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Religione e morale, quale influenza?

Qual è l’influenza della religione sul comportamento morale? L’analisi della letteratura rilevante condotta da Paul Bloom della Yale University, pubblicata sull’Annual Review of Psychology col titolo “Religion, Morality, Evolution”, ci aiuta senz’altro a far luce sulla questione. Gli studi scientifici sulla religione sono pochi poiché il fenomeno religioso, in ambito scientifico, sembra ancora destare imbarazzo.

Ci sono però ottime ragioni per occuparsi scientificamente dell’origine della religione nella natura umana, delle credenze e pratiche religiose, le quali sono diffuse universalmente, influenzano e si intrecciano con altre divisioni sociali e politiche rilevanti per la vita civile di ognuno, e, infine, determinano tutt’oggi in modo non secondario la vita materiale e intellettuale di molte persone.

Un aspetto principale dello studio del fenomeno religioso è la sua influenza sulla morale, aspetto che intreccia con la questione sul valore e senso evolutivo della religione stessa. Ad esempio le pratiche religiose possono essere viste come funzionali alla coesione del gruppo e dunque alla cooperazione e all’altruismo reciproco. In questo senso la religione avrebbe un impatto positivo sulla morale, almeno per quanto riguarda i rapporti all’interno del gruppo dei fedeli.

Per determinare l’impatto della religione sulla morale dobbiamo prima distinguere due componenti maggiori del fenomeno: la credenza religiosa e l’affiliazione ad un gruppo che pratica la religione. Da una parte, dunque, la credenza nel soprannaturale, dall’altra, un tipo di attività sociale. Tratta questa distinzione possiamo porre con più precisione la domanda se la religione ci faccia esseri più buoni, più cattivi, o se, invece, ci lasci così come siamo.

L’analisi degli studi di correlazione e ricerche condotte in laboratorio per determinare il ruolo della religione sull’azione (buona o cattiva) dell’uomo, nel loro complesso, mostrano che se, da una parte, la religione ha un effetto positivo sulla morale, nel senso che le persone affiliate a gruppi religiosi dedicano più tempo e risorse ad aiutare gli altri rispetto alle persone non religiose, e che prime religiosi di diverso tipo aumentano comportamenti morali come l’altruismo verso estranei e riducono comportamenti moralmente disapprovabili come l’imbroglio, dall’altra, la religione ha anche effetti negativi o nulli sulla morale, nel senso che alcuni prime secolari aumentano comportamenti moralmente approvabili tanto quanto i prime religiosi, che Stati i cui cittadini sono più religiosi (U.S.A) di altri sono, per diversi aspetti, più moralmente disapprovabili di Stati i cui cittadini sono più atei di altri (Svezia), e che alcune forme religiose correlano con maggiori atteggiamenti di pregiudizio nei confronti del diverso e, nei casi più estremi, con l’attitudine ad approvare attentati suicidi tipo kamikaze.

Questo effetto apparentemente contradditorio della religione sul comportamento morale può essere spiegato principalmente dal fatto che la religione esercita i suoi effetti (buoni e cattivi) attraverso la sua forza di coesione sociale, forza a doppio taglio, poiché appartenere ad un determinato gruppo sociale implica da una parte un aumento dei comportamenti moralmente approvabili all’interno del gruppo verso i componenti del gruppo stesso, cosicché il fattore rilevante è l’appartenenza alla comunità piuttosto che il sistema di credenze condiviso (tanto che ci sono studi, come quello di Putnam e Campbell (2010), i quali dimostrano direttamente come le credenze religiose non influiscano affatto sul comportamento morale, ad esempio di carità, e che dunque sia l’appartenere alla comunità il fattore rilevante), e dall’altra, un aumento dei comportamenti moralmente disapprovabili nei confronti delle persone appartenenti ad altri e diversi gruppi sociali.

Riassumendo, l’aspetto specifico della religione, ovvero il sistema di credenze supernaturali codificate nei testi sacri relativi, non avrebbe un ruolo nel plasmare il comportamento morale dell’uomo religioso, che sarebbe invece influenzato semplicemente dal fatto dell’appartenenza alla comunità religiosa. L’aspetto rilavante della regione per il comportamento morale dunque non sarebbe un aspetto specificamente religioso, poiché condiviso con altre forme non religiose di attività sociale, come ad esempio il circolo di bowling (nel contesto americano).

Nonostante possa sembrare evidente che alcune credenze di tipo religioso abbiano effetti negativi o anche positivi sul comportamento morale, gli studi psicologici fin’ora condotti, complessivamente presi, sembrano invece indicare che i comportamenti moralmente connotati, approvabili o disapprovabili (come il pregiudizio razziale da una parte e il comportamento caritatevole dall’altra), correlati alla religiosità, non siano in funzione delle specifiche credenze religiose ma solamente dell’appartenenza al gruppo sociale. Da un punto di vista scientifico, dunque, vi è poca evidenza per la diffusa visione per cui le idee e gli insegnamenti morali contenuti nelle religioni avrebbero un’influenza importante sul comportamento morale del credente.

Reference:

  1. Bloom, P. (2012) Religion, Morality, Evolution. Annual Review of Psychology. 63; pp. 179-199.
  2. Putnam, R., Campbell, D. (2010) American Grace: How Religion Divides and Unites Us. New York: Simon & Schuster.

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Articolo originale pubblicato su BRAINFACTOR Cervello e Neuroscienze – Testata registrata al Tribunale Milano N. 538 del 18/9/2008. Direttore Responsabile: Marco Mozzoni.

Questo articolo è stato inoltre pubblicato nel monografico dedicato alla morale di Brainfactor Journal Vol. 5 Issue 2 pg. 2.


Francesco Margoni

Assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Psicologia e Scienze Cognitive dell’Università di Trento. Studia lo sviluppo del ragionamento morale nella prima infanzia e i meccanismi cognitivi che ci permettono di interpretare il complesso mondo sociale nel quale viviamo. Collabora con la rivista di scienze e storia Prometeo e con la testata on-line Brainfactor. Per Scuola Filosofica scrive di scienza e filosofia, e pubblica un lungo commento personale ai testi vedici. E' uno storico collaboratore di Scuola Filosofica.

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