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Il cittadino libero ed eguale di fronte alle nuove app


Le opinioni riportate in questo articolo sono di sola responsabilità dell’autore e non riguardano in alcun modo Azione Filosofica


Inizialmente, ero molto preoccupato dall’idea che i governi europei si attivassero tutti per fare un’app per il cellulare. Ma poi mi sono rasserenato ragionandoci. Infatti, ricordandomi i fondamenti della civiltà e dello stato liberale, ho avuto la perplessità che l’aumento di controllo potesse essere direttamente a detrimento della mia già limitata libertà di iniziativa e attività individuale. Secondo la teoria dello stato liberale, che sta a fondamento della premessa stessa dei governi dei paesi europei, lo stato ha il dovere di garantire la sicurezza fisica dei cittadini in modo da garantire la loro stessa possibilità di iniziativa e azione all’interno del tessuto sociale ed economico di cui lo stato si erge a tutela dall’esterno – cioè non giudicando le opinioni e le conoscenze dei cittadini ma lasciando che il libero mercato delle idee sviluppi attivamente la propria autonoma versione di ciò che i cittadini ritengono meglio per loro stessi.

Tuttavia, le app governative non sono infatti prerogative di stati dotati di stato liberale con tipo di governo democratico. Lo stato liberale e la democrazia sono due nozioni distinte ma la nozione cardine è che in entrambi i casi i diritti dei cittadini rispetto alla loro libertà ed eguaglianza è riconosciuta. Quindi, anche in presenza di uno stato governato da una monarchia costituzionale, se essa è all’interno di uno stato liberale, anch’essa deve infatti rispettare i principi fondativi e regolativi del liberalismo che si fonda nell’universale riconoscimento di pari dignità, eguaglianza e libertà dei cittadini. Quindi, le app regolative circa spostamenti e comportamenti sono infatti proprie di stati come la Cina, in cui i cittadini non hanno le libertà fondamentali riconosciute dallo stato liberale, tra cui la libertà di opinione o la libertà di parola. Questo significa, in parole povere, che se un cittadino cinese pubblica o dichiara qualcosa contrario alle diciture statali, egli va in prigione o corre rischi anche peggiori – ovvero di venir semplicemente liquidato. Ora, pur non potendo sostenere che i paesi dell’Unione Europea siano infatti dei paesi governati in modo totalitario – cioè con la dittatura di un solo partito o classe di governo – è pur vero che qualsiasi azione che fa tendere i governi verso il modello totalitario deve destare preoccupazione. E dato il fatto che questo blog difende la libertà di parola e di libero pensiero secondo i criteri della democrazia impiantata sullo stato liberale, questo fatto non poteva che destare nell’autore dell’articolo una certa, non ben articolata, inquietudine. Tuttavia, ragionando ed entrando nei dettagli di questa specifica tecnologia, non si può che arrivare a conclusioni confortanti.

Prima di tutto, per vedere come i governi funzionano in pratica, bisogna andare sempre a vedere le loro stesse premesse e parole per comprendere quale sia la sostanza dietro la retorica. Ciò vale per tutto, ma vale specialmente in tempi di urgenza bisogna vigilare, se oltre alle parole di “amore per la democrazia” se ne voglia dare anche un senso. Intanto, l’app non è per tutti perché non tutti possiedono un Iphone o Smartphone. Infatti, supponiamo una casa di un paese europeo in cui l’età media è piuttosto alta con una crescita procapite di meno di 1.7 figli per famiglia. La composizione familiare tende ad assumere 3 persone per nucleo familiare in cui più della metà delle persone ha oltre 44 anni. In un simile realistico scenario, si dispone di uno smartphone a testa perché magari i più giovani ne hanno due mentre la nonna non ne ha e non è prevedibile ne avrà mai. Quindi, intanto, bisogna levare tutti i cittadini che non hanno uno smartphone.

Considerando che in certi paesi europei ci sono più della metà delle persone che hanno oltre i 44 anni e che ci sono persone avverse a questa tecnologia, essi vanno tutti eliminati dal conteggio perché inabili e resistenti ai cambiamenti tecnologici oppure perché incapacitati a comprare il dispositivo in tempi rapidi. Infatti, anche supponendo che il governo forzi l’acquisto delle suddette tecnologie capaci di far funzionare l’app, rimarrebbe (a) che è una soluzione difficile se non impraticabile (dove dovrebbe una nonna di 97 anni comprare lo smartphone pur essendo proprio lei la principale beneficiaria dell’uso di questa app?). (b) Essa sarebbe una disposizione molto impopolare visto che, a differenza che l’imposizione unilaterale delle casse telematiche (ad esempio), qui tutti sarebbero colpiti, cioè persone di ogni età e composizione economica – e sono molti soldi – dunque a meno di supporre che il governo si indebiti per coprire le spese che ammonterebbero comunque a milioni di euro. Nelle attuali condizioni in cui gli stati hanno già indebitato ulteriormente se stessi, vien difficile da credere che ci sarà qualcuno che voglia aprire un altro, simile debito.

Inoltre, esistono pur sempre categorie inabili all’uso di queste applicazioni – ad esempio – i bambini sotto una certa età. Il risultato è già apprezzabilmente inferiore a quello che dovrebbe essere se si rimane “nel vago”. Sempre rimanendo su questo specifico punto, l’app va installata per ogni dispositivo oppure ne basta uno? Ad esempio, per chi ha 2 smartphone e 1 tablet con scheda sim, egli deve installare 3 app? 2? O solo 1? Inoltre, se una persona ha 3 dispositivi e installa l’app in 1 solo dispositivo e continua incurante ad usare gli altri due, come si può appurare che questo è il suo standard stato di cose? Questo vale per la distribuzione dell’applicazione nei dispositivi. Veniamo adesso alla questione dell’efficienza. Perché sono state già tentate delle tecnologie statali di tipo applicativo per Iphone e smartphone ma, a giudicare dai risultati, non hanno avuto un esito propriamente incoraggiante.

