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Anassimandro – Vita e opere

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Consigliamo – Eraclito – a cura di Giangiuseppe Pili e l’intervista al Professor Tagliagambe


Vita

Filosofo presocratico, il secondo in ordine cronologico a noi noto. Si suppone che nacque intorno al il 609/610 a.C e morto nel 547 a.C.. Di una generazione successiva a quella di Talete, fu discepolo di questi e pare che ne fosse anche parente. Nacque e visse a Mileto e lì studiò col suo maestro. Fu il primo ad introdurre il concetto di cosmologia: se il maestro aveva iniziato un’opera di demistificazione nei confronti della religione e dei pregiudizi sociali dell’epoca, Anassimandro compie un ulteriore passo di consapevolezza inserendo l’uomo in uno spazio-tempo più preciso ancora. La cosmologia anassimadrea prevedeva una terra di forma cilindrica sospesa al centro della quale stavano equidistanti le stelle, il sole e la luna, tutti corpi infuocati.

Sia astronomo che geografo fu il maestro di Senofane e di Pitagora, o così pare.

 Opere

Anassimandro ha scritto un opera dal titolo “Sulla natura”, titolo comune a moltissime opere della filosofia presocratica. Di questa opera c’è giunto un solo frammento (vedi sotto .

 

Schema di ragionamento

Ipotesi A(nassimandro) 1: l’arché è il principio unico di tutte le cose.

Specifica: questa non è la verità di Anassimandro, ma è la definizione di partenza. Essa era già stata proposta da Talete e sarà una definizione utilizzata dai filosofi presocratici.

Ipotesi A2: tutto ciò che esiste è definito dal suo limite.

Ipotesi A3: tutto ciò che è indefinito è disordine.

Specifica: il disordine nel mondo greco è concepito come un che di negativo, anche nel senso morale del termine. La distinzione infatti tra ordine di natura e ordine morale non era chiara. In questo senso, il caos è implicitamente la tenebra della notte che fa paura perché incontrollabile e inconoscibile.

Se l’arché è il principio unico di tutte le cose, se tutto ciò che esiste è definito dal suo limite allora il principio unico di tutte le cose non ha alcun limite.

 

Tesi Aa: dunque il principio unico di tutte le cose non ha alcun limite.

Corollario: ciò che non ha limite è indefinito.

Se il principio unico di tutte le cose non ha alcun limite, se tutto ciò non ha alcun limite è indefinito, se tutto ciò che è disordine è negativo allora l’apeiron ( l’indefinito ) è un caos negativo.

Tesi Ab: dunque l’apeiron è una condizione caotica della realtà.

Spiegazione: secondo Anassimandro, solo nel fluire delle cose l’ordine si dispiega. Lui stesso, in quell’unico frammento pervenutoci, ci dice: « Da dove gli esseri hanno l’origine, ivi anche la distruzione secondo necessità: poiché essi pagano l’uno all’altro l’espiazione dell’ingiustizia secondo l’ordine del tempo »[1].

Potremmo spezzare il periodo in due parti distinte: da una parte quello prima dei due punti, da un’altra quello dopo. Il periodo prima dei due punti rappresenta la parte meno difficile da capire: essa è la definizione dell’ordine del mondo: tutto ciò che esiste è a partire dall’arché, pensato come principio sia dell’origine che della fine di tutte le cose. In questo modo vediamo come il punto iniziale sia ciò che giustifica tutto il movimento, un movimento determinato verso una conclusione ultima precisa che è, si distruzione, ma pure un ritorno alla fonte stessa della vita ( o, meglio, dell’essere ). E tutto questo svolgersi e ri-volgersi del mondo su se stesso ( il mondo può esser pensato adeguatamente come una linea che procede da un punto per tornarvi ineluttabilmente, segnando così un mondo ciclico nel tempo e negli eventi ), non è dato dal caso ma dalla natura stessa delle cose. Tutto si svolge secondo necessità.

