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“Nella soffitta di mia zia”, ovvero un albo illustrato di tutto rispetto

“Nella soffitta di mia zia” è un albo scritto e illustrato da Andy Goodman, pubblicato nel 2012 da Corraini Edizioni. Dopo la morte della zia Mable, il nipote si domanda cosa mai essa possa avergli lasciato in eredità. Sarà forse la casa delle bambole? O il manichino da sarta? Povero nipotino! Tutto, in quella soffitta, sembra essere destinato a qualcun altro. Così, attraverso le illustrazioni, il lettore è in grado di farsi strada nella grande casa della zia, raggiungendo rapidamente la meta finale nella quale si svilupperà il racconto, ovvero la soffitta.

Nella soffitta stracolma di tesori, gli oggetti mantengono, per tutta la storia, una posizione inalterata. Tra i più svariati ritroviamo: l’orologio a cucù, il biciclo, le mazze da golf, fino ad arrivare ad una collezione di vasi. Man mano che il lettore prosegue con la lettura, nota come gli oggetti precedentemente citati scompaiano progressivamente, perché dati in eredità a qualche altro parente. I colori predominanti nell’albo sono il nero e il grigio, che evidentemente descrivono accuratamente l’ambiente soffitta, ma che inoltre mandano un richiamo al tema del lutto. Solo gli oggetti citati, prima di scomparire, sono in grado di spezzare tale monocromia con colori accesi quali rosso, giallo, viola, marrone e arancione. Tali oggetti colorati rappresentano le aspettative e le speranze del protagonista, le quali inizialmente potrebbero essere soddisfatte, ma successivamente è palese che siano destinate a deluderci (ovvero a scomparire fisicamente dalla soffitta). Questo elemento lo ritroviamo anche nel testo, dove le aspettative vengono scritte in bianco, colore che però scema e si trasforma in un grigio spento quando queste non vengono realizzate. Un primo esempio lo troviamo già nel titolo dell’albo, dove: “Nella soffitta”, oggetto reale e tangibile, rimane evidenziato rispetto a “di mia zia”, la quale ormai non c’è più.

L’apparato narrativo non fornisce informazioni dettagliate circa l’identità del protagonista, il quale si esprime in prima persona. Nel risguardo iniziale si evince che egli è di sesso maschile: “mi sono chiesto…”; mentre l’età rimane imprecisata. Il linguaggio è semplice, caratterizzato da frasi brevi e di facile comprensione. Le immagini, nei confronti del testo, hanno un carattere descrittivo. Testo e immagini risultano però essere autonomi l’uno dall’altro. Infatti, la storia avrebbe perfettamente senso sia nel caso in cui si leggesse solamente il testo, sia nel caso in cui si osservassero solamente le immagini. Testo e immagini presentano tuttavia alcuni elementi di complementarietà: talvolta è il testo ad essere funzionale per il chiarimento di alcuni punti chiave della storia, talvolta è l’apparato iconico che aggiunge informazioni utili per una più approfondita comprensione.