Giudicando da una simile app para-statale, si può inferire che in passato empiricamente il governo non è riuscito a imporre neanche l’identità digitale. Infatti, l’app in questione ha riscontrato serie difficoltà da parte di molti utenti e da parte di chi doveva garantirne il funzionamento. In altri simili casi, per avere la password si devono fare operazioni poco intuitive, in alcuni casi addirittura aspettare una lettera cartacea, con buona pace dell’idea che con queste tecnologie salveremo la foresta amazzonica. Quindi l’app deve rispettare tre parametri di efficienza: (I) deve funzionare per ogni dispositivo, (II) deve essere user friendly per ogni tipo di utente – dato che, altrimenti, verrebbe meno all’impegno stesso dello stato di prendersi cura di tutti i cittadini, anche di quelli incapacitati verso queste tecnologie, e (III) deve consentire una solida efficienza da un punto di vista sanitario – altrimenti sarebbe semplicemente tempo e risorse umane ed economiche sprecate. Dato il ragionamento e i precedenti, tutto lascia pensare che infatti questo sarà il caso, il che rasserenerebbe coloro i quali credono che il governo non abbia di per sé la legittimità di scavalcare i valori ultimi della democrazia liberale anche quando urgenze s’impongano. In fondo, la differenza tra una democrazia e un governo totalitario sta nel fatto che l’esecutivo ha dei limiti imposti dalla costituzione a garanzia della difesa dei cittadini in quanto tali proprio dal rischio intrinseco di trasformare una democrazia in una dittatura. Non è questo il caso, ma la dittatura non è una condizione netta, e si può raggiungere per sane, progressive limitazioni.

D’altra parte, supporre l’efficienza sanitaria, è un punto anch’esso controverso perché non è molto chiaro come un tessuto privo di sostanziale informatizzazione a questo livello di dettaglio riesca a far fronte alla mole di dati e richieste che si genererebbe. Si dovrebbe supporre che proprio in mancanza di tempo e risorse riescono a consegnare una tecnologia efficiente – l’app – capace di funzionare in ogni dispositivo, con una password direttamente gestita dall’utente etc.. E’ molto importante. Rimanendo sempre su questo punto, l’app deve rispettare almeno due altre condizioni: essa è vincolata alle attuali regole statali più le regole europee per la gestione dei dati e la privacy, che infatti dovrebbero vigilare – nella migliore delle ipotesi – che i singoli stati rispettino le norme comunitarie. Ma il caso ungherese già sta lì a dimostrare quanto questo proposito faccia parte di quelle buone intenzioni che, per quanto buone, non necessariamente implicano anche buone politiche. L’impiego sistematico di una simile app risulta difficile soprattutto se si vuole un’app efficiente che, oltre tutto, va testata, come ogni tecnologia. Senza test semplicemente si rischia di inondare le tecnologie telematiche di programmi-spazzatura che andranno poi modificati, aggiornati e ritestati. Circa la rassicurazione della cancellazione dei dati è un fatto controverso – ovvero opinabile – perché dipenderebbe esclusivamente dalla “volontà” di una insieme di istituzioni che, in ultima analisi, dipendono esclusivamente da una congerie di regole e persone difficile da identificare e comunque al di là della verifica da parte del cittadino. Quindi, riassumendo, l’app governativa può funzionare se:

1. Essa è efficiente ovvero

1.1 Essa funziona da un punto di vista tecnologico nella totalità dei dispositivi a disposizione dei cittadini.

1.2 Essa funziona da un punto di vista sanitario ovvero è in grado di svolgere quanto si propone di fare in modo appropriato il che implica che

1.3 (1.2) è garantita da una serie di tecnologie garantite dal governo all’assistenza sanitaria la quale dovrebbe avere il tempo di imparare come usare i dati e le tecnologie preposte.

2. Essa è diffusa sufficientemente ovvero

2.1 Un numero statisticamente rilevante di cittadini la installa a condizione che

2.2 I cittadini la installino nel dispositivo che effettivamente essi usano anche durante gli spostamenti, inoltre

2.3 Soprattutto le fasce critiche (bambini e anziani) installano l’app – cosa per i primi impossibile per i secondi possibile ma difficile da applicare.

3. Essa deve pur sempre rispettare le clausole europee per la difesa dei dati personali e della privacy onde evitare rebounces etc.

Quindi, concretamente, è difficile credere che una simile tecnologia possa realmente funzionare specialmente nei tempi brevi.


Giangiuseppe Pili

Giangiuseppe Pili è Ph.D. in filosofia e scienze della mente (2017). E' il fondatore di Scuola Filosofica in cui è editore, redatore e autore. Dalla data di fondazione del portale nel 2009, per SF ha scritto oltre 800 post. Egli è autore di numerosi saggi e articoli in riviste internazionali su tematiche legate all'intelligence, sicurezza e guerra. In lingua italiana ha pubblicato numerosi libri. Scacchista per passione. ---- ENGLISH PRESENTATION ------------------------------------------------- Giangiuseppe Pili - PhD philosophy and sciences of the mind (2017). He is an expert in intelligence and international security, war and philosophy. He is the founder of Scuola Filosofica (Philosophical School). He is a prolific author nationally and internationally. He is a passionate chess player and (back in the days!) amateurish movie maker.

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