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Categoria: I Grandi Temi della Filosofia

Volontarismo – Una introduzione all’etica volontarista

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Consigliamo Thomas Hobbes Capire la fondazione della metafisica dei costumi


  1. La legge sancisce la morale
  2. La norma è posta dal legislatore
  3. La giustificazione della norma è posta dal legislatore
    1. La giustificazione può non essere espressa
    2. La norma non è giustificata in termini di utilità di coloro che ricadono in essa
  4. Le leggi morali sono prescrittive in quanto imposte da un’autorità e l’autorità ha la forza per farle applicare
    1. Le leggi non sono entità fisiche
    2. Le leggi non hanno valenza causale
    3. Le leggi morali sopravvengono rispetto alle leggi naturali
  5. Il bene è la qualità di un’azione aderente alla legge
  6. Il male è la qualifica di un’azione non aderente alla legge

L’idea cardine del volontarismo è che il bene e il male non siano precedenti alle leggi ma successivi. Essere al di là del bene e del male significa essere al di là della legge. Di conseguenza, non c’è moralità là dove non ci sia una norma.

La norma è posta da una volontà e in tale volontà non solo risiede la sua ragion d’essere ma pure la sua possibilità di diventare operativa (e da questo atto primo della volontà si pone il nome “volontarismo”). La legge viene imposta con la forza dell’autorità la quale ha sia il potere di inventarne di nuove sia quello di farle applicare. Esempi di autorità capaci di fondare le leggi sono Dio e lo Stato. Quest’idea fu posta, ad esempio, da Hobbes nel Leviatano.

La giustificazione di una legge non nasce da un valore atteso di utilità da parte di chi ne è soggetto: se Dio avesse voluto, avrebbe potuto far le leggi più inique e insensate. Allo stesso modo, se l’autorità statale determina le leggi più ingiuste, nessuno è autorizzato a trasgredirle per la sola ragione che non c’è una giustizia e un bene sovraordinato alle leggi ma le norme depongono ogni ordine inferiore.

Etica descrittiva e normativa e i tre generi dell’etica normativa

Foto di Tumisu da Pixabay

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Consigliamo Volontarismo e Capire la metafisica dei costumi di Kant


L’etica è, in generale, lo studio dei comportamenti dell’uomo pensato come persona e non come entità puramente fisica. Le analisi possibili dell’uomo in quanto persona sono diverse: si può descrivere il comportamento umano per quello che è, da un punto di vista fisiologico, da un punto di vista psicologico, da un punto di vista sociologico o storico. Tutte queste analisi partono dall’assunzione che il comportamento dell’uomo possa essere descritto in termini scientifici e, ciascuna scienza per sé, indaga una regione particolare della realtà umana. Quest’approccio all’etica si può dire “descrittivo” perché non si domanda come le cose dovrebbero essere ma come le cose stiano. La base di studio è il dato empirico e, da questo, si verificano le ipotesi dalle quali si parte per cercare di prevedere, poi, il comportamento umano (a grandi linee).

Dizionario Cartesiano.

 Pili G., www.scuolafilosofica.com

Arbitrarietà Forma della libertà, propriamente è detta “arbitraria” la libertà come indifferenza. L’arbitrarietà è la proprietà della volontà di poter scegliere tra diverse alternative prive di una ragione tale da poter propendere verso una di queste in particolare. In questo senso, l’arbitrarietà è il grado più basso, secondo Cartesio, della libertà, in quanto non produce un’affermazione della nostra natura.

In quanto questo genere di libertà è quella implicata nell’errore, essa è da associare alla libertà di affermare o negare qualcosa che venga dai sensi.

Aristotelismo L’aristotelismo, e la scolastica, è l’impostazione empirista di riferimento della conoscenza dominante all’epoca di Cartesio. I dubbi insinuati nella prima meditazione sono tutti suscitati ai danni della concezione aristotelica che è incapace di risolverli.

