
“Incoronazione della Vergine di Alessandro Bonvicini” è un mio recente articolo pubblicato su Scuola Filosofica il 15 ottobre 2024[1] il cui tema si è incentrato su una sua visione alchemica.
In questo nuovo scritto è la Vergine che viene esaminata per giustificare degnamente l’opera del Bonvicini. La visione della parte pittorica in cui Ella e il Cristo appaiono, non dà l’impressione di una grande luminosità celeste che ci si aspetta. Il coro dei putti che li circonda sembrano un tantino “appannati”, tuttavia non si può nemmeno rilevare che sia il contrario, anzi. Si ha comunque l’impressione di una fase di attesa per svincolarsi dall’ombra che sembra aggravarli, come di un atteso rivivere, di salire in alto, verso il Cielo, verso un trono per un degno coronamento. Ma questa sensazione sembra avere origine nell’arcangelo San Michele alle prese con il maligno, un’ “accoppiata” insolita con una bestia che non appare così sgradevole e malsana come ci si aspetta.
Nel resto dei Santi, Giuseppe, Francesco e Nicola, sembra notarsi, si e no, l’impressione rilevata anzidetta, come di attesa, quasi a intravederla in quel piccolo ramoscello in basso a centro in cui si raccoglie l’incertezza rilevata. Un virgulto che si sviluppa da un ceppo di albero troncato, quasi una vaga “speranza” che potrebbe rappresentare il quadro pittorico del Bonvicino.
La descrizione dell’opera del Bonvicini seguirà, all’inizio, lo stesso itinerario della pubblicazione sopradetta su Scuola Filosofica per non indurre a ricorrervi, ma poi si svilupperà la tematica sulla Vergine e lo stretto legame con l’arcangelo San Michele e la bestia. Si capirà che la salita al Cielo della Vergine e il suo coronamento è opera, è vero, del sacrificio di Michele, ma necessario per dare modo alla bestia di permettere al suo Eros di “spingerla” in alto verso il Cielo. In cambio l’arcangelo Michele ottiene una nuova bilancia di alto prestigio per diventare un grande Giustiziere. Di qui si comprende appieno il detto dell’Apocalisse di Giovanni che lo riguarda con la vittoria del Cristo:
«Poi vidi il cielo aperto, ed ecco un cavallo bianco; colui che lo cavalcava si chiamava «Fedele» e «Verace»: egli giudica e combatte con giustizia.
I suoi occhi sono come una fiamma di fuoco, ha sul suo capo molti diademi; porta scritto un nome che nessuno conosce all’infuori di lui. È avvolto in un mantello intriso di sangue e il suo nome è Verbo di Dio. Gli eserciti del cielo lo seguono su cavalli bianchi, vestiti di lino bianco e puro. Dalla bocca gli esce una spada affilata per colpire con essa le genti. Egli le governerà con scettro di ferro e pigerà nel tino il vino dell’ira furiosa del Dio onnipotente. Un nome porta scritto sul mantello e sul femore: Re dei re e Signore dei signori.».(Ap 19,11:16 CEI 1974)
Entrando nella basilica dei SS. Nazaro e Celso di Brescia e procedendo sul lato di sinistra della navata, a ridosso del secondo altare decorato in marmo, si ammira la pala del Moretto del 1534, L’Incoronazione della Vergine coi Santi Giuseppe, Francesco, Nicola e l’Arcangelo Michele (fig. 3).
Quando la vidi per la prima volta ne fui fortemente impressionato. L’Arcangelo Michele mi colpì particolarmente sembrandomi diverso dalle solite iconografie in cui compare con i paramenti da guerriero, con corazza, elmo, spada e munito della bilancia di giustizia. Perciò non mi aspettavo di vedere un San Michele vestito invece come se fosse una donna, tanto da mostrarsi tale persino nelle fattezze corporee in modo inequivocabile. Davvero surreale questa insolita rappresentazione!, la cui visione risale al 1969, allorché mi stabilii a Brescia proveniente da Caserta dopo il matrimonio.
