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Categoria: Filosofia

La felicità secondo Kant – La felicità di compiere liberamente il proprio dovere


La filosofia di Immanuel Kant è giustamente considerata una delle massime espressioni dell’illuminismo europeo e, più in generale, uno degli apici di tutta la storia della filosofia. Non è certamente un caso che il grandissimo compositore tedesco, Ludwig Van Beethoven, di pochi anni successivo a Kant ne apprezzasse le opere. L’autore dell’inno alla gioia che, poi, diverrà l’inno europeo, lesse la Critica della ragion pratica, fondamentale opera morale kantiana, e ne apprezzò profondamente il pensiero.

La filosofia morale di Kant si impose rapidamente come un nuovo modo di riflettere su antiche questioni e Kant stesso esplicitamente disse più volte che lo scopo intero della sua filosofia era una rigorosa fondazione della morale. Questo chiaro interesse è già presente nella Critica della ragion pura, testo non dedicato alla morale ma alle possibilità e i limiti della nostra capacità di conoscere, opera monumentale e precedente alle opere morali. Kant già introduce il tema morale nella celebre prefazione alla seconda edizione della prima critica, il cui scopo non era affatto di natura squisitamente morale ma: “…quello di sottrarre la metafisica ad ogni influsso dannoso, identificando le fonti dei suoi errori”. Il grande filosofo di Königsberg, città dell’allora Prussia, però già guardava ai problemi più profondi dell’interiorità umana.

Academic espionage e guerra per le risorse

 

Introduzione

In questa riflessione, cercherò di ricostruire alcuni fenomeni legati sia all’intelligence (in particolare, academic espionage) sia all’innovazione tecnologica, mostrando come le Università ed i centri di ricerca siano e potranno essere sempre di più obiettivi caldi per chi intende appropriarsi del know how sviluppato in un certo paese. L’intelligence accademica non è un fenomeno nuovo, come non lo è certamente farsi la guerra per appropriarsi delle risorse e delle tecnologie altrui, tuttavia, ad un certo punto della storia umana, qualcosa sembra essere profondamente cambiato. Le risorse naturali si sono avvicendate, nel corso della storia, per importanza e criticità, seguendo non solo lo sviluppo economico ma anche quello geografico. Tuttavia, non è più possibile pensare che vi sia un Pizarro, un Magellano, un Colombo a scoprire nuove terre ricche di risorse già utilizzate o in grado di fornirne di nuove. Mentre i viaggi nello spazio sono ancora inefficaci per il recupero di risorse, l’essere umano si è calato nelle profondità oceaniche, nelle viscere della terra ferma e ha catturato l’energia del sole e del vento. Tuttavia, nessuna di queste risorse sembra aver posto fine alla lotta per l’abbondanza, la sazietà e la prevaricazione sugli altri. L’altra frontiera su cui ci siamo mossi è stata quella tecnologica, che ha permesso, soprattutto a partire dalla fine del XVIII secolo, uno sviluppo straordinariamente rapido. Ma a fianco di tutte le scoperte scientifiche, i progressi tecnologici e i benefici derivati, nessuna tecnologia al momento permette di raggiungere quell’utopico fine che è la rassicurante abbondanza per tutti e per sempre. In mancanza di questa, le armi continuano a flagellare il mondo con il loro sinistro rombo, mentre, più silenziosamente, soggetti insospettabili agiscono nei corridoi delle università, dei poli di ricerca, dei centri per l’innovazione, dotati, anche solamente, di un telefono cellulare. Ma per cosa bisognerebbe combattere? Se petrolio, gas, uranio e metalli vari, per esempio, sono sempre al centro dell’attenzione, non è affatto scontato che saranno altre le risorse per cui varrà la pena, tanto cinicamente quanto innata nello spirito umano, di andare a prendersele con la forza.