Descrizione e norma in etica ed in epistemologia

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Consigliamo I tre generi dell’etica e Introduzione all’epistemologia


Prendiamo due questioni apparentemente diverse ma entrambe accomunate dalla tecnologia filosofica utilizzata per risolverle: cosa è giusto?; cosa è la conoscenza? Per rispondere alla domanda “cosa è giusto” entriamo all’interno del discorso metaetico, vale a dire una disquisizione intorno a ciò che si può considerare giusto oppure no, vale a dire stabilire quale sia il significato, se c’è, di enunciati contenenti termini morali come “giusto”, “sbagliato”, “buono”, “cattivo”, “virtuoso” etc.. Mentre, per rispondere alla domanda “cosa è la conoscenza” ci addentriamo nel discorso epistemologico. Etica ed epistemologia sono due campi della filosofia che, fin dal principio, hanno visto dei tentativi opposti di soluzione. Descrizione e norma, ovvero la differenza tra le due è il nucleo del problema.

Critiche alla linguistica di Chomsky

https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Noam_Chomsky_portrait_2017_retouched.png#/media/Fil:Noam_Chomsky_portrait_2017_retouched.png

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Consigliamo – Che cosa è la grammatica generativa 


Riportiamo alcune critiche rivolte alla grammatica generativa da Searl e da Putnam in particolare. Le critiche a Chomsky sono qui considerate solamente sulla base della ricerca linguistica di Chomsky e non su quelle politiche.

  1. Chomsky non indica le regole di codifica del significato e duplica i livelli di riferimento.
  2. La sintassi non indica il modo di “sciogliere” le ambiguità.
  3. L’apprendimento linguistico consiste nel riconoscimento del contesto d’uso.
  4. L’espressione linguistica è sempre intenzionale.
  5. E’ davvero così breve il periodo necessario ai bambini per imparare a parlare?
  6. Se il linguaggio è innato, allora perché il bambino non impara a parlare da solo?
  7. Se il linguaggio è una facoltà innata della mente, allora perché non esiste uno e un solo linguaggio?

Analisi della critica di Chomsky al comportamentismo

Noam Chomsky
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Consigliamo – la scheda su Chomsky


L’articolo di Noam Chomsky “A review of B. F. Skinner’s…” (da ora in poi On Skinner’s) rappresenta un intero momento della storia della scienza del comportamento umano: la svolta cognitiva. In quel periodo l’idea dominante, non solo in psicologia, era che il comportamento umano potesse venire spiegato attraverso la conoscenza di dati quantificabili e verificabili, vale a dire nei termini di “stimoli” e “risposte”. Da più parti, attorno alla metà del secolo scorso, arrivarono feroci critiche a questo paradigma a tal punto che si vide necessaria la creazione di una nuova impostazione. Figlie di questa critica sono le attuali scienze cognitive: neuroscienza, neuropsicologica, intelligenza artificiale etc..

Critica alla morale edonistica dell’empirismo da Hobbes a Hume

David Hume
Bandan, CC BY-SA 3.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0>, via Wikimedia Commons

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Consigliamo – La verità della relatività – Critica al relativismo


(1)   Tutti gli x, se x è un agente morale, allora x è egoista.

(2)   Tutti gli x, se x è un agente morale, allora x agisce in vista del proprio utile.

(3)   Dunque, tutti gli x, se x è un agente morale, allora x è egoista e x agiste in vista del proprio utile.

Tali definizioni semiformali chiariscono l’assunzione di base della morale edonistica assunta da Hobbes e poi rivista da Locke e, soprattutto, da Hume. Sebbene sia Hobbes che Hume non arrivano ai paradossi della teoria dell’uomo-economico moderno che non esclude la possibilità dell’altruismo, sebbene solo a partire da un egoismo radicale, entrambi riducono l’intero comportamento umano ad un agire puramente egoistico, vale a dire che ogni soggetto agente motiva le sue azioni in base ad un principio normativo che si fondi sulle proprie inclinazioni personali e soggettive. L’idea è molto semplice, in effetti, essa sostiene che ciascun individuo ricerchi il piacere o rifugga il dolore. La ragion-pratica assume la dimensione di un calcolo, dove essa ha la sola funzione di preordinare in modo corretto i mezzi coi fini.