Venni ad abitare a pochi passi dalla basilica dei SS. Nazaro e Celso e non passavano domeniche, in cui ero lì per la Messa, che non mi soffermassi sempre più ad ammirare quest’opera singolare, ma questo anche in altri giorni della settimana. Intanto il mio pensiero ricorreva continuamente verso il San Michele nell’intento di fare degli studi. Quest’idea, destino volle che dovesse essere poi sviluppata, molti anni dopo, in modo particolare, e chissà, sia stato il Moretto stesso, a indurmi a farla progredire, più di quanto avevo già posto in atto nel frattempo. Infatti nel 2004 con la famiglia ci siamo trasferiti in un’altra casa bresciana, non tanto distante da un’altra chiesa, e guarda caso qui c’è la tomba di Alessandro Bonvicini e molte sue opere. È la chiesa di San Clemente che si trova in fondo alla traversa omonima di via Cattaneo.
Qui sono esposte molte opere famose di Alessandro Bonvicini.

Osservando la pala “Incoronazione della Vergine coi santi Giuseppe, Francesco, Nicola e l’arcangelo Michele”, si è disorientati, abituati a vedere l’arcangelo Michele sempre come un fulgido guerriero che trafigge Satana, come si vede nella fig. 2, un’opera di Guido Reni del 1636.
Nel caso del Moretto si potrebbe intuire che nell’Arcangelo Michele, paragonato a Dio stesso, operi la Sua misericordia al punto di rivelarsi nelle vesti femminili e persino nelle membra. Notare il dettaglio della veste annodata sulla coscia, un vezzo perfettamente femminile fino ai giorni nostri. Ma si tratta della rappresentazione di un essere angelico, il cui corpo energetico sottile ha un comportamento diverso da quello umano corporeo.
Tuttavia rende comunque perplessi il rapporto che si stabilisce fra Michele e la bestia, questa non più come l’essere demoniaco in veste umana rappresentato da Guido Reni del dipinto di paragone.
La donna nel messaggio morettiano dell’Incoronazione della Vergine
Nell’Apocalisse si parla di una grande guerra che scoppiò nel cielo:
«Michele e i suoi angeli combattevano contro il drago. Il drago combatteva insieme ai suoi angeli, ma non prevalse e non vi fu più posto per loro in cielo. E il grande drago, il serpente antico, colui che è chiamato diavolo e il Satana e che seduce tutta la terra abitata, fu precipitato sulla terra e con lui anche i suoi angeli.» (Ap. 12,7-9 CEI 2008).
Ecco, ora non viene da chiedersi perchè premeva al drago la donna sfuggitagli di mano a causa dell’Arcangelo Michele e le sue schiere? Doveva essere molto preziosa…, o da temerne le conseguenze a causa sua, al punto da perseguitare la sua discendenza! Era forse la portatrice di un grande potere vitale, meglio di una forza per dominare? E viene da capire di volata che si tratta del potere generativo che, naturalmente, doveva essere in precedenza legato alla Bestia, ossia al Demonio meglio definito come Drago. Meglio allora, sarebbe più appropriato sentir dire da questo fantomatico drago «Cherchez la femme», visto il suo l’accanimento contro la discendenza della donna (che prima era «vestita di Sole »: citazione dell’Apocalisse).

«Cercate la donna», due parole famose, come d’ordine anche per molti artisti e poeti del passato, quale il sommo poeta Dante Alighieri per l’ideale Beatrice e fra questi indubbiamente anche Alessandro Bonvicini, meglio noto come il Moretto, non sembra? Di Dante sappiamo, infatti, della sua inclinazione per un sottaciuto pensiero fuori dai canoni ecclesiastici, aderendo in un primo tempo alla setta dei «Fedeli d’Amore» a cui aderirono, per esempio, altri famosi poeti come il Cavalcanti, il Boccaccio, e il Petrarca.
