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Supplying War Logistics from Wallenstein to Patton – Martin Van Creveld

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Un libro sulla filosofia della guerra? Filosofia pura della guerra!


Il libro Supplying War di Martin Van Creveld è una analisi della logistica dalla guerra dei trent’anni (XVIII secolo) alla seconda guerra mondiale (XX secolo). La seconda edizione del libro del grande storico israeliano Martin Van Creveld contiene anche una postfazione in cui l’autore aggiunge alcune considerazioni interessanti sulle guerre successive al secondo conflitto mondiale.

Vale la pena di scorrere i titoli dei capitoli: 1. The background of two centuries: questo è quasi un capitolo introduttivo, in cui si pongono le basi per capire l’evoluzione della logistica successiva. Come si evince sin da subito, fu fondamentale nel periodo sia la dipendenza degli eserciti dai bottini – cioè dai saccheggi – sia l’introduzione del sistema dei magazzini. Inoltre considera la storia della logistica del XVIII secolo, in cui le principali vie di comunicazione erano quelle acquatiche – fiumi e vari canali navigabili – grazie ai quali era possibile spostare i pesanti pezzi di artiglieria.

2. “An army march on its stomach!” (il secondo capitolo): in questo capitolo si analizza la logistica delle principali campagne napoleoniche, la più riuscita e la più disastrosa. Si tratta, probabilmente, di uno dei capitoli maggiormente interessanti per via del fatto che si mostra quanto Napoleone fosse stato un genio relativamente limitato nella rivoluzione logistica, per quanto sia stato colui che ha messo in moto una macchina di comando e controllo logistico assai sofisticato. In altre parole, egli non è stato un innovatore ma un rigorizzatore di ciò che disponeva già. Inoltre, il capitolo mostra la dipendenza degli eserciti sia rispetto alle vie di comunicazione che agli approvvigionamenti: rispetto alle prime, era impossibile aprirsi nuovi collegamenti o comunque era molto difficile, inoltre si era sempre vincolati negli spostamenti alla velocità di trasmissione dei mezzi di sostentamento dalla velocità imposta dagli spostamenti a cavallo; rispetto al vettovagliamento, invece, una scelta plausibile e più volte operata fu quella di vivere con l’esercito sulle spalle delle regioni occupate, che era l’unico sistema per non dipendere esclusivamente dal lento apparato logistico, troppo vincolato alla produzione di pochi beni di sussistenza e incapace di poter aumentare la velocità e lo smistamento dei beni su richiesta.

3. When demigods rode rails: dopo il secondo anche il terzo capitolo è senza dubbio di grande interesse per ogni studioso di storia militare e, in particolare, dell’apparato logistico. In questo capitolo Van Creveld mette in discussione ampiamente l’assunto secondo cui le vittorie di Moltke nelle guerre del 1866-1870 furono dovute alla sua capacità di sfruttare le ferrovie. Non solo le ferrovie sono un mezzo poco o nulla versatile nella sua rigidità, ma sono state resistenti ai tentativi di amplificarne la rete strada facendo. Nonostante l’adozione di particolari truppe dedicate al mantenimento e miglioramento della rete ferroviaria, il risultato è piuttosto deludente per quanto riguarda la capacità di penetrazione dell’esercito. Il quale, allora, ancora una volta dipendeva dalle gambe umane e dalle zampe dei cavalli molto di più che dalla nuova tecnologia basata sul ferro e sul vapore. In questo capitolo, purtroppo, non si considera la storia della guerra civile americana, di cui Van Creveld accenna qualche parola nel paragrafo finale aggiunto nella seconda edizione. La conclusione teorica di questo capitolo è che la vittoria della Prussia nelle due guerre fu dovuta molto più all’abilità strategica di Moltke (per quanto non esente da errori) e alla capacità di saper sfruttare l’organizzazione logistica propria dei secoli precedenti, più che dalla presunta (e falsa) convinzione che le ferrovie avevano dato nuove possibilità logistiche (i problemi inerenti alle ferrovie, a iniziare dagli atti di sabotaggio e per finire ai problemi di smistamento delle risorse nelle stazioni stradali rendevano l’uso della via ferrata estremamente accidentata).

