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Il pieno e il vuoto – Il sesto capitolo de L’arte della guerra

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Per avere un vantaggio ottimale sul nemico bisogna essere primi ad arrivare sul campo di battaglia. Il nemico andrà dove vuoi se saprai fargli immaginare di trarre vantaggio operando una certa mossa, ovvero il nemico è suscettibile alla logica dei premi e delle punizioni, tanto quanto lo sei tu: “Ciò che fa muovere il nemico dove vuoi tu, e di sua iniziativa è la prospettiva dei vantaggi. Se invece vuoi impedirgli di andare in un certo luogo, prospettagli un danno”. Per colpire un nemico attaccalo dove non si può difendere e scegli di difendere ciò che sai che ti attaccherà. Per combattere un nemico non dargli mai delle tue intenzioni e valuta e compara sempre tutte le alternative: “E così, se desidero intraprendere la lotta, il nemico non potrà sottrarvisi: perché attaccherò ciò che è costretto a salvare”. Non dare la possibilità al nemico di leggere le tue mosse implica che il nemico dovrà difendere tutto e contemporaneamente, così egli dovrà concedere debolezze: la guerra non si vince se non sfruttando le debolezze dell’avversario. Bisogna temere il nemico in ristrettezza numerica perché tenderà ad organizzarsi con più precisione che se avesse molte truppe: “La scarsità di forze induce a preparare la propria difesa. Persino un nemico superiore numericamente può essere indotto a non combattere”. La tattica prevede la scoperta dei piani dell’avversario attraverso ricognizioni e pungolamenti che costringono il nemico a effettuare mosse che mostrino i suoi piani. Così “la vittoria si consegue adattandosi al nemico”.

Il pieno e il vuoto sono due termini antitetici che intendono suggerire l’idea che l’arte militare si muova tra i due estremi: concentrazione e dilatazione. Non si tratta semplicemente della trasposizione della tradizionale visione del Tao a due principi contrapposti (yin e yang), quanto dell’idea che si vinca sfruttando una massa scagliata contro il vuoto.

Il tempo è un fattore determinante per la vittoria. Agire prima, intervenire prima sugli eventi significa disporre di maggiore possibilità di azione, sicché non solo concede la possibilità di prevenire debolezze, ma anche di predisporsi alla vittoria:

Colui che prende posizione per primo sul campo di battaglia in attesa del nemico sarà pronto e a suo agio.

Colui che arriva più tardi sul campo di battaglia, disponendosi frettolosamente per combattere, si stancherà più facilmente.[1]

 e

Per percorre mille li indisturbato, attraversa terre disabitate.

Per colpire e imprigionare il nemico, attaccalo dove non si può difendere.

Per difenderti e contrastarlo, riparati dove sai che di sicuro non ti attaccherà.[2]

Questo ha una conseguenza diretta nella battaglia. Alessandro Magno, ad esempio, compiva degli straordinari spostamenti di truppe per portarsi nel punto desiderato per attaccare. Egli condivideva con le truppe le ristrettezze della vita militare (comportando l’assunzione del Tao da parte di tutti i suoi uomini). Così egli riusciva a determinare il luogo e il giorno desiderato per colpire sul punto di massima debolezza del nemico arrivando a strappare straordinarie vittorie. Allo stesso modo Napoleone riusciva sempre a manovrare i suoi eserciti in modo che anticipassero le mosse del nemico e, allo stesso modo, Giulio Cesare. Questo atteggiamento tempistico è una delle basilari virtù dell’arte militare:

Conoscendo il giorno e il luogo della battaglia

Si potranno radunare le truppe anche se si dovessero percorrere mille li.

Non conoscendo il giorno e il luogo della battaglia,

Le prime linee non potranno aiutare la retroguardia, la retroguardia non potrà aiutare le prime linee,

L’ala sinistra non potrà aiutare l’ala destra e quella destra non potrà aiutare l’ala sinistra.