Si dice che fu Giovanni Boccaccio a salvare la Commedia dalla scomunica, rassicurando gli inquisitori che Beatrice era una donna vera, conosciuta da lui stesso e da tanti altri, figlia di messer Folco de’ Portinari e sposa del cavalier Simone dei Bardi. Ma sappiamo anche che i poeti «Fedeli d’Amore» erano tutti innamorati di donne che si somigliavano tanto da far pensare ad una sola donna, quasi a identificarla in un medesimo simbolismo in cui nascondevano idee e dottrine iniziatiche ritenute eresie dalla Chiesa e perciò perseguibili. Se così fosse, dove la «donna» del Moretto che deve aver posto in un rifugio sicuro al riparo dalle antiche velleità della Bestia? Non certo la Vergine Incoronata che costituisce l’umanità nel suo insieme e a ragione di ciò, ovviamente, in qualche modo vi si ritrova. Dove dunque allora?
Senza tribolare tanto, zoomando lo scenario dei putti (imbronciati, chi più, chi meno) che fa da coro all’incoronazione della Vergine, si ravvisa la cosa che si sta cercando al lato destro (vedi fig. 4). È l’immagine di un trasognato volto soave di triste fanciulla presente nel quadro morettiano. Ma il fatto che rende perplessi e che stordisce è che lo sguardo della giovane è rivolto verso l’esterno, nella direzione della cima a forma di spirale del pastorale nella ferrea mano di San Nicola di Bari. Sembra come in trepida attesa di chissà quale bel Signore del suo cuore, forse di là da venire da una meravigliosa galassia che la cima del pastorale ispira, e chiaramente non l’altro Signore al centro del cielo ove ella si trova, per giunta come guardata a vista da un putto alle sue spalle con sguardo poco raccomandabile.
Sin dal primo momento in cui ho ammirato il quadro in questione, frequentando la Chiesa ove ora si trova, quella timida fanciulla morettiana mi è parsa come un sogno, come un destino da compiersi ivi riposto, che oggi si rivela mio tramite, chissà, come una fulgida realtà umana prossima a rinascere.
Trattandosi di una chiara cosa bresciana, mi sovviene il trasporto del masso di marmo estratto dalle cave di Botticino, poco distante da Brescia, che servì per la statua della dea Roma che troneggia al centro del sacrario del Milite Ignoto sul Campidoglio romano.[2] Che imprevedibili e inspiegabili accostamenti con una Bella Italia unita in prospettiva che ai tempi del Moretto era poco o niente intravisibile, ma che oggi è abbastanza ammirevole agli occhi di tutta l’Italia! È un segno bresciano da tenere in considerazione? Ma è solo una mia idea fuggente, tuttavia, come disse l’autore della citata frase «Cherchez la femme», Alexandre Dumas, «Si può resistere ad un’invasione da parte di un esercito ma non un’idea il cui momento è giunto». È giunto questo momento? Forse.
Ritornando al Moretto, io credo che per lui quella triste fanciulla, nella supposta attesa del suo intimo Signore, sia l’evangelico «tesoro del campo» su cui, nel suo immacolato segreto, deve aver investito tutto sé stesso, ci si può giurare. Forse ispirato dalla nota Santa bresciana, Angela Merici fondatrice dell’ordine monastico delle suore Orsoline. Con questa Santa, grintosa e battagliera, credo che il Moretto si sentisse, nel suo intimo cuore, più che legato da cristiano amore, similmente a quello di Dante Alighieri per Beatrice prima accennato.