Antirealismo in etica – Una breve rassegna delle varie posizioni

MARCO AURÉLIO ESPARZ… / CC BY-SA (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0)

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In metaetica ci sono due possibili approcci alla domanda fondamentale hanno significato i giudizi morali?: si, e gli enunciati morali rispettano la logica bivalente in tutto simile ai giudizi scientifici oppure, no e gli enunciati morali non sono né veri né falsi. In generale, l’antirealista sosterrà non tanto che non esistano i giudizi morali o che essi siano del tutto insensati, quanto che (1) non esistano fatti morali ontologicamente distinti dai fatti fisici, (2) non esiste un’etica che affermi verità, dunque, non è lecito porsi la domanda se esiste (e perché) un’etica migliore di un’altra.

In realtà, esistono molti tipi distinti di antirealismo. In questo breve articolo riportiamo gli assunti fondamentali e qualche ragionamento esemplificativo, lasciando al lettore un eventuale approfondimento.


La verità della relatività – Un’analisi breve contro il relativismo, semantico, epistemico e morale

Runner1616, CC BY-SA 3.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0>, via Wikimedia Commons

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Consigliamo Relativismo e antirelativismo in epistemologia


La critica di Protagora è volta alla costituzione della verità scissa dalla soggettività ed essa verte su un principio: ciò che conosco, è ciò che esperisco attraverso i sensi. Da questo principio, punto di partenza del sofista, stanno le conseguenze:

  1. non può esistere una conoscenza oggettiva,
  2. non esiste asserzione che possa essere vera per tutti,

Dunque, sia la nostra conoscenza che la nostra espressione della conoscenza risultano soggettive. Ciò che posso dire di conoscere con evidenza è ciò che vedo quando apro gli occhi, è ciò che sento quando ascolto della musica, è ciò che tocco quando tasto dei dolci e sodi corpi. Sull’evidenza sensoriale Protagora costituisce la relatività della conoscenza, da questo punto di partenza ne segue che non si giunge ad alcuna affermazione ulteriore nei confronti delle cose del mondo. Il mondo è nel soggetto, non al di fuori: Protagora accetterebbe tranquillamente l’idea che il mondo esista anche al di fuori del soggetto, ma non che esso sia il parametro della giustezza o erroneatezza della conoscenza soggettiva: l’uomo è misura di tutte le cose in quanto è il soggetto stesso che “vede” le cose.

La proprietà in Hobbes

British Library, CC0, via Wikimedia Commons

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Consigliamo Thomas Hobbes David Hume


  1. La proprietà nasce da un bisogno umano universale, quello di utilizzare degli oggetti per la propria sopravvivenza.
  2. La ragione (precetto della ragione) mostra tutto ciò che è consono alla sopravvivenza individuale.
  3. Lo stato istituisce la proprietà per il proprio bene e per il benessere della società.

La proprietà nasce dall’esigenza individuale di possedere entità esterne al proprio corpo al fine di un incremento della propria capacità di sopravvivenza. L’esigenza, l’interesse indiririzzata verso un oggetto, risiede nella capacità di ciascuno di utilizzare la cosa al fine della difesa e conservazione della vita.

All’interno della condizione naturale, ogni individuo è dotato di un’infinita estensione di diritti e, per tanto, più persone possono essere intenzionate ad avere un unico e solo oggetto. Così, nello stato di natura, l’oggetto è posseduto da chi per primo lo prende ed è in grado di difenderlo. Ciò, considerato in questa condizione di assoluta parità di diritto, la proprietà degli oggetti non è stabile ma soggetta alla precarietà della propria forza: un oggetto è mio, sin tanto che sono in grado di difenderlo. Da quest’intrinseco problema di stabilità del possesso, Hobbes conclude che solo all’interno dello Stato si può consolidare uno stabile diritto alla proprietà.