Il COME SE di Ricoeur in una “coclea imperscrutabile” di Schelling

https://en.wikipedia.org/wiki/Paul_Ric%C5%93ur#/media/File:Paul_Ricoeur_Balzan.png

Noi conosciamo la distinzione di Kant fra il fenomeno ed il noumeno. Ciò che semplicemente ci appare ha un’essenza mentre sfugge alla nostra riflessione, dall’intelletto. L’idealismo di Fichte parte dal presupposto che si può pensare sia al fenomeno sia al noumeno solo perché esistiamo noi. Considerando il singolo uomo, si conclude che l’Io pone assolutamente il proprio essere. La soggettività di cui parla Fichte ha una qualità trascendentale. Esistendo prima di tutto, proprio per questo essa è assoluta. Ma l’Io si dà come tale solo perché si pone. Precisamente, la soggettività assoluta avallata da Fichte non è causa sui. Conta sempre il principio d’identità, per cui < A = A >. Se consideriamo questo, cogliamo bene la necessità del porsi. Ne deriva che l’Io esiste sempre e solo perché si limita, verso la sua esteriorità, denominata Non-Io.

VENERE IN CORNICE – Con lo sport, ci si concentra su una pelle artificiale / Doing sports, we focus on an artificial skin

Carlo Monterlanti ci descrive due fotografie in salotto, col ritratto della stessa donna: la prima da bambina, con la faccia imbronciata dondolandosi sull’altalena; la seconda da ragazza, al giorno della laurea, col volume della tesi in braccio ed un sorriso smagliante. Diciamo che possiamo raggiungere una maturazione pure nel divertimento… Valentina ha posato all’aperto, curiosamente inginocchiata, su una pedana forse da ginnastica. La sua fotografia è in bianconero. Soprattutto, trattasi del giorno in cui Valentina consegue la laurea. Lei tiene in mano il bouquet di fiori. Valentina è anche una sportiva, ed oggi gestisce una scuola di danza. Così, diviene interessante che lei abbia posato “abbassandosi” all’altezza d’una bambina, per il loro abbraccio. E’ la dialettica del maestro – allievo. Oltre la pedana, in alto, quasi immagineremmo la caratteristica struttura d’un parco avventura, con un ponte tibetano (dai sostegni “ad altalena”). Valentina sorride; questo le permette di “distrarre” il volto più “crucciato” della bambina, nonostante il paradosso della mascherina contro il COVID-19 (facoltativa al di sotto dei sei anni d’età, ed obbligatoria per tutti gli altri).

Business Plan: 35 milioni di ragioni per farlo

Free Pic. AutTumisu: https://pixabay.com/it/illustrations/business-plan-2061634/

Introduzione

Qualche giorno fa, mentre la calura di un’estate che in Italia ha tardato ad arrivare, vittima di un mio non nobile vizio, con un sigaro acceso, mi sono imbattuto in un Business Plan (BP). L’ennesimo che, in pochi anni, mi trovo ad ogni angolo di posta elettronica. E mi sono domandando: ma quale è la storia di un BP?

Eros: Il Demone Mediatore tra Divino e Umano – Erotica, Giustizia e Passioni in Platone

 

https://www.worldhistory.org/image/1165/plato/

Introduzione

Si ritiene che la Repubblica di Platone abbia dato la prima e più influente formulazione filosofica della divisione tra la ragione e le passioni: Platone si riferisce loro con i termini pathe o pathêmata.

Nella Repubblica le passioni sono ciò che contraddistingue la parte irrazionale dell’anima, il cui tratto distintivo è l’inferiorità e la necessità di mantenerla sotto il controllo della ragione. Platone precisa inoltre che ogni parte non razionale è denominata per la sua peculiare passione, la parte concupiscibile (epithumêtikon) per l’appetito (epithumia) e la parte vigorosa (thumoeides) per la collera (thumos).