Il compromesso di Michele e il progresso della scienza
Una nuova bilancia per Michele grazie alla moderna tecnologia

Resta ora il fatto saliente che riguarda da vicino l’Arcangelo Michele in sembianze femminili, quasi a rivedere nel volto adornato di ghirlanda di fiori di campo, lo stesso della Santa, Angela Merici, tanto ammirata da Alessandro Bonvicini. La domanda è ora, grazie a quale sortilegio la Bestia è adagiata ai piedi di Michele, tutt’altro che incline a qualsiasi ostilità. Infatti sembra gradire lo sfiorare di quel piede di Michele sul suo petto, ma c’è ben di più con quel puntale dorato della presunta lancia che avrebbe dovuto trafiggerla. Invece è come se si fosse stabilito un singolare gradevole rapporto fra la strana punta quadristellare ed una sorta di grossa coda eretta della Bestia ad essa attorcigliata con l’estremità (vedi fig. 5). È una cosa che ha tutta l’aria di una rappresentazione fallica, non c’è che dire.
Che ha voluto suggerire, o esorcizzare, il Moretto con questa novità in fatto di disputa con le forze del cosiddetto male?

A perfezione dell’argomentazione scientifica, sopra appena sfiorata, mi preme far progredire ‒ ma brevemente ‒ questo lato che ho supposto come implicazione della strana raffigurazione esoterica della camuffata trafittura della Bestia ad opera di Michele del Moretto. Si tratta del ruolo specifico attribuito dalla tradizione a San Michele Arcangelo, che è quello della pesatura delle opere umane, e per questo nell’iconografia a riguardo compare una bilancia. Nel caso in discussione, quell’organo fallico della Bestia, così come è rappresentato su idea del Moretto ‒ secondo me, da quel vecchio esperto di progettazioni di macchine e impianti industriali che mi ritrovo ‒ può assimilarsi ai moderni dispositivi industriali di pesatura che fa ricorso a componenti elettronici, appunto, chiamati strain gauge (vedi fig. 6), ovvero estensimetri applicati a celle di carico. Come si vede nelle due figure sopra, si tratta di un trasduttore usato per convertire una forza in un segnale elettrico. Questo componente è generalmente costituito da un corpo metallico elastico a cui vengono applicati uno o più estensimetri che convertono un allungamento o una compressione meccanica in una variazione di resistenza elettrica. Per amplificare l’entità del segnale la scelta più comune è quella di usare quattro estensimetri collegati tra di loro in una configurazione a ponte di Wheatstone (ma si possono usare anche da uno o due soli estensimetri). Il segnale elettrico ottenuto (differenziale) è normalmente dell’ordine di pochi millivolt e richiede un’ulteriore ampliamento con un amplificatore di tensione prima di essere utilizzato. Il segnale è poi elaborato mediante un algoritmo per calcolare la forza applicata al trasduttore.
Relativizzando ogni cosa suddetta all’intima iconografia del caso particolare della coda a spirale della Bestia, la configurazione detta a ponte di Wheatstone, risultando un sistema di quattro estensimetri, porta a vederci chiaro sulla particolare conformazione del puntale dorato quadristellare (presumibilmente immaginato dal Moretto in stretta relazione ai quattro elementi della terra) dell’asta rossa nelle mani di Michele. L’asta (la quintessenza tradizionale secondo il Moretto), di conseguenza non può essere che il microsegnale elettrico che per vie etere perviene al Cristo (direttamente alla fronte) seguendo la relativa direzione. Notare che la direttrice dell’asta in questione passa in tangenza della corona posta dal Cristo sul capo della Vergine: per significare che in questa sede si coronano o no i propositi dell’intera umanità in cammino nel tempo, e così per ogni singolo uomo.
In conclusione a questo punto, se il mio discorso sul progresso analogo a quello oggi riscontrato dalla scienza è sostenibile, si può immaginare che l’io-Cristo in noi, ne tragga grande vantaggio potendo meglio soppesare ogni sua decisione per condurci alla possibile realizzazione dei nostri buoni propositi che molte volte restano solo dei sogni. O ‒ meglio ancora ‒ non andare incontro a catastrofiche disavventure.
