccio e dalle nostre preferenze valoriali o poetiche o religiose o, in generale, personali.

Waka Waka This time for Africa – Ovvero uno studio su un risultato vincente dell’industria culturale di massa.

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Questa breve analisi vuole mostrare due proprietà importanti della canzone Waka Waka (This time for Africa): primo, si tratta di un prodotto dell’industria culturale e, come tale, va considerata sul piano della lavorazione prim’ancora che del livello estetico; secondo, che essa è stata una progettazione complessa programmata per essere un “contenuto culturale vincente”, vale a dire capace di attirare l’attenzione di milioni di individui.

Un prodotto dell’industria culturale è un qualunque artefatto che contiene informazioni con il solo scopo di un guadagno, sia esso economico o di prestigio, o di entrambi. Se la definizione proposta è vaga, è solo perché la produzione dell’industria culturale è, di per sé, molto variegata e include molti artefatti culturali di genere molto diverso. La principale caratteristica, però, rimane il fine: se ogni opera d’arte deve avere un fruitore potenziale, ciò non vuol dire che essa abbia come scopo un guadagno, inteso come la massimizzazione di un’utilità tangibile. Assumiamo che l’Arte, distinta, in ciò, dalla pura produzione di artefatti culturali, sia la produzione di opere belle, cioè rimarchevoli da un punto di vista estetico. Allo stesso modo, assumiamo che la produzione di Conoscenza, in qualsiasi forma essa si presenti, sia slegata dal guadagno, come l’abbiamo precedentemente definito. In questo senso, possiamo parlare dei contenuti dei prodotti dell’industria culturale come degli artefatti informativi che non hanno come scopo né la produzione di opere esteticamente rimarchevoli, né di opere conoscitivamente rilevanti, ma solo artefatti (perché prodotti da individui attraverso strumenti) informativi (perché hanno come contenuto un materiale da consumare a livello mentale) il cui scopo è divertire lo spettatore e far avere vantaggi al produttore.

Manifestare il dissenso con gli atti linguistici

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Mussolini marcia su Roma e vuole prendere il potere. Un’immensa folla lo segue. Prima domanda: la folla che segue Mussolini sta compiendo un atto linguistico favorevole alla presa del potere da parte del Duce oppure no? Invece, coloro che guardano Mussolini sfilare senza dire una parola, stanno sostenendo il Duce o no?

Lo scialle giallo – Storia della prostituzione – Braun Lasse

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La storia della prostituzione è una delle vicende più interessanti e meno studiate dalla storiografia professionale. Ciò, per diversi motivi. In primo luogo, sebbene essa sia la testimonianza di una parte importante della componente sociale, attraverso la quale si può capire meglio la natura umana nella relazione con il sesso, essa non compare in primo piano nelle vicende storiche rilevanti. Ammesso e non concesso che i grandi personaggi storici si siano mai avvalsi di prostitute, come personaggi di mediazione o come persone capaci di aver su di loro una certa influenza, ciò non sarebbe notato volentieri da nessuno. Infatti, è un fatto recente l’ammissione di certi politici alla loro attiva partecipazione a certi menage.

L’università italiana, un mondo ai confini con la realtà. Analisi critica della “Peculiare Istituzione”.

Che cosa si debba ottenere dal proprio corso di studi è una questione dibattuta. I più considerano lo studio post-diploma come un investimento sul tempo e sulla qualifica, piuttosto che esperienza formativa. In linea di massima, chi si iscrive all’università lo fa con l’idea di ottenere un “futuro”, indipendentemente dalla propria capacità e conoscenze. E’ una scommessa.

Le nuove matricole, secondo dati ISTAT (2008), sono 308.000. C’è un leggero calo. Ciò è dovuto anche alla diminuzione dei ragazzi dell’età di 19 anni. Che i giovani siano alla ricerca di lavoro e siano indirizzati verso corsi di Laurea di “formazione professionale” è un dato ricavabile dalla loro scelta: nella hit parade vediamo al primo posto le lauree del gruppo economico con una quota di iscritti pari a 41.000 nel 2007. Al secondo posto abbiamo il gruppo giuridico con 36.000 iscritti e al terzo la facoltà di Ingegneria con 31.000 persone. Al quarto posto c’è il polo letterario con iscritti pari a 24.000. Va tenuto presente che in “Lettere” sono inseriti molti corsi di studio che far rientrare nella categoria letteraria è almeno discutibile. Dopo il polo letterario abbiamo Medicina con 19.000 iscritti. Si tenga conto che quasi tutti i corsi per lauree attinenti ad attività mediche sono a numero chiuso. Per esempio, esiste un corso di studi per insegnare ad usare i macchinari di cardiologia presente in tre università (di cui una è privata) e ha un totale massimo di iscritti che non supera i quaranta per regola. Se ci fosse libertà di iscrizione è probabile che i medici supererebbero tutte le altre facoltà.

Elementare, come dire: “Guardo l’orologio”. Il racconto di un’esperienza di Volontariato.

Di Pili G.                 www.scuolafilosofica.com

Il mio primo giorno di lezione nella scuola serale per extracomunitari, l’istituto “La tenda” a Milano in via Livigno, è stato un mesetto fa, quando, insieme ad un altro “docente” più anziano, ho testato le mie doti d’insegnante. Erano le sette e mezzo di sera, quando Giancarlo mi ha lasciato lo spazio per improvvisare una lezione.

Facciamo qualche precisazione. La lezione verteva su argomenti assai speciosi, di genere filosofico e astratto, quali le lettere dell’alfabeto, in particolare le vocali “e” ed “o” e il suono delle lettere “c” e “g” con o senza “h”. Per chi non lo sapesse, come me allora, gli arabi non hanno i suoni “e” e “o” né lettere corrispondenti nel loro alfabeto. Era la prima volta che mi trovavo di fronte a delle persone che non riuscissero a pronunciare alcune vocali. E’ un fatto curioso, importante e che porta a tanti pregiudizi pericolosi, quello di credere che ciò che sia più semplice è ciò che ci risulta più facile.