4. The wheel that broke: in questo capitolo si considera lo sviluppo della logistica nella prima guerra mondiale, in cui per la prima volta l’apporto delle ferrovie diventa più importante e più disciplinato, per quanto mai sufficientemente elastico e capace di consentire una sua proiezione in lunghezza: si rafforzano le linee interne ma non sono possibili ulteriori penetrazioni soltanto grazie ad esse. In realtà, il problema principale della logistica contemporanea è dovuta al fatto che non è più possibile vivere del tutto sul territorio conquistato perché le munizioni (soprattutto quelle dell’artiglieria) non sono identiche a quelle del nemico. E quindi vanno portate in loco. Per la prima volta vengono usati anche mezzi meccanici non su strada ferrata, i quali si sono rivelati la più importante innovazione in fatto di spostamento di beni indispensabili al combattimento. Ma in realtà sul piano propriamente logistico si crea una maggiore differenziazione dei mezzi capaci di smistare e portare i beni, nonché viene creato un apparato dedicato e specifico al controllo della logistica. Però ciò non toglie che gli eserciti dipendono ancora in modo decisivo dalle gambe e dalle zampe, più che da tutto il resto. E allora forse è il caso di ricomprendere se certi ambiziosi piani non siano da rivedere alla luce di queste considerazioni puramente logistiche.

5. Russian roulette: in questo capitolo Van Creveld si concentra sull’analisi della campagna russa della Germania Nazista. Si tratta di un capitolo particolarmente importante perché analizza la condizione della logistica nella più estesa campagna terrestre nella storia. Sia in quantità di personale, sia rispetto alle dimensioni degli eserciti, sia considerando l’elemento spaziale e in parte anche quello temporale (basti considerare il fatto che l’assedio di Leningrado fu il più lungo della storia), si tratta della campagna militare più complessa e più estesa. Inoltre i due schieramenti erano composti da due delle più industrializzate potenze industriali e militari del secolo XX. L’analisi di Van Creveld è complessa e prende in considerazione una grande varietà di fattori, anche perché, appunto, nel caso della campagna russa i nazisti misero in moto ogni genere di mezzo compresa l’aviazione.

6. Sirte to Alamein: se nel precedente capitolo si considera una delle campagne più impegnative per le ragioni molteplici, tra cui il clima e le distanze, in questo capitolo Van Creveld riconosce le difficoltà proprie delle attività militari portate nel caldo del deserto, in cui l’assenza di acqua e la presenza del calore insopportabile e della sabbia che si infilava ovunque rendeva il teatro delle operazioni particolarmente accidentato e difficile. Come anche per la campagna di Russia qui si mettono in evidenza i problemi della relazione tra desiderata strategici e possibilità logistiche. Il risultato, allora, è che emerge chiaramente come l’attrito in guerra sia generato tanto dal nemico quanto dalla propria capacità logistica.

7 .War of the accauntants: in questo capitolo Van Creveld ricostruisce la logistica dell’invasione alleata in Francia, mostrando come ancora una volta ci siano stati importanti problemi logistici, non tutti risolti in modo lineare e scontato. I problemi dei colli di bottiglia dovuti all’accumulo delle risorse nei punti di sbarco, la difficoltà di consentire rapide avanzate sostenute dal puntuale approvvigionamento, le complicazioni dovute alla formazione di continui problemi e rallentamenti nelle vie di comunicazione sono stati tutti problemi che l’invasione alleata ha dovuto affrontare. Problemi classici della logistica riproposti su grande scala e con mezzi meccanizzati ma non per questo diversi, nell’essenza, da quelli di altri periodi storici.

8. Logistics in perspective: il capitolo conclusivo cerca di trarre una summa dell’analisi del libro e di come i problemi logistici costituiscono un freno continuo alle scelte strategiche dei grandi e piccoli generali i quali, piuttosto, sono coloro i quali si lasciano e si devono lasciare guidare delle esigenze proprie della logistica, piuttosto che ignorarle, come fanno taluni storici e studiosi dell’arte militare. Martin Vanc Creveld sottolinea continuamente come la dimensione dell’attrito in guerra non sia mai sufficientemente considerata, nonostante essa sia di centrale importanza sia rispetto all’elaborazione dei piani da parte dei generali, sia rispetto alla dimensione propriamente operativa della campagna. In fine, così conclude lo studioso israeliano:

It is perhaps fitting that the present study – starting, as it did, with the determination to avoid “vague speculations” and concentrate on “concrete figures and calculations” – should end with an admission that the human intellect alone is not, after all, the best instrument for waging war and, therefore, understanding it. The intellect must play a central role both in planning and execution, if only because no better instrument is available to us; but to believe that war, or indeed any other aspect of human behavior, can ever be grasped by means of the intellect alone is to give proof of a hubris like that evinced by those who built the Tower of Babel and deserving similar punishment. To recognize the truth of Napoleon’s dictum that, in war, the moral is to the physical as three to one; in the final account, this may be all that a study of the influence of logistics on mobile operations may be able to teach us.[1]