Attenzione però, senza la giusta «donna» in noi e fuori noi, l’iconografia dell’Incoronazione della Vergine ci avverte che non sarà l’attaccamento tradizionale al vecchio Arcangelo Michele, munito di elmo, corazza e spada o lancia, a caccia di draghi da infilzare, a mettere fine alle discordie in seno all’umanità.
Altra riflessione da fare è che la «donna» segnalata dal Moretto deve essere servita egregiamente all’arte sua e a tanti come lui del passato per sviluppare un disegno evolutivo, non solo attraverso le arti e la cultura umanistica, ma anche attraverso la scienza che nel 1500 cominciava a mostrarsi per ciò che oggi è. Primeggia fra questi Galileo Galilei, nato a Pisa nel 1564 e morto ad Arcetri nel 1642, fisico, filosofo, astronomo e matematico italiano. Galileo è stato uno dei più grandi scienziati dell’epoca moderna. Oggi siamo grati a lui per le sue idee e scoperte e perché se ne traggono enormi vantaggi che però al suo tempo furono gravemente osteggiate dalla Chiesa Cattolica. A causa di ciò egli venne condannato come eretico e costretto nel 1633 all’abiura delle sue concezioni astronomiche.
Dunque «cercate la donna» che fa per voi per trattarla come la regina del vostro cuore, anzicché affliggerla, ma dentro di voi prima d’altro. Come fu per Galileo, ella procurerà al suo amante grandi spine e tribolazioni, ma anche notevoli progressi in ogni campo della cultura. E così la stessa cosa ci raccomanda di fare Alessadro Bonvicini, detto il Moretto, col suo messaggio pittorico dell’Incoronazione della Vergine che è la «La forza che manca al mondo laico», come rileva il filosofo bresciano, il prof. Emanuele Severino[3]. Egli ha veramente ragione di intravedere questa «forza» nei mistici poiché ce lo rivela superlativamente il Moretto con la sua stupenda pittorica.
Il prof. Severino ha pure ragione nell’intravedere «la morte di Dio, cioè la fine di ogni verità assoluta, di ogni fondamento, di ogni centro del mondo.», perché «il mondo sarà governato da una scienza senza etica». Tuttavia, credendo (chi lo può) ad un processo spirituale a monte delle cause del mondo materiale, la stessa scienza tecnologica – ironia della sorte del «maligno» – agevola, come io ho immaginato in relazione al miglior sistema di pesatura elettronica al posto della tradizionale «vecchia bilancia», l’Io Cristo che troneggia in Cielo. Questa condizione di vantaggio, basato sulla «perfezione»[4], che ne deriva, nelle mani di Dio (quelle di «Chi come lui», l’Arcangelo Michele), farà il miracolo della Sua resurrezione, ancor prima che in terra, «la scienza senza etica» nelle mani della Bestia, abbia il sopravvento. Adesso si fa chiarezza sull’oscuro passo dell’Apocalisse di Giovanni quando viene detto che dopo la fine dei «mille anni», « l dragone, il serpente antico – cioè il diavolo, satana -… dovrà essere sciolto per un po’ di tempo.». Cui fa seguito la visione rassicurante del profeta Giovanni che dice così: «Poi vidi alcuni troni e a quelli che vi si sedettero fu dato il potere di giudicare.»[5]. Ma tutto ciò è già emerso quando parlo della «donna» che «potrà “coesistere” con Michele», riferendomi a Suor Angela Merici tanto ammirata dal Moretto.
Con la nuova bilancia San Michele solleva la Pietra filosofale della donna

La possibile spiegazione di questa versione del rapporto tra San Michele e la bestia rientra in una visione alchemica del rapporto fra il Re e la Regina di un ruolo importante della seconda opera del Magistero Alchemico che si conclude con il loro matrimonio, il coniunctio oppositorum.