L’ordine (della giustizia) si dispiega nel tempo, cioè il cosmo non è posto da un iniziale ordine assoluto ma, piuttosto da un disordine (e si tenga anche conto che è tale l’immagine offerta dalla mitologia greca dove gli dei, Zeus in particolare, sono dei che procedono lentamente verso un ordine stabile e stabilito). Mentre il complemento di modo «secondo l’ordine del tempo» mostra il come avvenga il corso ineluttabile della giustizia.

Per capire la seconda frase bisogna cercare di interpretare bene chi è il soggetto e il complemento oggetto in relazione alla sua specificazione e il complemento di modo.

Il soggetto, “essi”, è reso esplicito dalla frase precedente ai due punti: “gli esseri”, il tutto, tutte le cose; mentre il complemento di specificazione «dell’ingiustizia» si potrebbe interpretare inizialmente come « dis-ordine naturale » iniziale delle cose.

La realtà («essi») dunque è un continuo susseguirsi di eventi che si scontrano («pagano l’uno all’altro») inizialmente nel caos. Il caos, che è disordine fisico e morale, è la condizione negativa iniziale e ogni cosa si scontra faticosamente verso una “purificazione dal male” («l’espiazione») verso l’ordine del cosmo («(del)l’ingiustizia»): la giustizia si propaga solo nel tempo perché essa trae origine solo dopo che le cose procedono verso il loro cammino di purificazione, il dis-ordine procede verso il suo opposto. L’ordine determina ordine (gioverà ricordare che nel mondo greco nulla è generato dal nulla, niente si crea dal vuoto e niente determina niente, a contrario che nel piano prospettico cristiano ), la giustizia determina e asseconda altra giustizia e così le cose procedono nel tempo verso una continua chiarificazione («secondo l’ordine del tempo»)[2].

 

Filosofia

Anassimandro condivide con Talete l’idea cardine implicita in tutta l’evoluzione del pensiero occidentale: la realtà è velata da una apparenza alla quale il filosofo può sopperire ravvisando i lineamenti reali delle cose. Se l’apparenza è identificata dal divenire che mostra tutte le cose diverse secondo spazio, qualità e quantità allora la realtà, ciò che permane sempre e dunque ciò che è sempre, dovrà essere un principio di fondo originario, indeterminabile e indefinito, l’origine a tutto comune.

Anassimandro conserva l’idea del maestro ma fa un salto nell’astrazione: se il divenire è caratterizzato dalla definizione e dalla identificabilità di ogni ente, se ogni ente è temporale allora l’arché sarà illimitato, atemporale, immortale. L’apeiron è ciò che non ha limite, l’arché anassimandreo dal quale si genera il kosmos (cosmo).

Anassimandro scrisse un’opera che pare fosse intitolata “Sulla natura” la quale, si dice, esser opera di geografia ma nulla si sa con certezza. Ci è giunto un solo frammento nel quale si spiega come il divenire del mondo sia considerato ingiusto, caotico e confuso, nel quale tutto ciò che nasce ritorna all’origine.

Nel mondo antico il concetto della temporalità era inteso come un continuo ciclo e non come un tempo indefinito ma lineare per tanto una visione siffatta nulla si genera da nulla e nulla si poteva del tutto distruggere. Ciò che permeava e rimaneva costante era la stessa molla che faceva divenire le cose: l’arché.

 

Riferimenti

Qualsiasi manuale di storia della filosofia dovrebbe andar bene, ma consigliamo piuttosto la garzantina che offre chiarezza essenziale. Altrimenti si può comprare l’immenso tomo dove sono presenti tutti i frammenti dei presocratici compresi di testo a fronte. La citazione è stata presa dall’antologia di Emanuele Severino, edizione Mondo Libri, pagina 15..

Spunti di riflessione

Come abbiamo visto, la concezione anassimandrea vede il caos come una condizione di disordine morale e fisico. Il caos è così la parola opposta tanto a “ordine” che a “bene”.

Oggi la parola caos è ancora associata ( o connotata?? ) in modo negativo? Oggi crediamo ancora che da un disordine attuale si proceda verso un ordine giusto secondo il fluire del tempo? Cosa ci dice la scienza del caos?