Il libro Supplying War è senz’altro un capolavoro degli studi militari nella misura in cui grazie ad una accurata analisi storica vengono messi in luce molti aspetti che nelle normali analisi strategiche vengono rapidamente sorpassati per concentrarsi esclusivamente sulle proprie potenzialità facilmente slegabili dall’attrito imposto sia dal nemico, sia dalla natura stessa del terreno che dai problemi di natura logistica. Van Creveld mostra continuamente come i grandi generali furono soprattutto capaci di far fronte ai problemi logistici con grande spirito di sacrificio e di adattabilità, più che tramite qualsiasi sistema di spostamento o tecnologia dell’ultim’ora. Quello che emerge in modo determinante dal saggio di Van Creveld è proprio il fatto che proprio laddove la tecnologia sembra avere la maggiore importanza, anche lì tradisce le promesse. Gli spostamenti diventano più lunghi, ma anche le retrovie. I mezzi diventano più potenti, ma anche aumenta anche il numero dei mezzi di ricambio. Gli eserciti diventano più numerosi e i territori più ricchi, ma anche le munizioni delle singole tipologie di armi si moltiplicano rendendo ancora più dipendente dalla logistica l’intero apparato dell’esercito. Non c’è scampo dai problemi logistici almeno da quanto non c’è scampo dai problemi dovuti al malfunzionamento tecnologico, complicato all’esasperazione dalle attività del nemico.

Sebbene il libro di Van Creveld sia sostanzialmente un saggio di eccellenza nel settore, giustamente apripista di numerosi altri studi, considerabile di qualità tale da assurgere a classico, si può anche dire che ci si aspetterebbe maggiore considerazione di altre guerre, ad esempio la guerra civile americana piuttosto che sulla guerra in Vietnam e Corea, cioè guerre in cui ci sono stati gli elicotteri e in cui l’elemento aviotrasportante era decisamente più importante che non nella seconda guerra mondiale (con tutte i se e i ma del caso). Inoltre, valeva la pena di considerare anche i problemi logistici delle attività navali, totalmente soprasseduti. E’ vero che non si può trattare di ogni cosa e il saggio di Van Creveld per quanto attiene ai suoi ambiti è indubbiamente di dettaglio, ma ci sono degli ambiti in cui la logistica doveva pur essere esplorata da un saggio il cui titolo è Supplying War e non Logistics in some Wars. Infatti, le conclusioni del libro di Van Creveld potrebbero anche non essere oggetto di accordo totale da parte di tutti (ma anche la verità più triviale avrà i suoi contestatori), ma rimane indubbiamente un lavoro di qualità. Qualche perplessità la si può avere sulla quantità.

Fatto che rimane anche dopo aver letto l’ultimo pezzo del libro, dedicato a comprendere l’ulteriore evoluzione della logistica dopo la seconda guerra mondiale: qui l’autore fa il punto della situazione dal momento della pubblicazione del saggio al momento in cui scriveva (2004). Secondo Van Creveld l’evoluzione della logistica è cambiata meno delle apparenze e gli esempi da lui considerati sarebbero sufficienti a mostrare un quadro non esaustivo ma sufficiente del mondo e dell’evoluzione della logistica.

Persuasi o meno dai caveat di Martin Van Creveld rimane il fatto che Supplying War è un capolavoro nel suo genere ed è un libro che dovrebbe essere tradotto in italiano per renderlo fruibile all’ampio pubblico di appassionati, studiosi e storici di questa disciplina. E’ un libro da possedere, leggere e analizzare.


Martin Van Creveld

Supplying War

Cambridge University Press

Pagine: 313.


[1] Van Creveld M., (1977), Supplying War, Cambridge University Press, Cambridge, pp. 236-237.


Giangiuseppe Pili

Giangiuseppe Pili è Ph.D. in filosofia e scienze della mente (2017). E' il fondatore di Scuola Filosofica in cui è editore, redatore e autore. Dalla data di fondazione del portale nel 2009, per SF ha scritto oltre 800 post. Egli è autore di numerosi saggi e articoli in riviste internazionali su tematiche legate all'intelligence, sicurezza e guerra. In lingua italiana ha pubblicato numerosi libri. Scacchista per passione. ---- ENGLISH PRESENTATION ------------------------------------------------- Giangiuseppe Pili - PhD philosophy and sciences of the mind (2017). He is an expert in intelligence and international security, war and philosophy. He is the founder of Scuola Filosofica (Philosophical School). He is a prolific author nationally and internationally. He is a passionate chess player and (back in the days!) amateurish movie maker.

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