Un personaggio ricorrente, che però non viene mai citato dal testo, è il topolino, presente in ogni pagina dell’albo. L’animaletto non sembra avere un ruolo fondamentale nella storia, e sicuramente rappresenta un elemento pertinente, considerando il fatto che non risulta improbabile trovarne uno o più in una soffitta buia, sporca e poco frequentata. Potrebbe perciò essere interpretato in diversi modi. Prima di tutto, potrebbe rappresentare uno svago all’interno di una storia lineare: il bambino che si cimenta nel cercarlo troverà l’albo molto divertente e contemporaneamente appagante. Tale aspetto offre un tipo di lettura che non rispetta una procedura ininterrotta e pulita, piuttosto propone un’area da perlustrare in tutte le direzioni. È un gioco, dentro un racconto, che non distoglie o fuorvia dal fuoco principale, ma che completa una realtà e la rende più verosimile. Il topolino potrebbe altresì rappresentare un collegamento tra due vite, quella della zia defunta e quella del piccolo nipote. È un potenziale testimone, che non può parlare ma che sa, di tutti i tesori che ha conservato in soffitta la zia Mable e idealmente anche di tutti quelli che conserverà il caro nipotino nell’arco della sua vita (dico idealmente perché i roditori non vivono tanto quanto l’essere umano). Infine, non si esclude l’ipotesi che il topolino potrebbe essere stato inserito per sviare il lettore e portarlo a pensare che sia il topo stesso il bene che sarà lasciato in eredità al nipotino: il protagonista, così come il lettore, nello scorrere le pagine e di conseguenza nello scorrere del tempo, perde la speranza che qualcosa gli venga effettivamente lasciato. Speranza che tuttavia viene totalmente ricompensata dall’effetto sorpresa dell’albo: la chiave della casa. Ecco che, a fine lettura, si scopre cosa il protagonista riceverà in eredità. La chiave è molto più di un mero oggetto concreto, come il violino o la collezione di giocattoli, tesori di qualcun altro. La chiave rimanda alla casa, che senza dubbio è un altro elemento tangibile, ma simboleggia la possibilità ideale di una vita lieta e priva di grosse preoccupazioni materiali. Possibilità ideale che a fine albo diventa realtà: una vita a casa, per l’appunto. Il sentirsi a casa, dunque, e il ristabilirsi di un equilibrio precedentemente sconvolto è un altro dei temi affrontati in questo albo: è il ciclo della natura che l’uomo in quanto essere è costretto ad accettare. Così assumono un certo significato anche le parole di zia Mable scritte nel bigliettino appeso alla chiave, dove “Spero che La riempirai con tanti tesori proprio come ho fatto io” è un augurio di felicità, di vita appagante e soddisfacente, degna di essere vissuta e ricordata. L’effetto sorpresa, d’altro canto, non è certamente una caratteristica priva d’importanza o che può passare inosservata nella letteratura per l’infanzia: è uno degli elementi che contribuisce alla formazione e all’arricchimento delle competenze di lettore.

L’albo presenta un totale di trentadue pagine in cartoncino grigio scuro, con la copertina flessibile. La forma è quadrata e l’illustrazione occupa due pagine, sconfinando dunque la linea di mezzo e rendendola invisibile. Quest’ultima peculiarità scandisce un determinato ritmo di lettura dell’albo: il lettore osserva, infatti, due pagine alla volta. È naturale leggere innanzitutto il testo, che occupa la posizione in alto a sinistra. Posizione privilegiata, da un certo punto di vista, se consideriamo il fatto che convenzionalmente siamo abituati a leggere da sinistra verso destra e dall’alto verso il basso. L’unico caso in cui il testo compare in alto a destra (nella pagina di destra) è nella prima coppia di pagine dopo il risguardo iniziale, ma si tratta in realtà di un continuo della frase precedente. I due versi “E soprattutto, quali tesori tenesse in soffitta…” prendono posizione vicino alla scala, quasi come se ci accompagnassero nell’ascesa al destino del protagonista. Nella coppia di pagine successiva, viene descritta la speranza di ricevere l’orologio a cucù. Con un po’ di agitazione in corpo, il bambino si sentirà costretto a voltare pagina per appurarne la spedizione ad un parente lontano. Tale suspense caratterizza l’interazione tra libro e lettore, che si rende palesemente attivo e coinvolto in questo processo. Dopo tali pagine, fino alla fine dell’albo, desideri e delusioni saranno scritte le une sopra le altre. Dunque nel voltare pagina il lettore si sentirà soddisfatto di ciò che ha appena letto, chiuderà il capitolo e sarà pronto ad affrontarne uno nuovo. Il voltare pagina scandisce un tempo di lettura ben preciso, ma non vi è tensione tra un giro e l’altro, o meglio: la suspense viene subito risolta. La tensione ritorna parzialmente nell’ultima coppia di pagine, prima del risguardo finale. Dico parzialmente perché “Tutto tranne una cosa…” lascia spazio ad un’attesa fruttuosa, certa di essere confermata positivamente; e infatti, nella pagina di destra è evidenziata in bianco (come tutte le aspettative riportate dall’apparato testuale) la piccola chiave: non vi è dunque la necessità di voltare pagina per scoprire a cosa il testo faccia riferimento. La cadenza e la regolarità con cui i sogni vengono smorzati permettono al lettore di effettuare inferenze, cioè di arrivare a delle conclusioni una volta poste determinate premesse, facendogli sviluppare una capacità di anticipazione esauriente che stimola un senso di competenza rilevante nella lettura.

La copertina riporta l’illustrazione della soffitta cupa e caotica che ritroviamo all’interno dell’albo, con tre differenze. Prima di tutto, le pagine sono invertite: la pagina che nella copertina troviamo a sinistra, dentro l’albo prende la posizione destra, mentre la pagina di destra la troviamo a sinistra. In secondo piano, con un’attenta osservazione si può notare che, tra tutti gli oggetti, uno manca: ovvero il cavallino a dondolo. Infine, il topolino è assente. Queste differenze, sicuramente ricercate e consapevoli da parte dell’autore, lasciano ai lettori, sia grandi che piccini, il piacere di avanzare delle congetture e delle spiegazioni del perché siano state inserite. Chi scrive non vuole togliere a nessuno il gusto della scoperta o dell’interpretazione, per così dire, esoterica o simbolica.

Il risguardo iniziale, così come quello finale, ha una componente testuale e una iconica. Il testo, posizionato nella pagina di sinistra, ci introduce immediatamente all’interno della storia. Con quattro versi chiari e concisi, l’autore ci fa capire perfettamente l’arco spazio-temporale in cui vive il protagonista e al quale accettiamo di sottostare. Nella pagina di destra troviamo invece l’illustrazione della casa, con una piccola finestrella in alto a destra illuminata in rosso, che possiamo dedurre si tratti della soffitta, già citata nel titolo dell’albo. A questo punto il libro suscita un’interessante curiosità nel lettore: la finestra colorata di rosso (invece che di giallo, come di solito vengono evidenziate le stanze con la luce accesa) crea un contrasto notevole col nero dello sfondo e di conseguenza suggestiona il lettore che è portato a chiedersi cosa mai potrà accadere in quella piccola stanzetta. È accattivante, quasi inquietante, e incita al proseguimento della lettura. Curioso, inoltre, accorgersi come la sorpresa finale dell’albo sia già svelata al principio. Forse il più esperto dei lettori ha sospettato che fosse proprio la casa stessa ad essere lasciata in eredità, ma proseguendo con la lettura è possibile che questa brillante intuizione sia stata sconfortata e abbandonata. Nel risguardo finale, la componente testuale e quella iconica occupano uno spazio comune nella pagina a sinistra: insieme danno il senso di appagamento specifico e peculiare che gli albi illustrati danno successivamente alla loro fruizione. La pagina a destra, invece, l’ultima dell’albo, viene lasciata vuota (cioè nera), forse per dare spazio ad un possibile prosieguo della storia, oppure per lasciare che l’immaginazione possa ipotizzare con quali altri tesori possa essere ora riempita la soffitta.


Bibliografia

Goodman, A. (2012). Nella soffitta di mia zia. Mantova: Corraini Edizioni.

Bellatalla, L. (2015). La narrativa colorata. La letteratura popolare e l’educazione, Milano: FrancoAngeli.

Beseghi, E. (2008). Infanzia e racconto. Il libro, le figure, la voce, lo sguardo. Bologna: Bononia University Press

Boero, P., De Luca, C. (2010). La letteratura per l’infanzia. Roma-Bari: Editori Laterza.

Campagnaro, M., Dallari, M. (2013). Incanto e racconto nel labirinto delle figure. Albi illustrati e relazione educativa. Trento: Erickson.

Hamelin, X. (2012). Ad occhi aperti. Leggere l’albo illustrato. Roma: Donzelli Editore.

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