Quando diciamo “mi sono distrutto ( o sfondato )”, dopo una serata di alcol e canne[3], intendiamo forse dire che abbiamo operato una eliminazione sistematica di quell’ordine che ci rende inscatolati e dal quale vogliamo sentirci liberi: una fuga da una prigione mentale costruita da noi per gli altri costretti dagli altri. “Devo fare così perché altrimenti…”, “devo essere all’altezza della situazione perché se no…”, “devo far sempre vedere di esser contento, non dire che sono triste, non dire che odio quel che vedo e quel che sento, se no…” tutti imperativi che sopportiamo malvolentieri e pure dobbiamo in qualche misura rispettare, se vogliamo essere –o sentirci- accettati da una società –per lo più del tutto idiota- ( ma l’esperienza mi insegna che ciò è, in buona misura, falso ).  Mi sembra che questa espressione lasci intendere che l’ordine stabilito dalla società è un vincolo troppo pesante per esser sopportato tutti i giorni e quando vogliamo liberarcene, cerchiamo proprio di tornare ad una sorta di caos primordiale. Questa nostra –quanto meno molto condivisa- visione del caos non sarebbe stata condivisa da Anassimandro, egli ci avrebbe cercato di indicare qualche altra strada. Ma quale?

Anassimandro propone una sua visione del cosmo. Si è mantenuta sempre la stessa tale visione? Possiamo dire che l’immagine di Anassimandro sia stata superata?

Ma soprattutto ci domandiamo, in merito al problema cosmologico: perché Anassimandro si è posto un problema che, probabilmente, non poteva risolvere?: cosa c’è dietro la domanda secca “cosa è il cosmo”?

Propongo questa mia tesi, provocatoria fino ad un certo punto: la maggior parte delle persone di oggi hanno un’idea meno chiara del mondo di quella che poteva avere Anassimandro ma hanno la presunzione del contrario. E metto in guardia da una facile risposta: tanto ci sono gli scienziati che la sanno. Non è nell’affermare che c’è qualcuno che ha la risposta per poter dire che la possediamo anche noi…

 

Concetti

Apeiron/Peras, Arché, Kosmos, Physis, cosmologia.


[1] ( Vedi “Riferimenti” per precisazioni bibliografiche ).

[2] Questa è chiaramente una interpretazione di un testo parziale e oscuro, dunque non è necessariamente la verità. Tuttavia, questa rimane una possibilità tale che per esser tolta deve divenire assurda. Se il lettore ci proporrà una visione più adeguata della frase, saremo pronti a ringraziarlo e a proporre la sua interpretazione al posto della nostra.

[3] Per mia natura di filosofo ( etico ), consiglio un’adeguata consapevolezza posta da un’altrettanta adeguata riflessione su questa parola!…


Giangiuseppe Pili

Giangiuseppe Pili è Ph.D. in filosofia e scienze della mente (2017). E' il fondatore di Scuola Filosofica in cui è editore, redatore e autore. Dalla data di fondazione del portale nel 2009, per SF ha scritto oltre 800 post. Egli è autore di numerosi saggi e articoli in riviste internazionali su tematiche legate all'intelligence, sicurezza e guerra. In lingua italiana ha pubblicato numerosi libri. Scacchista per passione. ---- ENGLISH PRESENTATION ------------------------------------------------- Giangiuseppe Pili - PhD philosophy and sciences of the mind (2017). He is an expert in intelligence and international security, war and philosophy. He is the founder of Scuola Filosofica (Philosophical School). He is a prolific author nationally and internationally. He is a passionate chess player and (back in the days!) amateurish movie maker.

2 Comments

  1. lorenzo lorenzo 13 Novembre, 2013

    il ragionamento iniziale diviene chiaro solo leggendo il paragrafo “FILOSOFIA”

    • Giangiuseppe Pili Giangiuseppe Pili 14 Novembre, 2013

      Lo schema di ragionamento è la riproposizione lineare dell’argomentazione del filosofo. Per questo è meno facile da leggere o comunque lo può essere se non si dispone di una certa familiarità con l’argomento. Per questo la sezione “Filosofia” più indirizzata verso una spiegazione meno analitica: in questo modo si può entrare e uscire in molti modi dalla filosofia di un certo filosofo. Che credo possa essere molto arricchente!

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