“La cura di sé, prende forma, e non può che formarsi, a partire da qualche riferimento all’Altro.”
-M. Foucault L’ermeneutica del soggetto
Il concetto di “cura di sé” è decisamente molto più complesso rispetto all’attuale mania dal retrogusto vagamente yuppie di frequentare le palestre, comprarsi l’orologio e le scarpe capaci di misurare le calorie che perdiamo mentre pensiamo di fare attività fisica, mangiare solo frutta verde o contare ogni grammo che ingeriamo. “Niente di troppo”, “Conosci te stesso” e “Prenditi cura di te”, questi i tre precetti delfici, la cui origine e attribuzione era motivo di dibattito già nell’antichità. In particolare l’ultimo, “Prenditi cura di te”, prima di essere lo slogan di una fin troppo nota catena di cosmetici, era uno dei più evocativi, come è oggi uno dei più densi e misteriosi a livello di significato. Originariamente cosa voleva dire prendersi cura di sé?[1]






Voglio parlarvi di un tema a me molto caro: l’insegnamento del Sardo, come lingua ufficiale, nelle scuole di ogni grado nel territorio isolano. La Sardegna mi appartiene, lei mi fa sua ogni volta che mi sveglio e mi sento a casa. E’ la mia Terra e, in quanto tale, la voglio preservare in tutto e per tutto. La nostra cultura, la nostra lingua, la nostra casa devono prosperare, e di conseguenza prospererà la nostra identità.