Per non parlare poi di quando i reparti sono distanti tra loro decine di li e persino quelli vicini si trovano a diversi li di distanza.[3]

Sull’arte dello spostamento e della scelta della tempistica nessuno deve intromettersi nelle decisioni del generale. Infatti, costui è l’unico capace di applicare le giuste norme dell’azione militare virtuosa, guidata dallo Shih, per questo è anche l’unico che può comprendere come anticipare gli altri e come portarli su un terreno di morte: “Il generale esperto, perciò, impone la propria volontà sugli altri e non è richiamato all’ordine da nessuno”.[4] Il grande Wallenstein intraprese decisioni fondamentali pur essendo in disaccordo con l’imperatore pur di ottenere il massimo vantaggio e, pur essendo la stella della propria nazione, proprio per le sue straordinarie virtù, fu, alla fine, costretto alla destituzione perché egli non apparteneva all’alta nobiltà germanica.

Sun Tzu spiega come sfruttare le debolezze del nemico e in cosa consista la base della psicologia dell’avversario: la logica è quella dei costi e benefici, dei vantaggi e degli svantaggi prospettati. Il nemico avrà a cuore i vantaggi e temerà gli svantaggi, ma egli avrà più paura degli svantaggi rispetto al suo amore per i vantaggi. Per indurre un nemico a fare ciò che vuoi devi prospettargli un vantaggio, mentre per farlo desistere devi fargli formare la credenza che, se agirà in un certo modo, non otterrà che una sconfitta: “Ciò che fa muovere il nemico dove vuoi tu, e di sua iniziativa, è la prospettiva di guadagni. Se invece vuoi impedirgli di andare in un certo luogo, prospettagli un danno”.[5]

 Per tanto, bisogna sempre sfruttare le credenze e aspettative che un nemico dispone. In questo senso, è utile provocare un nemico per fargli scoprire le sue carte. Giulio Cesare era abilissimo in ciò, mobilitando continuamente piccoli contingenti, arrivando sul campo e poi ritirandosi per comprendere le vere intenzioni del nemico.

Una volta che il nemico ha mostrato il suo schieramento e i suoi piani, bisogna attaccarlo o indurlo ad attaccare. Per attaccare: scegli sempre il punto di minima resistenza. Per difenderti: non lasciarti debolezze strutturali. Se devi scappare, ritirati laddove nessuno può raggiungerti. I principi sono semplici ma assai difficili da ideare, se non dopo un attento studio. Sun Tzu procede sempre per ovvietà apparenti, perché diventano tali solo una volta enunciate e non prima. Essere padroni di sé stessi e del campo di battaglia, saper indurre il nemico a fare ciò che vuoi, sono le condizioni basilari per vincere i singoli scontri, laddove il tempo e lo spazio amplificano o diminuiscono la portata della propria forza. Per questo, per sfruttare a pieno lo Shih accumulato è necessario essere sempre consapevoli del momento in cui bisogna agire e come farlo:

L’avanzata irresistibile consiste nel caricare dove ci sono delle brecce.

La ritirata inafferrabile consiste nel muoversi tanto lontano da non poter essere raggiunti.

E così, se desidero intraprendere una battaglia, il nemico non potrà sottrarsi alla lotta:

Perché attaccherò ciò che è costretto a salvare.

Se invece non desidero dare battaglia, segnerò sul  terreno una linea da difendere e il nemico non potrà darmi battaglia,

Perché con false tracce lo indirizzerò nella direzione sbagliata.[6]

Il grande generale, dunque, sa sfruttare le aspettative del nemico mediante falsi messaggi, che inducono false intenzioni (vedi Capitolo 13). Saper spostare l’attenzione del nemico, saperlo dividere in sé stesso e confonderlo lo renderà incapace di valutare serenamente i costi e i benefici di un’azione, conducendolo forzatamente laddove tu gli prospetti un falso vantaggio e un reale svantaggio. Saper sfruttare i segni e lasciare intendere falsi messaggi sono state le principali virtù di Rommel, la volpe del deserto, che fu più volte sull’orlo della sconfitta immediata, se non avesse avuto la straordinaria abilità ad inventare di continuo nuove forme per depistare il nemico: in una circostanza, ad esempio, fece produrre una nube così alta di fumo e sabbia che gli inglesi pensarono seriamente che la quantità di truppe motorizzate dell’Afrika Korps fosse tale da non poter essere sconfitta, quando, invece, non erano che due o tre camion e carri armati congiunti a produrre un tale piccolo effetto con grandi conseguenze per il morale inglese (il caso fu descritto magistralmente dal grande analista e storico della guerra Basil Liddle Hardt nel suo magistrale Storia militare della seconda guerra mondiale).