“Li tre libri dell’arte del vasaio” di Cipriano Piccolopasso
La fig. 8 accanto, in cui si vede una colomba che cerca di sollevare una pietra cui è saldamente legata, fa parte di Li tre libri dell’arte del vasaio, opera di un alchimista del 1500, Cipriano Piccolpasso[6]. Egli è stato anche architetto, storico, ceramista, e pittore di maioliche, italiano.

L’immagine rappresenta il simbolo dell’unità della materia, la cui difficoltà del processo alchemico per ottenerla trapela dal filatterio in cui vi è iscritta la parola IMPORTUNUM.
La colomba, segno di sublimazione alchemica, rappresenta l’azione dello spirito sulla materia, un ruolo importante della seconda opera del Magistero Alchemico. In modo traslato all’Apocalisse di Giovanni, lo Spirito è l’Agnello, e la materia e la « bestia di terra ». Tuttavia il solido legame che unisce lo spirito alla pietra, lascia intendere che questa, nel trattenerla, incide nel processo con la sua azione specifica, la forza di gravità, propria della materia. È ben chiaro così che venendo meno questa forza, il prodotto della sublimazione s’invola, vanificando così il lavoro dell’alchimista, e questo non ha senso che avvenga. Ecco lo scopo del legame che unisce i due per la cosiddetta coniunctio oppositorum.
La croce in alto indica l’atanor, ossia il crogiuolo (sinonimo di croce appunto), strumento dell’Arte del Fuoco, ovvero la Via Secca.
Più da vicino la pietra e la colomba rappresentano lo solfo e mercurio alchemico (la salamandra e la remora) che si azzuffavano dilaniandosi.
Questi due principi “abitano” il vaso alchemico e la lebbra che affligge la Materia Prima, più che identificarsi con il fisso o con il volatile, col corpo o con lo Spirito, risiede nella loro mancata integrazione, nella loro separazione. L’alchimista, quindi, non potendo rinunciare né all’uno né all’altro, deve riuscire ad amalgamare e fondere insieme Spirito e Corpo, realizzando la coniunctio oppositorum. Gli opposti devono prima lottare divorarsi ed uccidersi a vicenda perché la loro unione possa realizzarsi. Questa operazione ha due aspetti, quello del costringere la terra corporea e pesante ad elevarsi verso le regioni dello Spirito e quello consistente nell’obbligare lo Spirito ad abbandonare i “Cieli filosofici”, ove può spaziare liberamente, costringendolo a discendere nelle regioni più pesanti e condizionate dai vincoli terrestri perché possa vivificare rivitalizzare e “rendere consapevole” il corpo.
È una sorta di primavera che ad un certo punto attende l’esperto e paziente vasaio in trepido “ascolto“, come Leo, uno dei tanti alchimisti, in “Avviamento all’Esperienza del Corpo Sottile”[7]:
L’impresa salvifica dell’Elohim Jahvè si intravede nel San Michele sacrificale del Moretto
L’ottava sfera secondo Rudolf Steiner
Dunque, « E’ noto, come per Steiner, che l’“ottava sfera” altro non sia che il “nuovo” regno evolutivo che Lucifero ed Ahrimane tentano di edificare strappando “pezzi” dal regno umano allo scopo di deviare del tutto la normale evoluzione delle “sette sfere” o “stati planetari” o “incarnazioni” succedentisi nel tempo. L’abuso di onde e frequenze elettromagnetiche va a costruire una specie di ponte per il continuo passaggio delle forze elementari ahrimanico-luciferiche fra un “mondo” e l’altro.
Riguardo alla natura dei cosiddetti “alieni” si potrà comprendere meglio che le esperienze in questione hanno una natura ed un’origine molto più interiori ed occulte di quanto la apparente “materialità” dei racconti possa far pensare. Si assisterebbe a evoluzioni di esseri demoniaci che si presentano però con la struttura di esseri di metallo, ma si tratta del mondo non materiale e quindi illusorio. Si tratterebbe di esseri spirituali, privi di materia che appaiono con parvenze tecnologiche.[8] Parlando dell’ottava sfera si parla di qualcosa di molto poco conosciuto nella letteratura: sono pochi gli occultisti e anche gli antroposofi che ne possono sapere qualcosa.
