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Capitolo 7. Skambha – il pilastro del cosmo

Prarthana1830590, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, via Wikimedia Commons

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Consigliamo I veda – Capitolo 1


Il presente passo, tratto dall’Atharva-veda (X,7), ragiona attorno al concetto di sostegno, colonna, pilastro del tutto (ovvero di skambha). Esso si divide in due parti; nella prima viene fornita indirettamente, attraverso domande che chiedono dell’identità dello skambha, una descrizione del sostegno del cosmo, nella seconda ne viene fornita una descrizione diretta, per mezzo dell’elencazione di proprietà.

Assistiamo ad uno sferzante incedere di domande riguardanti lo skambha. Dove in lui sta il fervore, l’ordine, la fede, la costanza e la verità? La stessa domanda implicitamente asserisce che in lui sta il fervore, ovvero quella forza in grado di motivare la creazione, l’ordine, ovvero la struttura del cosmo vivente, la fede, ovvero il principio oltre la ragione in grado di muovere i passaggi primordiali, ovvero precedenti la nascita dell’ordine, i delicati momenti (non-momenti) prima del tempo e dello spazio in cui l’essere emerge dal nonessere, la costanza, ovvero l’insieme delle forze visibili e invisibili che sorreggono continuativamente il cosmo, e la verità, ovvero la possibilità della vita spirituale e pensante, nonché parlante. Da dove in lui viene il fuoco (Agni), il vento, il tempo, in generale il trascorrere delle cose e il loro trasformarsi, e verso chi vanno queste cose? Skambha è matrice di fuoco, ovvero di trasformazione e generazione, di vento, ovvero di cambiamento e divenire, così di tempo. Da dove in lui proviene la terra, l’atmosfera, il cielo e la trascendenza stessa? Skambha è ciò da cui proviene veramente tutto quanto, è il sostegno del cosmo intero, nelle sue parti conosciute e sconosciute, delle abitazioni e sfere umane e divine, del visto e del nonvisto, dell’esistente e del non esistente, dell’essere e del nonessere. Chi è il sostegno di tutto quanto? Dove vanno le cose nel loro mutare continuo ed ordinato attraverso il tempo? Sottende, forse, il loro ordinato mutare attraverso il giorno e la notte una continuità statica la quale sola permette il cambiamento? Un’unità sottesa necessariamente al molteplice in divenire affinché questo possa effettivamente divenire?

Verso chi corrono le sorelle, giorno e notte, / che sembrano così diverse, eppure rispondono a un unico richiamo? / Verso chi fluiscono le acque con struggimento? / Parlami di quel Sostegno – chi mai può essere?

A chi si appoggiò il divino Vivificatore, il Signore della Vita (Prajāpati), al momento della creazione? In sostanza, su cosa necessariamente poggia il mondo creato? Cosa mai può essere questo Skambha? Possiamo sperare di definirlo positivamente, oppure dobbiamo accontentarci di farci un’idea di esso per mezzo dei processi in cui è fondamentalmente implicato? È pienamente pensabile questo sostrato onnipresente, posto come condizione necessaria del darsi d’ogni cosa? O possiamo solo avvicinarci all’idea di qualcosa che è fondamentalmente impensabile, nonostante e proprio perché fondamento stesso e del pensiero e del linguaggio, oltre che di tutto ciò che è e non è? Queste domande nascono spontanee a seguito della lettura di questi, per altro incantevoli, versi.

Ancora; quanta parte del Sostegno è entrata nella creazione e quanto ne è rimasta fuori? Ovvero, la vita e il trascorrere delle cose, fin dal suo originare, quanto è partecipata dal sostegno, quanto si appoggia ad esso? E così il tempo: quanto esso è penetrato dal sostegno? Queste domande possono essere altrimenti formulate così: quanto le molte cose, nello spazio e nel tempo, sono in realtà parte dell’Uno? E chi è colui il quale presiede alla conoscenza delle cose, nel quale si trova sia l’essere e il nonessere, e che pertanto è così ontologicamente neutro da essere epistemicamente fortissimo? Chi è colui al quale tutta la schiera degli dei si sostiene per esistere? Chi è colui che, oltre al materiale, sostiene il trascendente? Chi è colui il quale unisce tutti gli dei in unità, ovvero permette la loro stessa essenza divina in quanto principio unitario donante la proprietà della trascendenza, tanto che gli dei sono in numero impreciso poiché tutti fondamentalmente partecipati dall’Uno che sostiene Tutto? Chi è colui nel quale i santi e i sapienti trovano la vera santità e la vera sapienza? Chi è colui per mezzo del quale il Sole, o la Luce della sapienza e della verità, può splendere sull’uomo? Chi è colui nel quale coincidono gli opposti; cos’è la composizione in unità della molteplicità? Chi è colui il quale si muove in ogni direzione, poiché è presente dappertutto, e presenzia ad ogni trasformazione, o sacrificio? Chi è colui che contiene verità e menzogna, bene e male? Chi è colui per mezzo del quale la parola può venire all’esistenza? Chi è colui il quale permette l’originarsi della parola sacra, e degli stessi Veda?

Data una prima descrizione per mezzo di frenetiche domande (Parlami di quel Sostegno – chi mai può essere?), ne segue una seconda più decisa e diretta. Skambha è identificato con l’oggetto della conoscenza della divinità quando questa riconosce il Brahman come il Supremo, ovvero, mi pare di poter dire, l’enigma cosmico, l’Assoluto che sta all’origine di tutto. In questi versi Brahman, che può essere altrimenti tradotto in molto maniere, ovvero avere diversi significati, è probabile indichi genericamente il (misterioso ed enigmatico) principio del cosmo. Così Brahman si identifica con Skambha. In un gruppo di versi viene detto che il conoscitore del divino Vivificatore, ovvero del principio che ha dato origine alla vita, è per ciò anche conoscitore del supremo Brahman, e così del Sostegno. Se proprio questi tre principi non sono identici, per lo meno, posta la conoscenza di uno si dà anche quella dell’altro; ovvero, l’enigma delle origini è svelabile, se mai lo è, attraverso differenti percorsi. Il Sostegno è il grande Oltre, poiché è precedente e dunque oltre agli stessi dei, è precedente tutto ciò che è, ovvero è pure quel nonessere da cui venne misteriosamente l’essere. Skambha è veramente precedente qualsiasi cosa sia pensabile e perfino impensabile. Infatti precede la prima manifestazione dell’essere, che è ineffabile. Il sostegno è di per sé invisibile, ovvero non manifesto, anche se di fatto è manifesto in tutto l’essere. Nulla è prima e superiore a questo sostegno, condizione necessaria al darsi di tutto ciò che gli è inferiore; egli è il non-nato che permette la vita, è, dunque, il principio non principiato. Onore e devozione dunque a questo grande mistero che sostiene tutto, il visibile e l’invisibile, a questo Brahman Supremo che permette il sussistere nel tempo e nello spazio, a questa potenza nascosta e ovunque manifesta a cui, si dice, gli stessi dei rendono omaggio con sacrifici.


Francesco Margoni

Assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Psicologia e Scienze Cognitive dell’Università di Trento. Studia lo sviluppo del ragionamento morale nella prima infanzia e i meccanismi cognitivi che ci permettono di interpretare il complesso mondo sociale nel quale viviamo. Collabora con la rivista di scienze e storia Prometeo e con la testata on-line Brainfactor. Per Scuola Filosofica scrive di scienza e filosofia, e pubblica un lungo commento personale ai testi vedici. E' uno storico collaboratore di Scuola Filosofica.

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