Eppure, nella Repubblica, sorge una difficoltà che non concerne tanto la divisione tra parte concupiscibile e collerica dell’anima quanto il fatto che Platone assegna anche alla parte razionale dell’anima, che dovrebbe contrastare quella irrazionale, passioni come desideri, piaceri ed eros.

Non sarebbe dunque da rintracciare nella Repubblica una distinzione matura tra ragione e passioni. Tale distinzione è rintracciabile in contesti differenti dalla Repubblica, vale a dire nel Simposio, nel Fedro e nel Timeo, fermo restando che le teorie espresse nei dialoghi menzionati rappresentano un naturale sviluppo o elaborazione di quanto espresso nella Repubblica per quanto riguarda desideri, piaceri ed emozioni della parte irrazionale dell’anima.

VENERE IN CORNICE – Le bollicine viola sulla pelle d’un atomo che fa danzare la sera / The violet bubbles on the skin of an atom which allows the evening to dance

Per Liza Marklund, non ci sarà mai più l’ideale d’una rivoluzione, giacché l’umanità nel frattempo l’avrebbe barattato: con la Coca-Cola e la televisione via cavo.…

Spinoza – La felicità come beatitudine dell’uomo razionale

Casa di Spinoza dove ha completato l’Etica – L’Aia – Foto dell’autore

La filosofia di Spinoza è una delle più profonde espressioni del razionalismo del XVII secolo, frutto di una lunga ricerca culminata in una delle opere più straordinarie della filosofia, ovvero l’Etica. Ed è proprio nell’Etica che Spinoza parla dei modi attraverso cui l’uomo può diventare felice. La parte V dell’opera infatti è interamente devoluta alla spiegazione di come l’uomo può vivere nella felicità, di contro a quanto egli aveva considerato nella parte IV, in cui invece considerava tutta la drammaticità della condizione umana (non a caso, il titolo della parte IV è eloquentemente “La schiavitù umana, ovvero la forza degli affetti”). La teoria di Spinoza sulla felicità umana è ancora capace di ispirare grandi intelletti. Einstein stesso non solo sosteneva che Dio non gioca a dadi, affermazione pienamente in sintonia con il filosofo olandese, ma si spinse sino al punto di dire che: “Io credo nel Dio di Spinoza, che rivela se stesso nell’armonia regolata del mondo, non in Dio che si interessa personalmente del fato e di ciò che fa l’umanità”[1] Notevoli, nella loro vividezza, le parole di Bertrand Russell:

Ma quando passiamo all’etica di Spinoza [dalla sua metafisica], sentiamo (o almeno io sento) che qualcosa, anche se non tutto, può essere accettato, pur respingendone le fondamenta metafisiche. Spinoza si preoccupa di mostrare come sia possibile vivere nobilmente, pur riconoscendo i limiti dell’umano potere. (Russell, Storia della filosofia occidentale, vol. III, p. 756).

Sulla cartilagine dei calanchi, l’epidermide della dolomia fluttua come una cuspide

(una prolusione d’estetica di Paolo Meneghetti, Venerdì 21 Aprile al Palazzo Baronale di Scanzano Jonico, in occasione della Prima Residenza Artistica Lucana, organizzata dall’Associazione “Basilicata Wow” — www.basilicatawow.it)

La Basilicata costituisce la regione che spezza la penisola italiana, fra il Salento e la Calabria. Ciò determina la percezione d’un isolamento, se non si capisce qual sia la direzione migliore da prendere: ad est oppure ad ovest. Coerentemente, l’inflessione dialettica può diventare meticciata, fra Napoli e la Puglia. C’è poi il paradosso delle Dolomiti Lucane: al caldo mare del Sud, ma senza gli atolli dei tropici (come accadde anticamente in Triveneto). La Basilicata si sedimentò tramite le correnti di torbida. Tale processo non sembra mai concluso, percependo il “falso ondeggiamento” dei calanchi argillosi, oggi. Alfonso Gatto (nativo di Salerno, ma ispirato anche dalla Lucania) ha scritto: