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Consigliamo l’immortale Una Vita di Maupassant


Il primo racconto della raccolta di novelle di Maupassant è Palla di sego, la celeberrima novella da cui fu tratto il film Ombre Rosse, il capolavoro del cinema di John Ford. In Palla di sego o, come viene tradotta nell’edizione della Garzanti del 1988, Pallina (perché, vien detto, i lettori contemporanei potrebbero male intendere il significato del titolo), viene narrata la storia di alcuni fuggiaschi, ciascuno per suoi motivi, da una cittadina francese occupata dai prussiani, a seguito della guerra franco prussiana del 1871 per la sempre contesa regione dell’Alsazia e della Lorena.

I vittoriosi prussiani occupano la cittadina in cui vivono alcuni nobili, alcuni borghesi e una prostituta che sembrava tale e quale a una palla bianca ma non per questo priva della sua sensualità. Pallina si mette in viaggio con una cesta carica di cibo mentre i suoi compagni di viaggio, signori per bene della piccola nobiltà di campagna, due suore e borghesi, furono abbastanza sprovveduti da non pensare ai problemi che avrebbe offerto loro un lungo viaggio. Ignorarono, da principio, Pallina, guardandola di sottecchi e di sbieco ma, alla fine, cedettero alla fame e furono, così, felici di considerare la ragazza in modo più accondiscendente, almeno, fino a quando il cibo non fosse finito. Arrivati ad una città nella quale dovevano fare scalo, la comitiva viene bloccata dal comandante perché, costui, richiama a sé Pallina, della quale si sapeva la professione, che, tuttavia, rifiuta le avances dell’ufficiale per ragioni patriottiche. L’ufficiale, allora, impose a tutta la compagnia di rimanere in città, fino a nuovo ordine. All’inizio, la ragazza suscita ammirazione, e mostra d’avere un orgoglio e una dignità che non sarebbero sospettati in “una come lei”. La sera, poi, il borghese politicante e nostalgico, prova ad entrare nella camera di Pallina, senza successo, e fu anche visto dal nobile che, ingolosito dalla scena, va da quella “carcassa ossuta” della moglie sussurandole dolci parole a letto. Ma dal giorno seguente le cose iniziarono a cambiare perché l’impazienza dei viaggiatori s’intensificò, laddove si incominciava a temere che l’ufficiale non avrebbe acconsentito a trattenere solo Pallina: essi erano trattenuti solo per colpa di lei, una prostituta che non voleva concedere i suoi preziosi servigi! Una delle signore, una delle mogli perbene che faceva comunella con le altre, era gelosa di Pallina perché l’ufficiale prussiano, per quanto teutonico e nemico della Francia, era di una bellezza, oltremodo, intensa. Inizia, così, quella che Maupassant descrive come un “assedio alla fortezza”: tutti i viaggiatori cercano di persuadere la prostituta a tralasciare le sue, pur comprensibili, intenzioni patriottiche per riconsiderare i problemi della situazione attuale. Ma Pallina non molla fino a che una delle due suore sostiene che i sacrifici sono apprezzati dal Signore che, tanto più ne manda, e tanto più bisogna accettare di buon grado il proprio destino. La provvidenza divina, che guida il mondo, guida anche le nostre azioni. Solo questo punto Palla di sego si decide e accetta di andare con l’ufficialetto prussiano. Fu una notte lunga di sospiri e di scricchiolii durante la quale tutti gli spettatori furono, né più né meno, conturbati, affascinati e inorriditi dai loro stessi sentimenti, dal borghese rifiutato al nobile guardone (che ripeteva continuamente “eh, no! Ora basta, ora basta!”) alla moglie vogliosa e amante delle uniformi. Il giorno dopo ripartirono e nessuno rivolse parola a Palla di sego che fu trattata con disprezzo. Ciascuno, poi, aveva provveduto alle vivande, ma nessuno ne aveva per colei che si piegò per loro e che a loro aveva donato il suo cibo.

La storia della novella In famiglia è il resoconto di un piccolo scorcio della vita di un impiegatuccio qualunque, di quelli che se ne vedono in continuazione.

Era diventato vecchio, senza essersi accorto che la vita era trascorsa perché la scuola si era prolungata nell’ufficio, e gli istruttori che in passato lo facevano tremare erano oggi sostituiti dai capi che egli temeva moltissimo.[1]

 La madre di costui stava al secondo piano dell’abitazione che soffriva di sincopi. Una più forte delle altre la conduce ad un’apparente morte. L’anziana donna, una bisbetica senza pari e d’una avarizia ineguagliabile, era da tutti odiata, nel quartiere. Solo il figlio sembra essere disperato per la morte della madre perché, con lei, terminava l’ultimo suo collegamento con il vecchio paese di origine e dei suoi ricordi di quell’infanzia che, ormai, poteva rimembrare solo con l’adorata madre. La moglie dell’impiegato, una donna bassottina senza particolari pregi fisici, si avvedeva subito dei problemi pratici: prima di tutto, c’erano delle cose che la morta aveva promesso loro e che facevano molto comodo ma che, senza un testamento esplicito, potevano essere oggetto di contesa da parte della sorella del marito. Così ella, già abituata a trattare il marito come il capo dell’ufficio dove il marito riviveva le stesse relazioni di sudditanza, comandava al consorte di trasportare alcuni oggetti particolarmente preziosi, loro di diritto. La moglie, poi, dispone delle azioni che il consorte avrebbe dovuto eseguire il giorno dopo:

1) fare la dichiarazione al municipio;

2) chiamare il medico dei morti;

3) ordinare la bara;

4) passare in chiesa;

5) alle pompe funebri;

6) alla tipografia per le partecipazioni;

7) dal notaio;

8 ) al telegrafo per avvertire i parenti.[2]

Queste, le azioni ch’egli avrebbe dovuto portar a termine, più o meno le stesse di quelle che tocca far oggi in simili circostanze. Ma come arriva la figlia della defunta, sorella dell’uomo, la morta “risorge”.

In Storia di una ragazza di campagna viene narrata la vicenda di una sguattera che, da principio, viene ingravidata da un ragazzo, un bracciante del padrone per cui lavorava, e poi viene abbandonata da costui perché non vuole sposarla. Lei è costretta a dare, in grande segretezza, in affidamento il bambino che potrà vedere una o due volte all’anno. Il padrone di casa, un uomo per bene, vuole sposare la donna perché lei, non brutta, era bravissima in tutte le mansioni di casa e lavorava per cinque per poter chiedere qualche soldo in più al padrone, per spedirlo al bambino, colui che divenne la sua unica ragione di vita, l’unica cosa per cui valesse la pena continuare a lottare, contro la vergogna, contro la fatica e l’annullamento morale. Alla fine, il padrone riuscirà a convincerla e si sposeranno. L’uomo vuole a tutti i costi avere un figlio, un bambino. Tuttavia, sembra impossibile riuscirci. Allora la donna tenta tutti i rimedi disponibili, dalla medicina tradizionale, vicina agli immemorabili sistemi pagani, alle preghiere, fino, addirittura, ad un sessuologo ante litteram:

Da quel giorno ebbe un solo pensiero: avere un figlio, un altro; e confessò a tutti il suo desiderio.

Una vicina le consigliò un rimedio: dar da bere ogni sera al marito un bicchied d’acqua con un pizzico di cenere. L’uomo acconsentì: ma senza risultato.

Si dissero: “Forse c’è qualche segreto”. E cominciarono a chiedere. Gli fu indicato un pastore che abitava a dieci leghe di distanza; e padron Vallin un bel giorno attaccò il calessino e andò a consultarlo. Il pastore gli consegnò una pagnotta sulla quale tracciò dei segni; era una pagnotta fatta di erbe e i coniugi dovevano mangiare un boccone per ciascuno, la notte, prima e dopo i loro abbracci.

Consumarono tutto il pane senza ottenere alcun risultato.

Un maestro di scuola svelò  certi segreti, certe operazioni amorose, sconosciute in campagna e infallibili, secondo lui. Non riuscirono.

Il curato consigliò un pellegrinaggio al Preziosissimo Sangue di Fécamp: Rose andò a prosternarsi con la folla all’abbazia, e, mischiando i suoi desideri a quelli grossolani che si effondevano dal cuore di tutti quei contadini, supplicò Colui che tutti imploravano di renderla ancora una volta feconda. Ma fu invano.[3]

Tutto in vano, dunque. Allora il marito finisce nell’odio e nella disperazione, odio per la donna che, ovviamente, aveva la colpa di non essere fertile. Lui incominciò a trattarla brutalmente, a picchiarla e a rinfacciarle di non essere di nessuna utilità: prendere moglie per non avere figli è una sciocchezza, una mostruosità! La donna, alla fine, racconta il suo misfatto giovanile e… il marito non crede alle sue parole: egli aveva chiesto al parroco di poter adottare un orfanello e adesso, invece, si trova ad averne già uno! Così comprende, alla fine, che era lui impotente e non la moglie sterile.

Scampagnata è una novella unica e piuttosto breve nella quale viene raccontata l’uscita in campagna di una famiglia borghese, un commerciante, la moglie, la figlia e il ragazzo che aiutava in negozio. Costoro vanno in campagna per trovar quell’ideale ricongiungimento con la natura che essi stessi non conoscevano né poco né molto e che consideravano l’essenza stessa di ogni bene e di ogni bellezza. Giunti lì, finiscono a mangiare in una locanda nei pressi di un fiume nel quale stavano due giovani canottieri, con le braccia muscolose e i petti possenti. Il commerciante, che fino ad allora si era vantato delle sue grandi capacità fisiche nel passato, finì di punto in bianco di parlarne. La giovane ragazza, una splendida creatura nel fiore degli anni, delicata ma con le proporzioni e le quantità degne d’amore, fu subito l’obbiettivo di uno dei due mentre l’altro, accortosi delle non disprezzabili qualità della madre, non rimane inoperoso. Entrambi portano con sé le donne a fare un “giro” in barca con loro. Ed entrambi ritornano soddisfatti dopo un intenso rapporto amoroso. Dopo qualche tempo, il ragazzo, innamoratosi della ragazza, scopre che costei si era sposata nonostante non si fosse mai dimenticata di quella loro mattina di passione.

La storia di una ragazza superficiale dalle tendenze bisessuali è narrata in La ragazza di Paul, una novella che racchiude, in se stessa, l’intera concezione morale di Maupassant, come di un uomo che si concentra esclusivamente nella descrizione dei comportamenti umani, con quello sguardo lucido e sbigottito che consente solo una pura contemplazione senza reazione ai mali del mondo. Paul ama la propria ragazza d’un amore unico e inspiegabile, ch’egli stesso non razionalizza, se non nel negativo riconoscimento della sua stessa insensatezza. Quando la ragazza si unirà ad un gruppo di lesbiche, finendo per legarsi ad una di costoro, Paul non resisterà alla tentazione di gettarsi nel fiume, là dove la corrente rende impossibile ogni tentativo di salvezza.

La casa Tellier narra la storia di un manipolo di prostitute le quali vanno a festeggiare, insieme alla padrona del postribolo, la prima comunione della figlia del fratello della padrona stessa. La situazione diventa esilarante quando costoro, scambiate per parenti del signor Tellier, finiscono per commuoversi tutte insieme in chiesa, durante la cerimonia. Il prete stesso dirà che “lo spirito santo è sceso tra noi”. Nel frattempo, nel paese nel quale vengono a mancare le signorine allegre, si diffonde la disperazione, tra i mariti borghesi vogliosi e in astinenza, tra ubriaconi malinconici, marinai chiassosi e scaricatori di porto dai modi bruschi. Al ritorno, le signore saranno accolte in tripudio.

In La signorina Fifì Maupassant narra la storia di un ufficiale prussiano durante l’occupazione di una cittadina francese. Costui veniva soprannominato “signorina Fifì” per la sua snella figura bionda, con lineamenti delicati. Eppure, dietro a questa bellezza, si cela l’animo d’un giovane cattivo, il cui unico sentimento è quello di distruggere ciò che gli sta a tiro, perché la noia lo comprime ed ha bisogno di uno sfogo. Quando il capitano della guarnigione acconsente all’organizzazione di un festino a base di donne e alcolici, “signorina Fifì” si lascia andare a comportamenti irriguardosi nei confronti di una delle prostituta e della Francia. Costei, prima morsa fino al sangue, poi insultata reagirà molto male ed è costretta a scappare per la campagna.

In Plenilunio, una novella molto breve, viene descritta la figura di un sacerdote fanatico, il cui unico scopo mentale è trovare ogni minimo dettaglio che rafforzi la sua fede nel progetto divino. Ogni percezione di bellezza è, per lui, il sintomo stesso della presenza del divino nel mondo. Quando viene a sapere che una sua nipote è innamorata di un giovane, egli, quasi, esce di senno e si decide a scoprire se la consumazione del loro amore triviale avvienga oppure no. Egli non concepisce neppure il senso dell’amore passionale, tutto umano e, per tanto, non riesce a inscriverlo nel progetto divino, fino a che, nel mezzo di una bellissima notte, vede i due giovani tenersi per mano, la cui tenerezza si integra così perfettamente nel tutto che il sacerdote stesso non può che riconoscere che anche quest’amore, così carnale e così poco astratto, deve pur far parte della volontà divina.

