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Categoria: Filosofia Orientale

Strategia di attacco – Il terzo capitolo de L’arte della guerra


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Lo scopo di un combattimento non è quello di distruggere un nemico ma è quello di ridurlo all’impotenza per conquistarlo intatto. Un nemico distrutto non è più niente, un nemico impotente è costretto a eseguire gli ordini del vincitore. Attività di suprema importanza per vincere il conflitto: sconvolgere la strategia del nemico, spezzare le alleanze, attaccare il suo esercito, non assediare le sue città fortificate. La presa di una città fortificata ha un costo dispendioso in termini di tempo ed energie, per tanto, l’attacco ad una fortezza è quasi sempre privo di grande utilità. Il comandante abile è colui che assume come fine la vittoria suprema e non si discosta da tale direttiva, sicché la massima abilità è nella conquista senza combattere. Le condizioni della vittoria sono le seguenti: il sovrano non deve interferire con le decisioni del generale e il generale deve essere capace; tutti gli uomini dell’esercito sono animati dal medesimo scopo; bisogna sapere quando è il momento di attaccare e quando non lo è; bisogna saper comandare un esercito, piccolo o grande che sia; bisogna essere preparati ad ogni imprevisto. Conosci te stesso, e il nemico non potrà mai batterti: conosci te stesso e il nemico, e sarai invincibile.

Capitolo 13. La Parola – Vac

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Consigliamo I veda – Capitolo 1


La sezione dedicata al tema, centralissimo e fondamentale per la concezione vedica dell’essere e delle sue manifestazioni, della Parola, è composta da sette parti, che esporremo ognuna in una pubblicazione differente. A guisa introduttiva vediamo una strofa tratta dal Taittiriya-brahmana (II,8,8,5):

La Parola, imperitura, è la primogenita / della Verità, madre dei Veda e fulcro / di immortalità. Possa venire a noi / in felicità nel sacrificio. Possa ella, / nostra Dea protettrice, essere / sensibile alla supplica.

Operazioni belliche – Il secondo capitolo de L’arte della Guerra


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La guerra trae la sua possibilità dai mezzi materiali che si posseggono. La durata di uno scontro dipende dalla propria capacità di reggere lo sforzo fisico richiesto per sostenerlo. Lo sforzo bellico, qualche che sia la sua natura, richiede energie prolungate per il suo mantenimento e il consumo delle energie abbatte le forze e il morale, sicché laddove non c’è una mente salda, non c’è braccio che funzioni. La conoscenza dei problemi inerenti al confitto mostrano chiaramente il prezzo per cui si combatte e lo rendono quantificabile. In questo senso, la rapidità in guerra è una duplice virtù: rende minimo il consumo di energie vitali e raggiunge l’obbiettivo.

Il secondo capitolo de L’arte della guerra tratta delle ripercussioni dell’economia di guerra, intesa in senso più ampio del solo dispendio economico. Sun Tzu mette in evidenza la necessità di pensare al conflitto come ad una condizione di perpetuo e perdurante consumo di risorse materiali ed energie psichiche e fisiche. La catena che lega l’esercito alla madrepatria alimenta un circolo vizioso di impoverimento fisico ed economico e, conseguentemente, morale, ciò inteso nella dimensione emotiva della parola. Un esercito deve cercare di sostenersi esclusivamente sul territorio nemico, così da ridurre la forza dell’avversario senza imporre il pericoloso circolo vizioso. Questo è espresso con tutta l’acutezza e profondità delle parole di Sun Tzu:

Capitolo 12. La risoluzione dell’Uno

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Consigliamo I veda – Capitolo 1


Altri tre passi (tratti questa volta dalla Bhagavad-gita: IX,4-5; X,2-3e20e39-41; XIII,15 – dunque non propriamente dai Veda) per chiarire un concetto vedico veramente fondamentale: tutto sta e proviene dall’Uno, anche se l’Uno non sta completamente nel tutto.

Valutazioni strategiche – Il primo capitolo de L’arte della guerra

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Il primo capitolo de L’arte della guerra parla delle valutazioni strategiche e dei sistemi di valutazione del generale. Esso è rivolto al sovrano, colui che ha in mano le decisioni di uno Stato.

Un sovrano virtuoso sa far assumere il Tao (la Via) alle sue truppe, vale a dire che egli sa trasmettere il proprio scopo a tutti coloro che devono partecipare alla sua realizzazione, così che un pugno di uomini possa agire come un sol uomo: “Il Tao è ciò che induce il popolo a condividere lo stesso obbiettivo del governante al punto di non darsi pena di vita o morte per non deluderlo”.[1] Sun Tzu assume la sussistenza di un principio unificante e agente in modo che non si dia una dissipazione di energia nel contenere le singole spinte individuali o di sottogruppi, spinte che costituirebbero delle forze non perfettamente indirizzate verso un unico obbiettivo. Se questa condizione è violata, allora il generale avrebbe a che fare con dei problemi di sedizione interna, così che ciascuna componente dell’esercito costituirebbe un elemento ostile a se stesso, in quanto parte di un insieme, imponendo, così immediate difficoltà pratiche nella realizzazione delle operazioni militari: “Se impieghi un generale che segue le mie valutazioni, egli sarà sicuramente vittorioso. Fallo dunque rimanere. Se impieghi un generale che non segue le mie valutazioni egli sarà sicuramente sconfitto. Allontanalo”.[2] Il generale, dunque, deve essere valutato in base alle sue capacità relative a quanto detto.

