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Categoria: Scienza

Deprivazione del sonno e giudizio morale

Sappiamo che prolungati periodi di privazione del sonno producono deficienze in funzioni cognitive di alto livello. Un’abilità cognitiva di alto livello e senz’altro importante per la vita quotidiana d’ognuno è la capacità di prendere decisioni morali. Un gruppo di ricercatori italiani ha registrato che una privazione di una notte di sonno (considerata “moderata”) non determina un’alterazione della qualità del giudizio morale, anche se determina una variazione dei tempi di risposta ad alcuni tipi di stimoli.

Altruismo e morale, percorsi separati?

Alcune delle più note teorie evolutive della morale affermano che il giudizio e il comportamento morale sono funzionali all’aumento del benessere del gruppo di appartenenza. Questo tipo di spiegazione dell’emergenza della morale, che sarebbe funzionale alla massimizzazione del benessere del gruppo di appartenenza, poggia su teorie come la selezione parentale. La semplice osservazione del giudizio morale umano ci dice però che …

Religione e morale, quale influenza?

Qual è l’influenza della religione sul comportamento morale? L’analisi della letteratura rilevante condotta da Paul Bloom della Yale University, pubblicata sull’Annual Review of Psychology col titolo “Religion, Morality, Evolution”, ci aiuta senz’altro a far luce sulla questione. Gli studi scientifici sulla religione sono pochi poiché il fenomeno religioso, in ambito scientifico, sembra ancora destare imbarazzo.

Geni e morale, relazione possibile?

La ricerca neuroetica degli ultimi quindici anni ha dimostrato, attraverso studi di risonanza magnetica funzionale (fMRI), che alcune differenze individuali dell’attivazione cerebrale possono associarsi a diverse decisioni morali. Parallelamente, studi farmacologici hanno evidenziato il ruolo cruciale svolto dal neuropeptide ossitocina nel comportamento sociale e nella elaborazione delle emozioni.

L’insignificanza normativa della neuroetica

Riporto un interessante articolo (intitolato The Normative Insignificance of Neuroscience) di Selim Berker (professore di filosofia presso l’Università di Harvard) uscito nel 2009 su Philosophy & Public Affairs, nel quale viene esposta una critica alla tesi per cui vi sarebbe un ruolo dei risultati neuroscientifici trovati da Greene et al. nell’argomento di Greene per cui le intuizioni tipicamente deontologiche sono dubbie, sulla base del fatto che sono sottese da processi emotivi e dunque poco affidabili, o comunque sono da lasciar da parte a favore delle intuizioni tipicamente consequenzialiste, invece sottese da processi deliberati e coscienti.

Procediamo con ordine per capire bene di cosa si tratta. Fa parte del clima culturale formatosi attorno alla recente fioritura dello studio neuroscientifico l’idea che gli studi fMRI possano avere profonde implicazioni anche per la filosofia, ovvero per la soluzione di problemi tipicamente filosofici. Un esempio particolare di tale idea è la tesi per cui la ricerca neuroscientifica di Greene sulle basi neuronali delle nostre intuizioni morali dovrebbe e potrebbe portarci a cambiare le nostre opinioni sull’attendibilità di quelle stesse intuizioni. Singer e Greene sostengono che se la teoria empirica di Greene volta a spiegare ciò che causa il giudizio morale è vera, allora ipso facto si è autorizzati a trarre certe conclusioni su quali giudizi morali siano da darsi. In altre parole, la tesi è che una teoria empirica ha implicazioni normative. L’implicazione normativa è che dobbiamo ignorare o comunque sospettare le nostre intuizioni deontologiche (ovvero quelle basate su una reazione emotiva).

Oltreuomo – Dopouomo

Il saggio che presento è un abbozzo delle mie idee sull’argomento di quale sarà il gradino evolutivo successivo all’uomo, che spero di sviluppare nel futuro, anche magari grazie ai commenti di casuali lettori – e parlo con Te, nello specifico!

Finalmente abbiamo un’immagine dell’Oltreuomo (o del Dopouomo, come ho deciso di chiamarlo, usando un termine maggiormente neutro, ovvero non indicante per forza di cose un superamento, ma solamente una gerarchia temporale tra l’uomo e quello che verrà appunto ‘dopo’), che non è la narcisistica proiezione dei nostri Difetti in una Bestiaccia Celeste già pronta a cadere ai piedi della nostra meschinità, ma ch’è proprio derivata da una certa analisi (ipotetica) dell’evoluzione della vita, per quanto possibile elaborata a prescindere dal nostro capriccio e dalle nostre preferenze valoriali o poetiche o religiose o, in generale, personali.