Ci sono genialità sofisticate e genialità spontanee ed immediate, capaci di raccogliere immediatamente l’essenza del loro oggetto, senza cambiarlo, senza razionalizzarlo. Maupassant fa parte di quest’ultima categoria, come Mozart. Egli è uno scrittore meraviglioso, la cui capacità di sintesi e di dipingere immagini d’una vividezza violenta e perfetta è unica, come si può scoprire nella lettura dei suoi romanzi (Pierre e JeanUna vita tra tutti).

Nonostante la grande diversità di tematiche e di situazioni, si può ben dire che Maupassant è uno scrittore piuttosto unitario nello stile e negli intenti. Egli, infatti, rimane quello spettatore imparziale, sebbene non privo di una sua potente carica emotiva, che è solo capace di guardare il mondo attraverso le lucide lenti di un microscopio o di un telescopio per riguardarne meglio i comportamenti stessi degli esseri umani. Maupassant, infatti, è interessato a “tutto ciò che è umano” e non si perde in giri di parole sulla bellezza dei paesaggi o delle città, se non quando deve restituire al lettore l’ambiente stesso nel quale le sue “marionette” fanno la loro comparsa. Si, perché di “marionette” si può ben parlare. L’uomo appare in tutto e per tutto dominato dal meccanicismo naturale che spinge all’appagamento dei bisogni fino all’estremo, senza mezzi termini. Maupassant si può dire, è l’immagine perfetta di quell’idea nietzschiana che rivendicava la vita, nella sua brutalità e prorompente forza, come il centro unnico di ogni riflessione. Ebbene, per Maupassant, è proprio così. Se non fosse, però, che non c’è nessun riscatto in questa vita fatta di sopraffazione, volontà di potenza, appagamento delle passioni. Non è un caso che Maupassant sia un cinico critico delle convenzioni sociali, delle quali egli mostra la loro vuotezza e la loro pochezza. Non solo. Egli non costruisce mai dei personaggi positivi, o, per meglio dire, che abbiano in sé la capacità di proporre una visione del mondo positiva, non fosse che per una parte, anche solo un poco. No. I personaggi di Maupassant sono quegli uomini ordinari che la grande letteratura, generalmente, tratta di sfuggita, solo come contraltare dei loro eroi. E non senza ragione, naturalmente, perché l’arte ha bisogno di figure simboliche che s’alzino sopra la mediocrità media dell’agire umano per mostrare come la grandezza dell’uomo, in questo mondo, non abbia bisogno di ulteriori ideali, a cui sacrificare sé. Ma Maupassant, evidentemente, non è di questo avviso. Egli, infatti, suggerisce che tutto ciò è vano proprio perché, andando alla fonte stessa della natura umana, non c’è proprio niente! Così, uno scrittore della grandiosità di Maupassant, non può che ripresentare ciò che vede nella sua concretezza, ma, ed in questo sta la sua peculiare grandezza, restituisce, così, dei quadretti senza tempo nei quali ogni uomo dice a se stesso “che tristezza è questa cosa che è la vita, com’è vero tutto questo!” Questo sbigottimento lucido, nichilistico, è la risposta di un genio immediato e repentino, fulgido come un astro e magnifico come l’assoluto, la cui sveglia intelligenza intuitiva era sin troppo immediata per ponderare sopra una metafisica umana più ottimista. Egli è l’espressione di quella vita-malata che costituisce, purtroppo, una parte così ampia della nostra stessa esistenza, che ci piaccia o no.


GUY DE MAUPASSANT

NOVELLE

GARZANTI

PAGINE 521

EURO: 10.00


[1] Maupassant G., de, Novelle, Garzanti, Milano, 1988, pp. 42-43.

 

[2] Maupassant G., de, Novelle, Garzanti, Milano, 1988, pp. 59-60.

 

[3] Maupassant G., de, Novelle, Garzanti, Milano, 1988, p. 83.


Giangiuseppe Pili

Giangiuseppe Pili è Ph.D. in filosofia e scienze della mente (2017). E' il fondatore di Scuola Filosofica in cui è editore, redatore e autore. Dalla data di fondazione del portale nel 2009, per SF ha scritto oltre 800 post. Egli è autore di numerosi saggi e articoli in riviste internazionali su tematiche legate all'intelligence, sicurezza e guerra. In lingua italiana ha pubblicato numerosi libri. Scacchista per passione. ---- ENGLISH PRESENTATION ------------------------------------------------- Giangiuseppe Pili - PhD philosophy and sciences of the mind (2017). He is an expert in intelligence and international security, war and philosophy. He is the founder of Scuola Filosofica (Philosophical School). He is a prolific author nationally and internationally. He is a passionate chess player and (back in the days!) amateurish movie maker.

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