E così, l’abile generale dà forma agli altri eppure è senza forma.

Pertanto sono concentrato mentre il nemico è diviso.

Sono concentrato e quindi ho la forza di uno.

Il nemico è diviso e ha la forza di un decimo.

Questo è l’uso di un decimo per colpire l’uno.

Pertanto, avendo pochi uomini mentre il nemico ne ha tanti, posso usare i miei pochi per colpire i molti perché essi sono divisi.[7]

Ma è fondamentale saper leggere le intenzioni e stati d’animo del nemico in relazione ai segni che egli stesso è costretto a mostrare per attuare le sue manovre. Come nei capitoli precedenti, Sun Tzu rimarca l’idea che non esiste una sola azione che non determini una cascata di infiniti effetti, i quali possono tornare a nostro vantaggio, qualora li sappiamo correttamente interpretare e sfruttare con puntualità e accortezza: “E così pungolalo, per conoscere i piani dei suoi movimenti e accampamenti. Provocalo in modo che riveli la sua forma, così conoscerai il terreno della vita e della morte. Effettua ricognizioni per scoprire le tattiche per vincere e perdere. Provoca il nemico per avere conferma dei suoi punti forti e deboli”.[8] E’ imprescindibile comprendere le mosse del nemico in anticipo, fondandoci sui fatti e non sulle emozioni:

Prime linee organizzate significano retroguardia debole.

Ala sinistra organizzata significa ala destra debole.

Se poi si organizzano tutti i fronti, dappertutto ci sarà una debolezza.[9]

L’ordine nasce dal caos e il caos nasce dall’ordine significa, appunto, questo: ogni organizzazione implica dei buchi, per quanto accorta possa essere. Quelli sono i suoi limiti e costituiscono i nostri obbiettivi strategici e tattici. Da parte nostra, dobbiamo sempre vigilare sulle nostre debolezze, anche per sfruttare, eventualmente, un attacco del nemico su quei punti: trasformare il caso nell’ordine costituisce un’abilità che rende il generale ordinario e straordinario nello stesso tempo. Saper sfruttare la forza e accumulare le nostre forze per puntare su un unico obbiettivo implica saper essere in grado di sfruttare il “pieno e il vuoto”, come l’acqua che irrompe (pieno) sulla valle (vuoto) e la sommerge al momento giusto (Shih). L’acqua è un liquido che si adatta alla forma del recipiente che lo contiene e così dobbiamo anche far noi col nemico: “Modificare la propria tattica adattandosi al nemico è ciò che si intende per divino”.[10]


[1] Ivi., Cit., p. 23.

[2] Ivi., Cit., p. 23.

[3] Ivi., Cit., p. 25.

[4] Ivi., Cit., p. 23.

[5] Ivi., Cit., p. 23.

[6] Ivi., Cit., p. 24.

[7] Ivi., Cit., p. 24.

[8] Ivi., Cit., p. 26.

[9] Ivi., Cit., p. 25.

[10] Ivi., Cit., p. 26.


Giangiuseppe Pili

Giangiuseppe Pili è Ph.D. in filosofia e scienze della mente (2017). E' il fondatore di Scuola Filosofica in cui è editore, redatore e autore. Dalla data di fondazione del portale nel 2009, per SF ha scritto oltre 800 post. Egli è autore di numerosi saggi e articoli in riviste internazionali su tematiche legate all'intelligence, sicurezza e guerra. In lingua italiana ha pubblicato numerosi libri. Scacchista per passione. ---- ENGLISH PRESENTATION ------------------------------------------------- Giangiuseppe Pili - PhD philosophy and sciences of the mind (2017). He is an expert in intelligence and international security, war and philosophy. He is the founder of Scuola Filosofica (Philosophical School). He is a prolific author nationally and internationally. He is a passionate chess player and (back in the days!) amateurish movie maker.

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