L’ottava sfera era un mistero sino a quando il teosofo Alfred Percy Sinnet[9], nel suo “Buddismo esoterico”, la nominò. Venne però (intenzionalmente?) comunicato un errore, in quel contesto, ossia che l’ottava sfera aveva a che fare con l’attuale luna fisica. Essa invece, non ha nulla a che fare con qualcosa che esiste nel mondo fisico: ha semmai qualcosa a che fare con quel che rimane, come residuo, dell’antica evoluzione lunare (secondo la Scienza Occulta). Viene chiamata “ottava sfera” in riferimento alle “sette” altre sfere o stadi planetari (mavantara), che altro non sono che le 4 passate incarnazioni planetarie: Saturno, Sole, Luna e l’attuale Terra, più le 3 future: Giove, Venere, Vulcano. La differenza dell’ottava sfera è che essa non è da collocare né alla fine né all’inizio dell’evoluzione, ma bensì parallelamente alla attuale terra. E’ qualcosa che, come una dimensione parallela, vive a fianco alla nostra era terrestre. Si potrebbe dire che tale dimensione può essere circoscritta, come spazio, pressappoco dall’orbita dell’attuale luna attorno alla terra. Si può dire che la terra è un punto al centro di una sfera, la quale è l’ottava sfera. E ciò è qualcosa di molto grave e poco rassicurante.
Se vogliamo comprendere meglio dobbiamo pensare che quando si compì l’evoluzione della luna, alla fine vi furono alcuni spiriti luciferici e ahrimanici che sottrassero, trattennero per sé stessi, qualcosa alla sostanzialità della luna di allora. Strapparono della sostanza lunare agli Spiriti della forma edificando un piano, una dimensione, parallelamente a ciò che sarebbe dovuto venire dopo: a fianco della terra. In questo modo Ahrimane e Lucifero poterono così dispiegare il loro piano: sottrarre l’uomo all’evoluzione terrestre e attirarlo entro la loro evoluzione. Questa “loro” evoluzione non ha nulla in comune con i piani Divini. Lucifero ed Ahrimane vorrebbero far sparire l’attuale evoluzione, per fargli prendere tutt’altro corso. Come contrappeso di tale pericolo, all’inizio dell’evoluzione terrestre gli Spiriti della forma ordinarono l’espulsione delle forze lunari dalla terra, e su questa massa fisico-spirituale venne a dimorare Javhè, uno degli Spiriti solari (gli Elohim) della forma. Anche attualmente Egli vi soggiorna. Sarà anzi lo stesso spirito che in futuro provvederà a far si che la luna rientri nella terra. Da quella prospettiva Javhè poté così contrastare l’azione di Lucifero ed Ahrimane. Ma la sua azione è quella della morte, egli è la morte stessa.[10]
Si comprende così anche l’azione sacrificale dell’arcangelo Michele che è in grado di depurare la donna, e l’alchimia di Cipriano Piccolopasso ci mostra come questo avviene.
Forse l’arcangelo Michele è lo stesso Jahvè.
Brescia, 4 febbraio 2025
[1] https://www.scuolafilosofica.com/12288/lincoronazione-vergine-bonvicini-visione-alchemica
[2] Dea Roma. Il trasporto del masso di Botticino.
[3]In riferimento all’articolo di fondo del prof. Severino, sul Corriere della Sera di lunedì 4 aprile 2005, sul conto del defunto Papa Giovanni Paolo II. Il titolo era « La forza che manca al mondo laico ». Si trattava di una forza straordinaria che il filosofo bresciano riconosceva nel Papa e di conseguenza – secondo la mia visione – anche nella sua Chiesa, ma che non ravvisava nel mondo laico. «Nessuno ha saputo fare per il tempo che viene quello che il Papa ha fatto per il tempo che se ne va », egli stigmatizzava fra altre cose come queste: « Il mondo laico, si limita a galleggiare: non vede più la potenza che all’inizio del nostro tempo ha distrutto la tradizione. La potenza del pendio… Forse intravede la tragedia che, a valle aspetta il torrente, ma evita di guardarla in faccia e di assumersi la responsabilità del presente ».
