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Capitolo 5. Nasadiya Sukta

Prarthana1830590, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, via Wikimedia Commons

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Consigliamo – Di Francesco Margoni e I veda – Capitolo 1


Il testo chiamato Nasadiya Sukta appartiene al Rg-Veda (X,129), e ci parla del darsi dell’essere dal non-essere, del principio primo non principiato. Rispetto all’ultimo testo visto, in questo è del tutto chiaro l’atteggiamento del compilatore: egli vuole soprattutto renderci partecipi del dubbio e del senso di mistero che circondano i primi movimenti dell’essere. La nascita dell’essere dal nulla è tanto misteriosa che nemmeno un dio saprebbe dire qualcosa a proposito, poiché essa trascende la divinità come l’uomo, dal momento che al principio nulla esisteva, né l’essere, né il non-essere, né la terra, né il cielo, né la divinità. Il testo non dà alcuna risposta, ma si può dire abbia il pregio di suscitare possibilmente il sentimento mistico dello stupore. Non esistono risposte conosciute, o forse esistono, nessuno può dirlo e nessuno può dire di sapere o non sapere se esistono o non esistono risposte. Prima di tutto vi era l’Uno, nel senso della conciliazione e al tempo stesso assenza degli opposti. Se vi era qualcosa quel qualcosa aveva proprietà simili all’acqua, ovvero al tempo stesso informe e di tutte le forme, trasparente e incolore, e di tutti i colori dell’universo; l’acqua è il simbolo dell’indifferenziazione, e della potenzialità del tutto. Non è possibile spiegare positivamente come l’Uno venne fuori dal vuoto, ma probabilmente la sua emergenza è dovuta al potere dell’ardore e dell’amore, istanze prime e primitive della prima mente. Il processo di nascita dell’Uno è un processo autogenerante, ma nondimeno ha bisogno delle forze motivazionali dell’ardore e dell’amore, della spinta emotiva ad agire. Rimane un mistero il processo di emergenza di queste forze motivazionali, come rimane un mistero l’inizio, che non ha nome e che pertanto non è invocabile (devo invocare l’essere o il nonessere, la loro contrapposizione o la loro unione, o che cosa? Nessuno può saperlo veramente). È certo che ad un certo punto l’essere si separa e individua rispetto al nonessere, ma non è chiaro che cosa sia nell’essere e cosa sia nel nonessere, probabilmente gradualmente fu la realtà generatrice (l’uomo capace di riprodursi, ma anche la capacità generatrice stessa presente nella donna) ad emergere e a passare dal nonessere nella sfera dell’essere. Ma queste sono solo congetture perché nessuno può dire nulla di certo sui tempi del principio. Se anche gli dei vennero dopo questo tempo, come può l’uomo pretendere di comprenderlo? La creazione è e rimarrà un mistero, anche per la divinità, forse, e rimane per altro poco chiaro se di fatto si dia la possibilità di una conoscenza o meno. La nostra mente è nella tenebra più assoluta nell’indagare la prima tenebra, lei stessa avvolta da tenebra. I Veda non forniscono inizialmente una cosmogonia ordinata, ma lo stupore del dubbio, l’incantamento di fronte a qualcosa che trascende la stessa divinità, il mistero (forse) assoluto della creazione, dell’emergere dell’essere.


Francesco Margoni

Assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Psicologia e Scienze Cognitive dell’Università di Trento. Studia lo sviluppo del ragionamento morale nella prima infanzia e i meccanismi cognitivi che ci permettono di interpretare il complesso mondo sociale nel quale viviamo. Collabora con la rivista di scienze e storia Prometeo e con la testata on-line Brainfactor. Per Scuola Filosofica scrive di scienza e filosofia, e pubblica un lungo commento personale ai testi vedici. E' uno storico collaboratore di Scuola Filosofica.

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