Le energie degli uomini – William James

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Riporto e discuto la tesi sostenuta dallo psicologo e filosofo americano W. James nel saggio intitolato, in italiano, Le energie degli uomini – James, W. (1907). The Energies of Men. The Philosophical Review, Vol. 16, No. 1; pp. 1-20.

La tesi di James è che l’uomo vive, per cattiva abitudine, molto dentro i propri confini energetici, ovvero che l’uomo non adopera l’energia, che pure possiede, al suo massimo, e, così, agisce al di sotto del suo ottimo. Espressa in modo tanto vago la tesi sembra senz’altro vera. Dobbiamo però notare che essa racchiude in sé due tesi: una di tipo descrittivo, e una di tipo normativo. La tesi descrittiva è che l’uomo abitualmente non esprime tutta l’energia che possiede. La tesi normativa è che l’uomo dovrebbe esprimersi al massimo e che l’abitudine di vivere molto dentro i propri confini è cattiva.

Pensiamo che entrambe le tesi presentino dei problemi. La prima tesi presenta problemi che discendono dal fatto di non aver definito con precisione i termini usati. La seconda tesi presenta problemi che discendono dal fatto di non aver sviluppato a fondo le sue implicazioni pratiche. Ma prima di venire alla critica, riassumo brevemente l’argomentazione di James.

La posizione dell’uomo nel cosmo (1928) – l’antropologia filosofica di Max Scheler

 

Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=1508926

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Consigliamo – l’intervista al Professor Tagliagambe


Il testo di Max Scheler (principale fonte d’informazione sulla sua antropologia filosofica) risponde alle domande che cos’è l’uomo e qual è la sua posizione nell’essere.

La mancanza d’un’idea unitaria dell’uomo è determinata in buona misura dall’incuranza reciproca tra antropologia teologica, filosofica e scientifica; ovvero, manca una concezione unificante. L’uomo appare a se stesso ancora come un enigma. Questi fatti giustificano il tentativo intrapreso da Scheler di sviluppare un’antropologia filosofica, basandosi su conoscenze provenienti da diversi campi del sapere, in particolare di integrare scienza e filosofia.

Per capire qual è la particolare posizione metafisica dell’uomo, dobbiamo chiarire il termine e il concetto di ‘uomo’. Il concetto di uomo è ambiguo. Di fronte ad un termine designante qualcosa di appartenente al (vertice del) genere animale, abbiamo un termine designante qualcosa che si oppone all’animale. Se l’uomo abbia una posizione particolare del tutto differente da qualsiasi altro essere vivente nel mondo, è la questione, risolta la quale avremo il concetto di ‘uomo’.

Breve chiarificazione: ‘Cos’è l’Experimental Philosophy?’

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Obbiettivo dello scritto è chiarire cosa si intende per “filosofia sperimentale”.

La filosofia sperimentale (anche detta x-phi, abbreviando la denominazione inglese) è una nuova tendenza d’indagine filosofica che integra l’ormai tradizionale metodologia d’indagine della filosofia analitica con il metodo scientifico della scienza cognitiva. La filosofia sperimentale è diffusa soprattutto negli Usa (Yale, Arizona, Buffalo), mentre in Italia viene sostanzialmente ignorata.

Il punto centrale è questo: il filosofo è detto sperimentale quando si occupa di indagare attraverso la ricerca e il metodo empirico, ovvero attraverso uno studio sistematico, rigoroso e scientifico, il pensiero e le intuizioni dell’uomo comune sulle questioni che stanno a fondamento della discussione filosofica.

Per una critica all’economia neoclassica.

Di Giangiuseppe Pili         www.scuolafilosofica.com

Breve discussione della metodologia di analisi.

5.631 Il soggetto che pensa, che immagina, non v’è.

Wittgenstein

L’economia neoclassica è una teoria che ha assunto un’importanza fondamentale all’interno del nostro sistema economico e sociale: molte politiche seguono i suoi dettami e grazie all’influenza indiretta sulla cultura, siamo tutti convinti che solo dall’egoismo collettivo possa nascere una società felice. L’economia neoclassica gode della fiducia che è scaturita per difetto: non essendoci nulla di meglio a cui credere, ci teniamo stretti ciò che pensiamo.