C’è da domandarsi allora in che modo Iddio si serve di questa « forza », non disponendosi nemmeno attraverso il corpo di San Michele (che è come se fosse Iddio stesso), vistosamente effemminato e privo del tradizionale paramento da guerriero, fra corazze, elmo ed una vera lancia o spada? Non disorientano, in cambio, i lucidi rasi lascivi per vestimento, la ghirlanda di fiori sulla testa e quella strana e sottile asta che arma non pare?
[4] Il giovane ricco. Vangeli: Mt 19, 24-26; Mc 10, 25-27; Lc 10, 24-27.
[5] Apocalisse di Giovanni 20, 2-4.
[6] http://www.gianfrancobertagni.it/materiali/alchimia/piccolpasso.htm
[7] Introduzione alla Magia, a cura del Gruppo di UR, vol. I, cap. III, pag. 72, Edizioni Mediterranee.
[8] Non mancano, in questa direzione, prove delle mistica cristiana che confermerebbero la suddetta parvenza metallica di apparizioni mariane, come quella Medjugorje che ebbero inizio a partire dal 24 giugno 1981. Si tratta di testimonianze tratte dal fascicolo “Le apparizioni della Madonna di Medjugorje” a cura di Gianfranco Fagiuli edito da Peruzzi. Gianfranco Fagiuli, intervistando Ivanka, una dei tre veggenti ai quali apparve la Madonna, pose alcune domande e fra queste chiese: « Che sensazione provi quando tocchi la Madonna? ». E Ivanka senza difficoltà rispose così: « La tocco con il palmo della mano, la punta delle dita. Tocco il suo abito e il suo mantello ed è come se toccassi un metallo. ».
Si aggiungono alle suddette esperienze mariane di Medjugorje certe visioni di santi del cristianesimo, per esempio quelle di Anna Katharina Emmerick (Coesfeld, 8 settembre 1774 – Dülmen, 9 febbraio 1824). Tra le visioni della monaca tedesca hanno spazio anche alcune profezie apocalittiche sul destino della chiesa. Una di queste inquadra una misteriosa “donna in armi” in stretta aderenza alla visione della Madre di Dio: « “Vidi un’apparizione della Madre di Dio, che disse che la tribolazione sarebbe stata molto grande… ». Successivamente c’è, infatti, la visione che la lega, secondo me, all’ipotesi di una sua natura immateriale “metallica”: « “Verranno tempi molto cattivi, nei quali i non cattolici svieranno molte persone. Vidi anche la battaglia. I nemici erano molto più numerosi, ma il piccolo esercito di fedeli ne abbatté file intere (di soldati nemici). Durante la battaglia, la Madonna si trovava in piedi su una collina, e indossava un’armatura. Era una guerra terribile. Alla fine, solo pochi combattimenti per la giusta causa erano sopravvissuti, ma la vittoria era la loro” (22 ottobre 1822) ». [Fonte (20 Giugno 2013): http://www.ilfoglio.it/articoli/v/96238/rubriche/le-profezie-della-mistica-emmerick-e-la-rovina-della-chiesa-con-due-papi.htm ]
[9]Alfred Percy Sinnett è stato un saggista, giornalista e teosofo inglese. https://it.wikipedia.org/wiki/Alfred_Percy_Sinnett
[10] Per ulteriori indicazioni consiglio di leggere il libro di R. Steiner: “Il movimento occulto nel secolo diciannovesimo e il mondo della cultura” (Editrice antroposofica-Milano).
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