Sun Tzu: uno studio sull’arte della guerra

Abstract

L’arte della guerra è un testo fondamentale sia da un punto di vista storico che individuale. La sua analisi costituisce un’importante occasione per studiare più a fondo le leggi stesse del conflitto e di come queste siano la base della stessa realtà quotidiana. Il saggio si divide in due parti: la prima tratta degli aspetti più astratti e filosofici che Sun Tzu considera esplicitamente o implicitamente. La seconda parte tratta del contenuto dei singoli capitoli. Nonostante l’attenzione per la lettera del testo, proponiamo continui riferimenti in merito alla quotidianità, al punto di vista individuale e al punto di vista storico.


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Struttura del’articolo

1.  Parte 1. La struttura: ontologia, figure centrali, epistemologia.

Capitolo 1: Ontologia

Capitolo 2: Figure centrali

Capitolo 3: Epistemologia

Capitolo 4: I tre generi di analisi di Sun Tzu: analisi descrittiva, normativa e prescrittiva

Capitolo 5: Sun Tzu come Maestro di vita



Capitolo 1

Ontologia

Sun Tzu non è un filosofo in senso stretto, ma egli lascia passare un’intera visione del mondo. Per questo è possibile soffermarsi sui fondamenti del suo pensiero e ciò che egli può intendere come assolutamente primitivo, rispondendo a domande filosofiche fondamentali come “cosa c’è?” e “in cosa consista la conoscenza?” In questo capitolo risponderemo alla prima domanda.

L’arte della guerra è un testo dominato da alcune tesi ontologiche di fondo estremamente importanti e profonde. Esse costituiscono la base sottostante ad ogni considerazione di natura strategica e tattica, giacché Sun Tzu ritiene che ogni decisione nell’arte del conflitto sia subordinata alla conoscenza degli elementi ultimi della realtà nelle loro configurazioni contingenti.

Capitolo 11. Agre – Principio

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Passiamo a discutere alcuni passi delle Upanisad, che trattano, al pari dei testi vedici visti in precedenza, del tema del «principio», anche se lo fanno con una maggiore attenzione rivolta verso i problemi e le conseguenze relative al principio dell’essere in quanto principio ontologico dell’uomo, piuttosto che principio di formazione storica o mitologica, ovvero nell’ottica dello sviluppo dell’autocoscienza individuale come analogo allo sviluppo di creazione di tutte le cose viventi. Ci riferiamo ai sei passi seguenti: Brhadaranyaka-upanisad (I,2,1; I,4,1-5 e 17), Aitareya-upanisad (I,1,1-4), Taittiriya-upanisad (II,6,7), Svetasvatara-upanisad (IV,18), Mundaka-upanisad (I,1,6-7).

Capitolo 10 – Il sacrificio di Prajapati

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Siamo ancora nel regno del Nonessere, prima dell’inizio, ancora privi di spazio e tempo, se mai è possibile col pensiero avvicinarsi ad un’idea (chiara) di ciò. Degli “avvenimenti accaduti” in questi tempi non tempi, ed in particolare dell’atto con cui Prajapati inizia la creazione mediante il sacrificio di sé stesso, ci parlano anche i Brahmana, in diversi luoghi (Satapatha-brahmana II,2,4,1; XI,1,6,1; XI,1,6,17; XIII,7,1,1; III,9,1,1; X,4,2,2; VI,1,2,12-13; Taittiriya-brahmana II,3,6,1).

In principio, in verità, il Signore delle creature era Uno solo. Egli meditò «Come posso propagarmi?» Egli infiammò il proprio ardore con fervore […] In principio, in verità, questo mondo era acqua […] Le acque desiderarono «Come possiamo propagarci?» Esse infiammarono il proprio ardore con fervore …

Capitolo 9. Purusa – l’Uomo Cosmico

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Sempre dal Rg-veda (X,90), uno dei passi più interessanti incontrati fin’ora, riguardante l’Uomo Cosmico e la creazione dell’universo per mezzo del sacrificio di esso. Il Purusa o Uomo Cosmico è sia il concetto di uomo esteso all’intero cosmo esistente e agli dei, sia il concetto del cosmo, o in generale della totalità dell’esistente, inteso con le categorie proprie dell’uomo. Forse è più semplice definire l’Uomo Cosmico attraverso la chiarificazione del suo ruolo all’interno del processo creativo della realtà. Egli, attraverso il sacrificio di se stesso, dà la possibilità alla realtà di essere e divenire; il suo corpo è smembrato e dilaniato di modo che la molteplicità degli esseri possa sussistere – e questo significa, per converso, che la molteplicità degli esseri partecipa di un solo Essere, appunto l’Uomo Cosmico. Ma vediamo cosa ci dice con esattezza il passo X,90 del Rg-veda.

Mille teste ha l’Uomo / mille occhi, mille piedi; / cingendo la Terra da ogni lato, / la superò per l’ampiezza di dieci dita.

Capitolo 8. Hiranyagarbha – preghiera e lode al dio della creazione

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Il passo è preso dal Rg-veda (X,121), ed è in sostanza una preghiera e un inno di lode e glorificazione al dio primo, responsabile della creazione (Signore delle creature = Prajāpati). A questo dio, l’unico a pervadere (paternamente) tutto ciò che è vivente (il che sta a dire che esso è la fondamentale condizione necessaria delle forme viventi), viene chiesto di esaudire i propri desideri, così da venire in possesso di molti doni (rayi, tesori; la cui sostanza non viene comunque esplicitata).